Dott. Federico Baranzini

Psichiatria - Federico Baranzini

Psichiatra e psicoterapeuta, ho sviluppato un approccio alla sofferenza mentale di tipo integrato che cerca di tenere conto sia degli aspetti biologici che di quelli più prettamente psico-socio-relazionali



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Dove mi sono formato
Mi sono laureato in Medicina nel 1999 e ho conseguito la Specializzazione in Psichiatria e Psicoterapia nel 2004 presso l’Università degli Studi di Varese. Ho conseguito quindi il Dottorato di Ricerca in Psico-Farmacologia nel 2009. Mi sono infine formato in Psicoanalisi presso l’Istituto di Training di Milano nel 2015. 

Qualcosa su di me
Svolgo la mia attività clinica come psichiatra tra Varese e Milano dedicandomi alla diagnosi, cura e riabilitazione della sofferenza mentale di adulti e anziani.
Ho condotto per diversi anni attività di ricerca nel campo della psichiatria sociale pubblicando studi sullo stigma verso il disagio mentale nella popolazione generale, sugli effetti collaterali della polifarmacoterapia negli anziani e sulla psicoterapia applicata al contesto della medicina generale. Ho perfezionato la mia preparazione all’estero nel campo dei disturbi di personalità presso il Cassel Hospital di Londra (UK) e nel campo della psicogeriatria dedicandomi allo studio dei disturbi psichiatrici nella terza età presso il Lundbeck Institute di Skodsborg (DK).
Ho insegnato come professore a contratto presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Medicina, dell’Università degli Studi dell'Insubria.
Trasferitomi a Milano, mi sono dedicato alla clinica e all’attività di consulenza presso numerose strutture per la riabilitazione psichiatrica, tra le quali numerose comunità terapeutiche per pazienti affetti da psicosi cronica e problematiche psicorganiche, e per la cura e assistenza psicogeriatrica, tra le quali le residenze per anziani (RSA).
Ho esercitato per dieci anni il ruolo di Psichiatra Case Manager presso la Comunità Terapeutico Riabilitativa ad alta assistenza del CREST per la cura residenziale dei pazienti affetti da Disturbo di Personalità, Psicosi e Abuso/Dipendenza da Sostanze Stupefacenti.
Sono stato Psichiatra di Reparto per dieci anni presso la Casa di Cura “Le Betulle”, specializzata nella cura e riabilitazione dei disturbi depressivi, d’ansia, nevrotici e delle dipendenze patologiche.
A seguito dell’esperienza acquisita sul campo e per la qualità specifica del mio percorso formativo, di psichiatra e psicoterapeuta, ho sviluppato un approccio alla sofferenza mentale di tipo integrato che cerca di tenere in conto sia gli aspetti biologici che quelli più prettamente psico-socio-relazionali della sofferenza mentale. Convinto del valore relazionale del farmaco e del valore curativo della parola, il mio approccio terapeutico contempla tanto l’uso degli strumenti propri della moderna psicofarmacologia, quanto quelli della psicoterapia, in una dimensione non mutuamente esclusiva.

Ho pubblicato
Sono stato membro del comitato scientifico della rivista Studi di Psichiatria edita da Il Pensiero Scientifico Editore e revisore scientifico presso la rivista Clinical Management Issues edita da CMI.
Sono membro della Società Italiana di Psicoanalisi, della Società Italiana di Psichiatria, della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e della Associazione Italiana di Psicogeriatria ai cui congressi nazionali partecipo regolarmente da anni.
Ho pubblicato oltre venti lavori scientifici tra articoli e capitoli di libri su testate di settore nazionali e internazionali. Da anni mi occupo a scopo divulgativo di comunicazione scientifica online e curo i contenuti del blog Federicobaranzini.it.

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Ultime risposte

Consulto psichiatrico

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Buongiorno, da quanto scrive i sintomi sembrano configurare un quadro clinico che va ben oltre un semplice disturbo di adattamento. Il suo vissuto di impotenza, inefficacia personale, desiderio di fuga, astenia, insonnia non responsiva, associato a difficoltà cognitive, richiede un approfondimento diagnostico. Alla luce di quanto descritto, sì, è assolutamente indicato consultare uno psichiatra, meglio se anche psicoterapeuta. Potrebbe essere necessario rivalutare il quadro clinico, la diagnosi e il piano terapeutico.  Cordiali saluti, Federico Baranzini Psichiatra e Psicoterapeuta a Milano

