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Burnout: quando lo stress dipende dalla gestione del tempo

Scopri i segnali sottovalutati, le strategie pratiche per le micro-pause e come allineare la produttività ai tuoi cicli energetici naturali per una salute sostenibile e per il tuo benessere psicofisico

Foto: iStock



Ti è mai capitato di svegliarti già stanca o di sentire un'ansia sottile proprio quando finalmente hai un momento per te, incapace di rilassarti davvero? Se questa sensazione ti è familiare, potresti essere intrappolata in un circolo vizioso: quello che lega una cattiva gestione del tempo al rischio concreto di burnout.

Viviamo spesso in una modalità costante di "fare", dove la nostra mente non si ferma mai. Questo approccio non solo prosciuga le energie, ma si manifesta con segnali subdoli, campanelli d'allarme che indicano una disconnessione profonda tra l'organizzazione della tua giornata e i tuoi ritmi interni naturali.

Insieme alla psicologa Laura Calosso, andiamo oltre il semplice concetto di stress. Esploriamo i segnali più insidiosi che spesso sottovalutiamo e scopriamo l'importanza dei nostri cicli naturali di energia. Imparare a riconoscere e rispettare queste fluttuazioni è il primo passo per trasformare la produttività e, soprattutto, la qualità di vita, scoprendo quali strategie pratiche adottare per rompere questo ciclo e ritrovare un equilibrio sostenibile.

Quali sono i primi segnali sottovalutati che indicano che la gestione del tempo può essere una causa del burnout?

«Il segnale più sottovalutato è ciò che chiamo “dipendenza dal fare”: ovvero quando finalmente abbiamo dieci minuti per fermarci, ma il corpo non riesce a rilassarsi e la mente continua a correre. È quel disagio nel sedersi che rivela che siamo rimasti troppo a lungo in modalità “attiva”.

Poi arrivano gli altri campanelli d’allarme: la confusione mentale che rende faticose decisioni semplici, la perdita di entusiasmo per attività che solitamente ci nutrono, la rigidità emotiva di fronte anche a piccoli imprevisti. Il corpo, come sempre, parla con chiarezza: stanchezza già al risveglio, tensioni continue, sonno non ristoratore nonostante le ore effettive. Sono tutti segnali che la nostra gestione del tempo non è più in sintonia con i nostri ritmi interni e che è il momento di riorganizzarsi, non aggiungendo altro “fare”, ma tornando ad ascoltare ciò che il corpo sta cercando di dirci».

In che modo i cicli naturali di energia influenzano produttività e pianificazione?

«Siamo esseri ciclici e il nostro livello di energia cambia con le stagioni, le ore del giorno e - per le donne - anche durante il mese. Possiamo percepirlo chiaramente: ci sentiamo diversi d’estate rispetto che in primavera, o alle 9 del mattino rispetto che alle 4 del pomeriggio. Ognuno ha un proprio ritmo naturale: ad esempio, mesi dell’anno che per alcuni sono potenzianti, per altri corrispondono a momenti di calo. 

Ignorare queste oscillazioni significa forzarsi a rendere sempre allo stesso livello, creando sovraccarico. Riconoscerle, invece, permette di pianificare meglio: usare i momenti di picco per i compiti più impegnativi e dedicare le fasi di calo ad attività più leggere o creative. Lavorare in sintonia con i propri cicli rende la produttività più efficace e sostenibile ma in pochi la conoscono». 

Qual è la prima strategia pratica per interrompere il connubio tra stress e cattiva gestione del tempo, che conduce ad altro stress?

«Micro-pause di 60 secondi possono cambiare completamente la qualità della giornata. Io lo chiamo “rallentamento attivo”: ci si ferma tra un’attività e l’altra espirando più a lungo dell’inspirazione. Ad esempio, ispiri per 3 secondi, trattieni per 2, espiri per 6 secondi, trattieni per 1 secondo e inspiro nuovamente. Questo semplice gesto eseguito anche solo per 3 volte riporta il sistema nervoso in equilibrio e permette di ritrovare lucidità. Dopo un minuto, l’urgenza emotiva diminuisce e diventa più facile scegliere cosa è davvero prioritario nella prossima ora».

Quali tecniche di time management o recupero energetico consiglia a chi è a rischio di esaurimento?

«La prevenzione del burnout non passa da nuove agende o da un’ulteriore lista di strumenti, ma dalla capacità di modificare lo stato interno, non l’esterno. Il problema non è il tempo: è come il nostro sistema nervoso lo percepisce. La vera svolta arriva quando impariamo a riconoscere i momenti in cui l’energia cambia - spesso in modo sottile - e interveniamo subito, prima che lo stress diventi elevato.

È un lavoro di precisione in cui bisogna lasciare spazio agli imprevisti. Potremmo dire che sia una competenza emotiva ed energetica, più che una tecnica da apprendere e applicare passivamente. Ho ricercato per anni, per me e per chi seguivo, un metodo che potesse davvero supportarli e ho visto i risultati più significativi quando ho unito il time management più “classico” a una visione “ciclico-energetica” a partire dall’orologio ayurvedico. I risultati sono stati significativi in termini di qualità di vita e performance, senza rinunciare alle proprie ambizioni e soprattutto senza effetti negativi sulla salute».

Per chi ha già toccato il fondo, quali sono i passi psicologici per ricostruire un sistema di gestione del tempo sostenibile?

«Quando si tocca il fondo, il primo passo non è organizzarsi meglio: è imparare a rientrare dentro il proprio corpo, perché è lì che ritroviamo i segnali che si sono ignorati troppo a lungo. È allora che ci si dedica a rimettere a fuoco i propri valori reali e si smette di riempire le giornate con attività fatte solo perché vanno fatte.

È una delle svolte più liberatorie: lasciare andare il dovere automatico e creare spazio per ciò che è realmente prioritario per la nostra vita. Il cambiamento più profondo avviene quando una persona smette di inseguire modelli esterni e inizia a modellare il sistema temporale a partire dal rispetto della propria energia e verità. È qui che nasce una gestione del tempo davvero sostenibile, in cui il “non ho tempo” si trasforma in “come creo il tempo?” senza scendere a compromessi con la propria salute e integrità».


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