Gatti randagi, come nascono le colonie feline e chi le cura

Nelle colonie feline gli animali che vivono in libertà ricevono cibo, affetto e assistenza sanitaria grazie all’impegno dei volontari e a una legge che li tutela



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di Elisa Capitani


Li vedi spuntare da sotto le auto parcheggiate, camminare con passo felpato tra i giardini condominiali o fare capolino in cerca di cibo. Sono i gatti randagi, abituati a vivere per strada, in quella che si definisce una colonia felina. In Italia se ne contano a decine di migliaia, con una maggiore concentrazione nel Nord del Paese.

Secondo le stime della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, ogni anno vengono abbandonati circa 80.000 mici e si calcola che siano oltre due milioni quelli che vivono stabilmente all’aperto, in libertà. Una legge specifica – la 281 del 1991 – tutela la loro presenza sul territorio, riconoscendo alle colonie feline uno status protetto e prevedendo per i Comuni l’obbligo di gestirle attraverso sterilizzazioni e controlli veterinari.

Dietro questa rete di protezione, però, c’è il lavoro fondamentale dei volontari, che ogni giorno si occupano di questi animali, garantendo cibo, cure, segnalazioni sanitarie e, nei casi più critici, l’accoglienza in un rifugio. Marinella Parmigiani, responsabile storica di Mondo Gatto, a San Donato Milanese, da anni dedica tempo ed energie alla tutela dei gatti randagi: a lei abbiamo chiesto come funziona questa realtà, forse ancora poco conosciuta.


Come si forma una colonia felina e come viene protetta?

«Succede spesso che più gatti inizino a vivere stabilmente in uno stesso luogo: un cortile, un parco, una stazione, magari perché c’è chi li sfama. Quando il gruppo si stabilizza, si può richiedere il riconoscimento ufficiale all’ATS (Azienda di Tutela della Salute) di zona. Questa possibilità esiste grazie alla legge 281 del 1991 che, per la prima volta, ha riconosciuto i diritti degli animali randagi, stabilendo che i gatti che vivono in libertà non possono essere rimossi dal loro territorio, ma devono essere protetti, sterilizzati e seguiti.

La norma prevede che i Comuni si facciano carico della gestione, in collaborazione con i servizi veterinari dell’ATS. Formalmente, il responsabile legale di ogni colonia è il sindaco, ma nella pratica il ruolo delle associazioni e dei volontari è fondamentale: sono loro a garantire il benessere quotidiano degli animali e a fare da ponte tra istituzioni e territorio. Dopo la richiesta di riconoscimento, i veterinari dell’ATS effettuano un sopralluogo e, se ci sono le condizioni, si procede con la sterilizzazione e l’applicazione del microchip. Ogni gatto viene registrato e monitorato. In questo modo si evita la riproduzione incontrollata e si garantisce una presenza equilibrata e sicura».


Chi si prende effettivamente cura dei gatti delle colonie e con quali responsabilità?

«La figura centrale è quella del “referente” o “tutor”: un cittadino o un volontario che, quotidianamente, dà da mangiare, tiene pulito l’ambiente, controlla che nessun animale stia male o si ferisca. Se succede, bisogna contattare l’ATS o intervenire con i propri mezzi. Ma è anche un impegno emotivo, perché si crea un legame affettivo. Serve anche tanta pazienza, perché non tutti i gatti sono socievoli e non tutti i contesti accoglienti».


Quando serve un rifugio e che ruolo svolge rispetto alla colonia?

«La Legge 281 stabilisce che i gatti che vivono in colonia non possano spostati dal loro territorio, a meno che non siano in pericolo. Non possono nemmeno essere adottati. Sono animali abituati alla libertà, spesso poco socializzati, e vanno protetti nel loro ambiente naturale. Ma non tutti riescono a cavarsela da soli. Alcuni sono cuccioli rimasti orfani, altri provengono da famiglie che non possono più occuparsene. Poi ci sono quelli che si ammalano, vengono investiti o, semplicemente, non ce la fanno più a cavarsela da soli. In tutte queste situazioni diventa fondamentale l’esistenza di un rifugio.

Rifugi, gattili e oasi feline sono strutture protette: qui i gatti vengono accolti, curati e assistiti all’interno di spazi dedicati. E, su richiesta, dati in adozione. Queste strutture rappresentano una casa temporanea o permanente per gli animali più fragili, quelli che per età o salute non potrebbero sopravvivere in strada. Noi di Mondo Gatto, per esempio, ne ospitiamo un centinaio con storie diverse: chi ha bisogno di cure costanti, chi è anziano, chi cerca semplicemente una nuova famiglia. È una rete di protezione fondamentale, che lavora in stretta collaborazione con chi si occupa delle colonie».


Come funziona Mondo Gatto e quali attività portate avanti?

«Operiamo su più fronti per garantire il benessere dei felini. Collaboriamo con l’ATS per la sterilizzazione delle colonie, curiamo i gatti feriti o malati, accogliamo cuccioli e, quando possibile, anche quelli adulti rimasti senza famiglia. L’associazione promuove infine adozioni tradizionali e a distanza e dedica risorse ed energie a iniziative di sensibilizzazione».


Come adottare un gatto (con responsabilità)

Spetta ai volontari dei rifugi e delle oasi valutare l’idoneità di chi richiede l’adozione. Il percorso inizia con un colloquio conoscitivo e la verifica di alcune condizioni a tutela del benessere del gatto, come per esempio la messa in sicurezza della casa (preferibile l’appartamento).

Se va a buon fine verrà richiesto un contributo spese all'adottante, il quale riceverà il libretto sanitario e la proprietà del microchip e dovrà poi farsi carico dell'eventuale sterilizzazione del micio.


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