Mal di Montagna

Con l’espressione mal di montagna si intende descrivere un insieme di sintomi, respiratori e cerebrali, che può comparire nelle persone che salgono rapidamente in alta montagna senza una precedente adeguata acclimatazione. Poiché milioni di turisti raggiungono ogni anno località di alta montagna, il mal di montagna rappresenta un problema di salute pubblica con conseguenze economiche […]



Con l’espressione mal di montagna si intende descrivere un insieme di sintomi, respiratori e cerebrali, che può comparire nelle persone che salgono rapidamente in alta montagna senza una precedente adeguata acclimatazione.

Poiché milioni di turisti raggiungono ogni anno località di alta montagna, il mal di montagna rappresenta un problema di salute pubblica con conseguenze economiche non irrilevanti. A ciò va aggiunto il problema connesso ai viaggi in aereo, dal momento che le cabine degli aeromobili sono pressurizzate mediamente a una pressione barometrica equivalente a un’altezza di 2400-2500 metri sul livello del mare e con una minore concentrazione di ossigeno nell’aria respirata dai passeggeri (-4%).

I disturbi correlati all’alta montagna sono ascrivibili a svariati fattori, quali la velocità di ascesa, l’altezza raggiunta, l’altezza a cui la persona riesce a dormire regolarmente e, naturalmente, aspetti fisiologici individuali.

Si stima che i sintomi da mal di montagna, anche di tipo sfumato, siano assai più frequenti di quanto abitualmente ritenuto e che esso compaia all’incirca nel 20% dei soggetti che raggiungono un’altezza compresa tra 1850 e 2750 m e in oltre il 40% di coloro che vanno a 3000 metri.

I soggetti più a rischio sono coloro che già in passato hanno sofferto di mal di montagna, coloro che risiedono ad altezze inferiori ai 900 m sul livello del mare, chi esegue sforzi fisici intensi e al freddo e chi è affetto da eventuali malattie cardiopolmonari concomitanti. Si ritiene che le persone sopra i 50 anni e il sesso femminile siano meno esposte al disturbo; è da considerare comunque il fatto che l’essere in buono stato di benessere fisico non protegge dai sintomi del mal di montagna.

Si distinguono schematicamente 2 differenti sindromi: il mal di montagna acuto e l’edema polmonare acuto.


Mal di montagna acuto ed edema cerebrale

Si tratta di una condizione in cui una persona non acclimatata che raggiunge una altezza di oltre 2500 metri accusa mal di testa in aggiunta ad almeno uno dei seguenti sintomi: disturbi gastrointestinali (inappetenza, nausea o vomito), insonnia, vertigini, stanchezza o affaticamento. Questi sintomi si sviluppano abitualmente 6-10 ore dopo l’ascesa, ma talora anche solo dopo 1 ora. Quando si sviluppa un danno cerebrale (edema cerebrale acuto) compaiono ulteriori sintomi quali incoordinazione dei movimenti, alterazione dello stato di coscienza, deficit visivi (causati da emorragie della retina e da edema della papilla ottica), paralisi dei nervi cranici, stordimento, crisi convulsive, coma.


Edema polmonare acuto

Compare abitualmente la seconda notte dopo aver raggiunto una altezza più elevata, mentre è molto più raro che compaia dopo 4 o più giorni dal raggiungimento di una data altezza (ciò per un meccanismo di adattamento del circolo polmonare). I sintomi suggestivi per questa condizione sono: ridotta capacità di sostenere sforzi fisici, tosse secca, difficoltà respiratoria importante, tracce di sangue nel catarro, tachicardia ed elevata frequenza degli atti respiratori, febbre; possono comparire quali complicazioni una infezione del tratto respiratorio superiore, una tracheobronchite o una polmonite.

Sono predisposte le persone che possiedono una ridotta risposta ventilatoria alla caduta di ossigeno nel sangue o una esagerata risposta pressoria del circolo polmonare allo sforzo fisico o alla ridotta concentrazione di ossigeno.