Paura

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Buongiorno, grazie per aver scritto e per aver condiviso un aspetto così delicato ma diffuso. Non è semplice riconoscere e raccontare una paura legata all’assunzione di farmaci, e il fatto che lo faccia dimostra quanto desideri affrontarla e curarsi. Se ho capito bene, le è stato prescritto il Prozac (fluoxetina), da assumere a giorni alterni, ma questa indicazione ha riattivato una forte fobia che la accompagna da tempo: una vera e propria ansia legata al solo pensiero di assumere medicinali. Sta già seguendo una psicoterapia, ma sente che la paura è troppo intensa per permetterle di iniziare la terapia farmacologica. Nella mia esperienza clinica ho incontrato diversi pazienti con una condizione molto simile alla sua. La paura di deglutire farmaci, o di ciò che il farmaco potrebbe provocare, può avere diverse origini: esperienze passate spiacevoli, ipersensibilità agli effetti collaterali, o semplicemente una forma di ansia anticipatoria molto potente. In alcuni casi può trattarsi di una fobia specifica, che va trattata con la stessa cura e gradualità con cui si affrontano altre forme di paura. Quello che spesso aiuta è un approccio basato su esposizione graduale: non partire subito con il farmaco, ma costruire una familiarità progressiva con l’idea e il gesto dell’assunzione. Un modo molto utile, in questo senso, può essere iniziare con integratori naturali, chiaramente sotto la guida di un medico. Ad esempio, utilizzare per un periodo capsule contenenti solo vitamine, melatonina o altri preparati anche a valenza ansiolitica, aiuta a riprendere fiducia nel proprio corpo e nel gesto stesso del prendere una compressa. Questo passaggio intermedio, che ho utilizzato spesso con alcuni miei pazienti, consente di normalizzare gradualmente l’atto di deglutire un prodotto senza il peso dell’ansia legata al “principio attivo”. In parallelo, si lavora in psicoterapia sull’aspetto emotivo e cognitivo della paura, e questo doppio livello – uno pratico e uno psicologico – porta spesso a risultati buoni in tempi non troppo lunghi. Accanto a questo, alcuni professionisti oggi iniziano a utilizzare anche strumenti di realtà virtuale per aiutare le persone a esporsi gradualmente alle situazioni che temono. In contesti protetti e guidati, si simula il momento dell’assunzione, proprio per aiutare il paziente a ridurre la risposta di allarme. È una possibilità in più, che magari può valutare con il suo terapeuta. Il punto fondamentale è che non è necessario “buttarsi” subito. Anzi, forzarsi troppo può rafforzare la paura. Procedere per gradi, con piccoli passi, è spesso la via più sicura e rispettosa dei suoi tempi. Le suggerisco di parlare con chi la segue in psicoterapia di questa possibilità. L’ho visto accadere più volte: pazienti inizialmente paralizzati dalla paura, che sono poi riusciti a iniziare una cura e ad avere un significativo miglioramento. Anche per lei può essere possibile, senza fretta, con il giusto sostegno. Spero che queste riflessioni le siano utili e le auguro davvero di trovare presto un modo per affrontare e superare questa difficoltà. Cordiali saluti, Federico Baranzini Psichiatra e Psicoterapeuta a Milano

cura per il cancro

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Gentile Signora, comprendo profondamente il senso di vulnerabilità che prova. È normale che, terminato un percorso terapeutico lungo e intenso come il suo, possano emergere sensazioni di ansia, paura o smarrimento. Fino ad ora ha avuto, come giustamente descrive, una sorta di "salvagente" dato dalle terapie che la proteggevano psicologicamente oltre che fisicamente. E' un po' come se si sentisse lasciata "sola" difronte all'imponderabile. Questa fase, in cui sembra venir meno il controllo rassicurante della terapia, è molto delicata ma altrettanto importante. Potrebbe esserle utile provare a rielaborare e dare nuovo senso a questa transizione con il supporto di uno psicologo o psicoterapeuta esperto nel supporto psico-oncologico, se non lo avesse già fatto. L'obiettivo è aiutarla a ricostruire una sensazione di sicurezza, stavolta proveniente da dentro di sé e non più solo dall'esterno. Inoltre, può aiutarla molto confrontarsi con altre donne che stanno vivendo o hanno vissuto esperienze simili alla sua, tramite gruppi di auto-mutuo-aiuto o associazioni dedicate al tumore al seno. Spesso condividere le proprie paure, emozioni e dubbi con chi li comprende direttamente è di grande beneficio. Ricordi che la paura non va eliminata ma ascoltata, compresa e integrata. Più sentirà di aver preso consapevopezza di questo cambiamento, più riuscirà a vivere serenamente questa nuova fase della sua vita. Un caro saluto. Cordialmente, Federico Baranzini