Il Bed rotting è un trend della Gen Z di cui si parla sempre più spesso sui social. Consiste nello spendere molte ore (o anche giornate intere) a letto o sul divano, magari con lo smartphone in mano o intenti a fare una maratona di serie tv sulle piattaforme online.
In italiano, si traduce con “marcire a letto”, non per riposarsi davvero, ma per staccare da tutto e dedicarsi al dolce far niente per un tempo piuttosto prolungato, anche se magari ci si potrebbe impegnare in tante altre attività.
Relax o bed rotting?
Può capitare a tutti di non aver voglia di fare cose particolari, magari prendersi un giorno per leggere un libro o dormire un po' di più, anche semplicemente per ricaricare le batterie. Il bed rotting, invece, è molto diverso e non può essere confuso con la semplice pigrizia.
«Spesso nasce da stanchezza cronica, stress o demotivazione», spiega Monica Bormetti, psicologa ed esperta di benessere digitale. «Invece di far sentire meglio, alla fine lascia una sensazione di vuoto e senso di colpa».
Se poi questa tendenza viene osservata nei giovani, spesso i genitori si ritrovano ad avere a che fare con un bel problema da gestire. Ed è soprattutto importante capire quando può diventare patologico.
Bed rotting e clinomania: qual è la differenza?
È importante non confondere il bed rotting con la clinomania. Quest’ultima è un vero e proprio disturbo, collegato a problemi come ansia o depressione, che consiste in un desiderio compulsivo e patologico di rimanere a letto.
Il bed rotting, invece, non è una patologia, ma un fenomeno che coinvolge tanti giovani, una specie di "protesta" contro i ritmi super frenetici della vita, ma anche una sorta di timore per quello che si può trovare fuori dalla porta. «La clinomania è un sintomo clinico individuale, mentre il bed rotting è un fenomeno collettivo e temporaneo».
Cause del bed rotting e quando iniziare a preoccuparsi
Soprattutto per i più giovani, oggi la pressione psicologica è altissima: lo studio, i lavori precari, l'ansia per il futuro. Il letto diventa un caldo rifugio, un posto dove "spegnere il mondo esterno".
«I campanelli d'allarme scattano quando questa abitudine non è più l'eccezione, ma la regola», dice la dottoressa Bormetti. Se ci si sente sempre giù, senza motivazione, e se si riduce drasticamente la vita sociale, analogica e l’attività fisica, forse è il momento di fare qualcosa di concreto per non diventare un tutt’uno con il letto.
Passare troppo tempo a letto, infatti, non fa bene né al corpo né alla mente. Fisicamente, stare tanto tempo fermi può causare dolori e peggiorare il sonno. Mentalmente, invece, si entra in un circolo vizioso: "Più resto a letto per staccare, più mi sento svuotato e meno riesco a reagire". Insomma, invece di riprenderci, rischiamo di peggiorare le cose.
Bed rotting e smartphone: impatto sul sonno
Essendoci una stretta correlazione tra il restare a letto e l’uso dello smartphone, succede che il cellulare diventi un po’ il nostro compagno, ma non è un buon amico del sonno. La luce blu degli schermi ci tiene svegli, perché riduce la melatonina, l'ormone del sonno. In più, social e video tengono il cervello in costante allerta.
«Tutto questo può portare a sonno di scarsa qualità, stanchezza cronica e ridotta capacità di attenzione. Nel lungo periodo, può perfino accentuare stati ansiosi e depressivi», spiega l'esperta.
Rimedi e consigli per i genitori: come proteggere i giovani
Ma cosa possono fare i genitori che notano questi comportamenti nei propri figli? Innanzitutto, si può cominciare a creare una "digital sunset": spegnere tutti gli schermi un'ora prima di andare a dormire. Ciò vale per i ragazzi, ma anche per i genitori. Provare a dare il buon esempio, è sempre un ottimo punto di partenza, perché i figli imparano osservando.
Invece di proibire l’uso del telefono, si potrebbe proporre delle piccole sfide, come guardare una serie tutti insieme dal divano, anziché soli a letto, «rinforzando positivamente il ragazzo con un complimento ogni volta che fa un piccolo passo per attivarsi».
E poi, è utile incoraggiarli a fare micro-pause attive: una breve passeggiata, un po' di sport o cimentarsi in qualcosa di creativo. «Muovere il corpo è la via più diretta per stimolare il rilascio di una serie di ormoni del buonumore, come le endorfine», spiega l’esperta. E, soprattutto, la cosa più importante è parlare. «Se senti che dietro a questa voglia di stare a letto c'è stress o ansia, è meglio parlarne insieme. Parlarne è più utile che giudicare».
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