Dott. Federico Baranzini
Psichiatria - Federico Baranzini
Psichiatra e psicoterapeuta, ho sviluppato un approccio alla sofferenza mentale di tipo integrato che cerca di tenere conto sia degli aspetti biologici che di quelli più prettamente psico-socio-relazionali

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Buongiorno, da quanto scrive i sintomi sembrano configurare un quadro clinico che va ben oltre un semplice disturbo di adattamento. Il suo vissuto di impotenza, inefficacia personale, desiderio di fuga, astenia, insonnia non responsiva, associato a difficoltà cognitive, richiede un approfondimento diagnostico. Alla luce di quanto descritto, sì, è assolutamente indicato consultare uno psichiatra, meglio se anche psicoterapeuta. Potrebbe essere necessario rivalutare il quadro clinico, la diagnosi e il piano terapeutico. Cordiali saluti, Federico Baranzini Psichiatra e Psicoterapeuta a Milano

Buongiorno, grazie per aver scritto e per aver condiviso un aspetto così delicato ma diffuso. Non è semplice riconoscere e raccontare una paura legata all’assunzione di farmaci, e il fatto che lo faccia dimostra quanto desideri affrontarla e curarsi. Se ho capito bene, le è stato prescritto il Prozac (fluoxetina), da assumere a giorni alterni, ma questa indicazione ha riattivato una forte fobia che la accompagna da tempo: una vera e propria ansia legata al solo pensiero di assumere medicinali. Sta già seguendo una psicoterapia, ma sente che la paura è troppo intensa per permetterle di iniziare la terapia farmacologica. Nella mia esperienza clinica ho incontrato diversi pazienti con una condizione molto simile alla sua. La paura di deglutire farmaci, o di ciò che il farmaco potrebbe provocare, può avere diverse origini: esperienze passate spiacevoli, ipersensibilità agli effetti collaterali, o semplicemente una forma di ansia anticipatoria molto potente. In alcuni casi può trattarsi di una fobia specifica, che va trattata con la stessa cura e gradualità con cui si affrontano altre forme di paura. Quello che spesso aiuta è un approccio basato su esposizione graduale: non partire subito con il farmaco, ma costruire una familiarità progressiva con l’idea e il gesto dell’assunzione. Un modo molto utile, in questo senso, può essere iniziare con integratori naturali, chiaramente sotto la guida di un medico. Ad esempio, utilizzare per un periodo capsule contenenti solo vitamine, melatonina o altri preparati anche a valenza ansiolitica, aiuta a riprendere fiducia nel proprio corpo e nel gesto stesso del prendere una compressa. Questo passaggio intermedio, che ho utilizzato spesso con alcuni miei pazienti, consente di normalizzare gradualmente l’atto di deglutire un prodotto senza il peso dell’ansia legata al “principio attivo”. In parallelo, si lavora in psicoterapia sull’aspetto emotivo e cognitivo della paura, e questo doppio livello – uno pratico e uno psicologico – porta spesso a risultati buoni in tempi non troppo lunghi. Accanto a questo, alcuni professionisti oggi iniziano a utilizzare anche strumenti di realtà virtuale per aiutare le persone a esporsi gradualmente alle situazioni che temono. In contesti protetti e guidati, si simula il momento dell’assunzione, proprio per aiutare il paziente a ridurre la risposta di allarme. È una possibilità in più, che magari può valutare con il suo terapeuta. Il punto fondamentale è che non è necessario “buttarsi” subito. Anzi, forzarsi troppo può rafforzare la paura. Procedere per gradi, con piccoli passi, è spesso la via più sicura e rispettosa dei suoi tempi. Le suggerisco di parlare con chi la segue in psicoterapia di questa possibilità. L’ho visto accadere più volte: pazienti inizialmente paralizzati dalla paura, che sono poi riusciti a iniziare una cura e ad avere un significativo miglioramento. Anche per lei può essere possibile, senza fretta, con il giusto sostegno. Spero che queste riflessioni le siano utili e le auguro davvero di trovare presto un modo per affrontare e superare questa difficoltà. Cordiali saluti, Federico Baranzini Psichiatra e Psicoterapeuta a Milano

Gentile Signora, comprendo profondamente il senso di vulnerabilità che prova. È normale che, terminato un percorso terapeutico lungo e intenso come il suo, possano emergere sensazioni di ansia, paura o smarrimento. Fino ad ora ha avuto, come giustamente descrive, una sorta di "salvagente" dato dalle terapie che la proteggevano psicologicamente oltre che fisicamente. E' un po' come se si sentisse lasciata "sola" difronte all'imponderabile. Questa fase, in cui sembra venir meno il controllo rassicurante della terapia, è molto delicata ma altrettanto importante. Potrebbe esserle utile provare a rielaborare e dare nuovo senso a questa transizione con il supporto di uno psicologo o psicoterapeuta esperto nel supporto psico-oncologico, se non lo avesse già fatto. L'obiettivo è aiutarla a ricostruire una sensazione di sicurezza, stavolta proveniente da dentro di sé e non più solo dall'esterno. Inoltre, può aiutarla molto confrontarsi con altre donne che stanno vivendo o hanno vissuto esperienze simili alla sua, tramite gruppi di auto-mutuo-aiuto o associazioni dedicate al tumore al seno. Spesso condividere le proprie paure, emozioni e dubbi con chi li comprende direttamente è di grande beneficio. Ricordi che la paura non va eliminata ma ascoltata, compresa e integrata. Più sentirà di aver preso consapevopezza di questo cambiamento, più riuscirà a vivere serenamente questa nuova fase della sua vita. Un caro saluto. Cordialmente, Federico Baranzini