Separazioni e divorzi, come lasciarsi senza rancore
La nuova legge ha accelerato l’iter del divorzio, uno degli eventi più traumatici della vita. Un avvocato di fama internazionale ci spiega come evitare che si trasformi in una guerra o in un rimpianto eterno. Dandosi il tempo di metabolizzare la separazione e prepararsi a un nuovo inizio. Da sole o in coppia
di Manuela Porta
E vissero felici e contenti... purtroppo non sempre va così e nel corso degli anni il lieto fine può trasformarsi semplicemente in una fine. O, peggio, in una lotta senza esclusioni di colpi da cui può derivare una grande sofferenza psicologica. Abbiamo chiesto a una grande esperta del settore, l’avvocato divorzista Daniela Missaglia, specializzata in Diritto di famiglia e delle persone, come affrontare nel migliore dei modi possibili un’eventuale separazione.
Sempre più separazioni, sembrano dirci i media… Avvocato, è veramente cosi?
Che separazioni e divorzi crescano esponenzialmente anno dopo anno è una percezione smentita dalle statistiche. Nel 2023 si è registrato un calo dell’8,4% delle separazioni e, a ruota, dei divorzi. Se si prende come riferimento il 2016, che pare un’era geologica lontana, il gap negativo è del 20%. Si litiga di meno? Affatto. La verità è che sono crollati i matrimoni, che oggi sono quasi la metà di quelli registrati nel 1990.
Le relazioni sentimentali sono più smart, incostanti e superficiali, “usa e getta”, senza una progettualità seria, in linea con un’evoluzione dei tempi improntata all’individualismo esasperato, dove c’è sempre meno spazio per la famiglia tradizionale. Semmai si potrebbe dire che le cause giudiziali hanno un tasso di litigiosità superiore al passato, in parallelo con l’insoddisfazione e il senso di ingiustizia che le persone coinvolte sentono sulla loro pelle perché c’è sempre meno spazio e tempo (in seguito alla legge 55/15) per far valere le proprie ragioni, soprattutto per chi ha subito anni di violenza psicologica, fisica ed economica.
Che cosa ha portato, in sostanza, il “divorzio breve”?
Luci e ombre. Sicuramente ha velocizzato i tempi per ottenere una sentenza definitiva di separazione e divorzio, che oggi possono essere proposti con un unico atto nell’ambito del medesimo procedimento. Un vantaggio non da poco che evita, come in passato, un doppio giudizio che coinvolgeva i coniugi per anni e anni. La concentrazione di tempi e atti processuali, con scadenze molto ravvicinate e talvolta impossibili, ha però inficiato la qualità del processo e reso più sommarie le decisioni. La fase istruttoria è quasi scomparsa, e ciò si riverbera su sentenze sempre meno accurate. Di fatto, come accennavo prima, le ragioni di una separazione vengono trattate in modo sommario senza garantire un regolare contraddittorio.
La separazione occupa il secondo posto, dopo il lutto, nella scala dei traumi, esiste un modo per uscirne bene?
Occorre davvero “farsene una ragione” e, soprattutto, rivolgersi a un terapeuta per un sostegno psicologico laddove il dolore del fallimento del progetto familiare diventi insopportabile. Poi, bisogna affidarsi ad avvocati specializzati nel diritto di famiglia, con esperienza, che sappiano guidare verso un equo accordo o, nel caso ciò non sia realizzabile, elaborare una strategia efficace, nella causa contenziosa. Il danno di una difesa approssimativa è spesso irrimediabile. Per “uscirne bene” dal punto di vista emotivo, aiuta moltissimo convincersi (ma qui ci vuole del tempo) che la fine del matrimonio segna un nuovo inizio, una nuova fase della vita, scevra dalle pregresse sofferenze e delusioni, una tela bianca da riempire, un diario da scrivere dall’inizio, come ci piace, nella speranza di non commettere gli errori e le ingenuità del passato.
Come salvaguardare quello che “c’è stato”?