Prevenzione

La migliore strategia da adottare consiste nel salire con gradualità, in modo da favorire il processo di acclimatazione. Una volta raggiunti i 2500 metri, l’altezza a cui si dorme non dovrebbe aumentare oltre 600 metri ogni 24 ore; nel caso in cui l’incremento sia invece compreso tra 600 e 1200 metri occorre prevedere un giorno in più per acclimatarsi.

La prevenzione del mal di montagna va indirizzata in particolar modo a chi sale in un giorno solo a oltre 3000 metri o a chi ha già accusato nel passato i sintomi di mal di montagna.

Per i sintomi cerebrali, la prevenzione viene effettuata somministrando un blando diuretico (acetazolamide) a un dosaggio di 125 mg per 2 volte al giorno; per prevenire la cefalea si consiglia la somministrazione di aspirina in compresse a un dosaggio di 325 mg ogni 4 ore per un massimo di 3 somministrazioni. Un’idratazione abbondante è ininfluente nella prevenzione di questi sintomi.

Per i sintomi respiratori, la prevenzione viene effettuata somministrando broncodilatatori per via inalatoria (b2-stimolanti a lunga azione quali il salmeterolo, da assumere con 1 spruzzo 2 volte al giorno) o, nei soggetti che già hanno avuto un altro episodio di edema polmonare acuto, somministrando un calcioantagonista a lento rilascio (nifedipina da 20 mg in compresse) iniziando il giorno prima della salita con 1 compressa e proseguendo per 2-3 giorni una volta in quota. Va evitata un’eccessiva idratazione.


Trattamento

I soggetti che non rispondono alla terapia farmacologica devono scendere immediatamente a un’altezza inferiore (-500 o -1000 metri), specie se i sintomi sono importanti; una salita ad altezze superiori viene consentita soltanto in caso di completa risoluzione dei sintomi; se disponibile, la somministrazione di ossigeno (a 2-4 l/min) associata alla discesa migliora rapidamente la sintomatologia, così come anche l’utilizzo di una camera iperbarica (ne esistono di portatili) favorisce un rapido miglioramento.

Per i sintomi cerebrali, il trattamento prevede l’uso di un blando diuretico (acetazolamide in compresse a un dosaggio di 250 mg 2 volte al giorno) ed eventualmente l’uso di cortisone (desametazone da 4 mg per via orale, intramuscolare o endovenosa ogni 6 ore, dopo una dose di attacco di 8 mg). La cefalea risponde alla somministrazione di ibuprofene a una dose singola di 400 o 600 mg. Sono indicati farmaci antiemetici in caso di vomito. Per l’insonnia si può somministrare acetazolamide a dosaggio di 250 mg 2 volte al giorno, mentre è sconsigliato il ricorso a farmaci ipnotici (a eccezione di zolpidem in capsule da 10 mg 1, in quanto non deprime i centri respiratori).

Per i sintomi respiratori acuti, occorre somministrare ossigeno a una concentrazione maggiore, pari a 4-6 l/min, unitamente a un calcioantagonista (nifedipina in capsule da 10 mg da assumere per via sublinguale, proseguendo fino a risoluzione dei sintomi con la formulazione ritardo a un dosaggio di 20 mg ogni 12-24 ore).


In sintesi

Il mal di montagna è una condizione molto più frequente di quanto abitualmente ritenuto, ma solo raramente può determinare la comparsa di gravi complicanze. Chi desidera effettuare un viaggio con soggiorno in alta montagna o chi svolge un lungo viaggio in aereo dovrebbe essere informato dei sintomi specifici di questa condizione e delle possibilità di prevenirli o trattarli.

I tour-operator o le compagnie aeree dovrebbero informare i propri clienti di queste possibili evenienze determinate dal mal di montagna, mediante un consenso informato, prevedendo altresì un’organizzazione che consenta di affrontare in sicurezza e tempestivamente ogni possibile situazione a esso collegata. [G.M.]