Il supervisore della salute di tutta la famiglia è la donna. Ma come si comporta quando ha a che fare con una malattia che richiede l’uso di farmaci? Le risposte che ci ha dato Cinthia Farina, referente per la Medicina di Genere e direttore dell’Unità di Immunobiologia delle malattie neurologiche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele (Gruppo San Donato) di Milano sono sorprendenti: «Al contrario di quello che si pensa, i dati ci mostrano come le donne spendono di più per i farmaci rispetto agli uomini. Ma a volte, nonostante le prescrizioni, sono meno attente riguardo ai tempi, alla frequenza e alla loro assunzione. E le reazioni avverse sono documentate più spesso dalle donne sia per fattori biologici che culturali».
Dottoressa Farina, chi consuma più medicinali?
Secondo i dati pubblicati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) nel 2020 circa 6 persone su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci: gli uomini erano il 57,4%, le donne il 65,5%. Maggiore è anche la spesa in farmaci pro capite per le donne (197 euro contro 192). Il consumo medio di farmaco invece è maggiore negli uomini. Quest’ultimo cresce con l’età in entrambi i sessi, ma tra i 20 e i 64 anni le donne mostrano un uso superiore a quello degli uomini. Queste differenze dipendono da molteplici fattori, quali la prevalenza delle singole malattie, la loro gravità ma anche l’aderenza e persistenza ai trattamenti e le reazioni avverse ai farmaci, che possono essere distinti nei due sessi.
I due sessi hanno una differente percentuale di reazioni indesiderate?
I dati indicano un maggior rischio di eventi avversi ai farmaci e di ospedalizzazione a seguito di questi nelle donne rispetto agli uomini. Anche il tipo di reazione può dipendere dal sesso. La stessa osservazione vale per le immunoprofilassi delle malattie. Per esempio, durante la campagna vaccinale contro il Covid-19 le donne hanno sviluppato eventi avversi più o meno gravi (da nausea e cefalea fino alla pericardite) in misura maggiore. L’effetto del farmaco sull’organismo, poi, dipende dal suo assorbimento, dalla sua distribuzione e dalla sua eliminazione, e sono stati descritti fattori biologici distinti per sesso in questi processi. Persino i fattori culturali possono incidere sulla diversa descrizione degli eventi avversi nei due sessi: le donne hanno infatti una maggiore propensione a segnalare se qualcosa non va rispetto agli uomini.
Quali sono le categorie di medicinali più usati dal sesso femminile?
L’utilizzo cambia con l’età e il genere, in quanto dipende dalle caratteristiche della patologia che si vuole curare. Per esempio, l’uso di farmaci antineoplastici e immunomodulatori aumenta in maniera maggiore nelle donne a partire dai 35 anni di età. La ragione è la maggiore prescrizione di medicinali per la terapia del cancro alla mammella e la maggior prevalenza di patologie autoimmuni. Tuttavia, negli ultra-75enni la situazione si capovolge, verosimilmente per l’aumento dei casi di cancro alla prostata nell’uomo anziano. Un’altra categoria di farmaci più usata dalle donne è quella per il sistema nervoso (contro la depressione, per esempio) e riflette le differenze di genere nella frequenza delle malattie neurologiche e psichiatriche nei due sessi. Gli ipertensivi e gli antiaggreganti sono invece più usati dagli uomini.
Quando arriveranno i primi farmaci di genere? Cosa ci aspetta nel futuro in questo campo?
Per lo sviluppo di farmaci distinti per sesso è necessario prima acquisire solide basi sulla biologia di genere delle malattie. Su questo aspetto lo stato delle nostre conoscenze è ancora limitato. In Italia ci aspettiamo che nei prossimi anni l’azione dell’Osservatorio Nazionale sulla Medicina di Genere induca un sostanziale cambio di impostazione delle attività di ricerca e innovazione, che dovrebbe portare all’identificazione di nuovi obiettivi terapeutici distinti, ma ci vorrà ancora tempo. Per la prescrizione dei farmaci in dosi distinte per genere, invece, occorre agire sulle procedure a livello europeo in modo che gli studi clinici, fin dalle prime fasi, includano numeri di persone che consentano analisi distinte. Ci auguriamo che sulla spinta del grande interesse mostrato dall’Europa e dalla nostra nazione per la Medicina di Genere si riesca in tempi brevi a fare i passi necessari.
Quali sono gli errori più comuni che le donne fanno nella gestione di pillole & Co.?
Gli errori più frequentemente documentati per le donne nel report di Aifa riguardano l’aderenza e la persistenza ai trattamenti farmacologici. L’aderenza è il grado in cui il paziente segue le raccomandazioni relative a dosi, tempi e frequenza dell’assunzione del farmaco, mentre la persistenza stima il mantenimento nel tempo della terapia. Ebbene, le donne mostrano minori percentuali per entrambi i parametri rispetto agli uomini per la maggior parte delle categorie farmacologiche, come i farmaci antipertensivi, antidiabetici o anticoagulanti.
L'osservatorio sulla Medicina di Genere
«L’agenzia regolatoria americana del farmaco, la Fda (Food and Drug Adminstration), ha fornito linee guida che prevedono l’inclusione di soggetti distinti per sesso, età e gruppi etnici negli studi clinici su farmaco», spiega la dottoressa Cinthia Farina. «Anche l’Unione europea raccomanda che le sperimentazioni cliniche includano soggetti che siano rappresentativi di varie categorie (incluso il sesso) di potenziali utilizzatori del medicinale oggetto di studi.
In Italia, nel 2019, il Ministero della Salute ha predisposto il Piano Nazionale per la Medicina di Genere, anche grazie al supporto fornito dai referenti per la medicina di genere degli IRCCS italiani come l’Ospedale San Raffaele, e nel 2021 è stato creato l’Osservatorio Nazionale sulla Medicina di Genere, che avrà il compito di fornire le linee di indirizzo e il monitoraggio essenziali per l’attuazione del Piano Nazionale. Uno dei Gruppi di Lavoro dell’Osservatorio è proprio dedicato alla farmacologia di genere. Ci aspettiamo quindi che i prossimi anni vedano il consolidamento della sperimentazione dei farmaci in base al genere».
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