Rinunciando a un approccio manicheo che butti via il bambino con l’acqua sporca. Bisognerebbe evitare di cancellare totalmente l’esperienza vissuta, come non fosse mai esistita. Se vi sono figli, è necessario che ciascuno dei coniugi tuteli l’altra figura genitoriale, conservando – per quanto possibile – un canale di dialogo. Nella pratica spesso questo non accade perché si innesca la tendenza a demonizzare l’altro, che finisce per arrecare ulteriore sofferenza ai minori coinvolti.
I figli sono le figure che “pagano” di più?
Sicuramente i figli sono vittime incolpevoli perché subiscono le scelte dei loro genitori senza possibilità di intervenire. La separazione rappresenta un trauma anche per loro e incide sulla loro qualità di vita, con staffette da una casa all’altra, una riduzione del livello di benessere economico, perché (nella stragrande maggioranza dei casi) le separazioni impoveriscono il nucleo familiare (il reddito complessivo dovrà dividersi per sostenere due nuclei di vita separati). Sta nella maturità e intelligenza dei genitori cercare di minimizzare le ripercussioni pratiche della separazione sui figli, in primis cercando di conservare un rapporto dignitoso con l’altro genitore.
Quali i punti più caldi che fanno scoppiare la guerra?
La casistica è molto varia ma si risolve sempre nei soliti motivi di attrito: tradimenti (agevolati oggi dai nuovi canali di comunicazione, come i social), gelosia, eccessi caratteriali, prima tollerati e poi divenuti insopportabili, inconciliabilità fra caratteri, motivi economici (avidità o eccessiva prodigalità), ingerenza della suocera, mentalità patriarcale del marito. Più banalmente la causa è la fine dell’amore, quell’afflato originario che porta a sottostimare i difetti dell’altro, a ottenebrare la capacità di valutare il partner, idealizzandolo. La conseguenza è l’insopportazione del coniuge che genera, a sua volta, l’intollerabilità della convivenza.
Che consigli dà ai suoi assistiti per vivere questo passaggio di vita?
Li invito a essere resilienti. Il tempo guarirà le ferite aperte ma le cicatrici del fallimento rimarranno. L’importante è attraversare il tunnel del dolore lavorando su se stessi per poi ripartire più forti e consapevoli di ciò che si vuole nella vita.
Cercate di rinforzare l’autostima delle persone. In fondo dovete essere anche un po’ psicologi...
Nella facoltà di legge si insegna il diritto, mai la psicologia. Ed è un peccato perché poi, quando ci si confronta con un assistito in piena crisi familiare e personale, ci si accorge che una parte importante del lavoro dell’avvocato è di gestione e comprensione della persona che chiede il nostro aiuto e che mette la sua vita nelle nostre mani. Rassicurarla, supportarla, darle sostegno è fondamentale, così come contenerla, riportarla in “carreggiata”, farla ragionare, parlandole con franchezza e autorevolezza. Questo vale per ogni “ramo” del diritto, e ancora di più in quello di famiglia, che è l’ambito dove si toccano le corde più personali e intime della vita di un cliente.
Suggerisce ai suoi assistiti di rifarsi una vita? Lei crede nell’amore, pur vivendo in uno scenario di rotture continue?
Certamente, e senza esitazioni. Al di là della retorica, una vita che non si apra alla possibilità di tornare ad amare o essere amati non ha senso, magari con maggiore maturità e forti del bagaglio degli errori passati. Affrontare una nuova relazione aiuta a dimenticare le pregresse sofferenze a voltare pagina. Questo non vuol dire che rimanere single (per scelta) dopo un fallimento matrimoniale non sia una buona opzione. L’importante è che sia il risultato di un lavoro su se stessi. Viceversa, chi rimane ancorato al passato e a ciò che non è stato, potrebbe incorrere in criticità depressive.
Tre dritte del legale
• Mai dimenticare che rabbia e vendetta annebbiano la mente tanto da privare di quella lucidità utile nel gestire al meglio la situazione in totale protezione di eventuali figli a cui va garantita serenità e tutela su tutti i fronti.
• Meglio chiudere con una consensuale che arrivare agguerriti in tribunale, poiché trascinare diatribe fa male fisicamente e psicologicamente.
• In caso di soprusi fisici o verbali non bisogna mai avere paura di essere giudicati o non creduti. Occorre affidarsi, credere nella giustizia e nel buono che c’è nelle nostre Forze dell’Ordine.
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