Stanchi di lavorare: cos’è il quiet quitting e come affrontarlo
Ti senti stanco del tuo lavoro e fai solo il minimo indispensabile? Si parla di quiet quitting ovvero, tradotto letteralmente, “mollare in silenzio”. Ecco i segnali per riconoscerlo e trasformarlo in un’opportunità di benessere
Ti è mai capitato di sentire un collega dire "faccio solo il minimo indispensabile"? O di notare che qualcuno in ufficio ha smesso di offrire il proprio aiuto al di fuori dei suoi compiti? Questo fenomeno si chiama quiet quitting (letteralmente "mollare in silenzio") e, se in passato poteva sembrare una scelta isolata, oggi è diventato un argomento di cui tutti parlano, un fenomeno in crescita.
Non si tratta di dare le dimissioni, ma più di un affrancamento dal lavoro. In Italia, dove la cultura lavorativa è spesso legata all'idea di sacrificio e dedizione, questo fenomeno sta prendendo piede, rappresentando un vero e proprio cambiamento di mentalità.
Secondo i dati dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, il 14% della forza lavoro italiana è composto da "quiet quitter", ovvero un lavoratore su sette. Questo dato ci fa capire che non è un problema individuale, ma un segnale che le priorità stanno cambiando.
Che cos'è il quiet quitting e perché si manifesta
«Il quiet quitting è un distacco emotivo e psicologico dal lavoro, dove le persone si limitano a svolgere il minimo richiesto nel rigoroso rispetto delle mansioni assegnate e dell’orario di lavoro, senza investire ulteriori energie in attività straordinarie», spiega Laura Mondino, consulente aziendale e divulgatrice neuroscientifica.
Il quiet quitting si manifesta quando un lavoratore decide di limitarsi a svolgere le mansioni strettamente necessarie per ricevere lo stipendio.
Le ragioni che portano a questo comportamento sono molteplici, ma i principali fattori sono la frustrazione per un ruolo non soddisfacente, la mancanza di prospettive di carriera e l'insoddisfazione economica. Anche il bisogno di riconoscimento, il desiderio di dedicarsi ad altre passioni e il sovraccarico lavorativo giocano un ruolo cruciale.
Hustle culture e social media: le radici del problema
Per capire l'origine del quiet quitting bisogna guardare al passato, in particolare alla cosiddetta hustle culture, modello lavorativo che glorifica il superlavoro e l'impegno costante come unica via per il successo professionale e personale.
Figure come Elon Musk, che in passato ha raccontato di aver lavorato spesso oltre 80 ore alla settimana, sono diventati modelli da emulare, spingendo le persone a seguire esempi di produttività estrema.
Anche i social media hanno giocato un ruolo cruciale, dando voce agli "over-workers" e creando un senso di pressione sociale.
Come riconoscere il quiet quitting
Per le aziende individuare i "quiet quitter" non è semplice, ma esistono segnali chiari che possono far scattare un campanello d'allarme. Il primo è un generale disimpegno, una mancanza di proattività e un calo nella partecipazione alle riunioni o agli eventi aziendali.
Spesso si nota un aumento dell'assenteismo o dei permessi per malattia, un calo della qualità del lavoro e un'indifferenza verso i risultati ottenuti.
«Le aziende, oggi più che mai, hanno l’occasione di capire perché nasce il quiet quitting. Non è una banale tendenza, ma un cambiamento profondo nel modo in cui le persone affrontano il lavoro», dice l'esperta.
Questo fenomeno dovrebbe spingere le aziende a porsi delle domande: i dipendenti si sentono valorizzati? La cultura aziendale è tossica? Il quiet quitting, seppur apparentemente negativo, può diventare un'opportunità per migliorare l'organizzazione.
Self-care e confini sani: come prevenire il burnout
Se ti senti a rischio di quiet quitting o di burnout, ossia lo stress da lavoro, la prima cosa da fare è prenderti del tempo per te stesso. «Il primo passo è accogliere emozioni e stati d’animo, riconoscendoli come umani e legittimi. Questo permetterà di trasformare, piano piano, la frustrazione in qualcosa di positivo», afferma Mondino.
È fondamentale analizzare con sincerità ciò che non ti soddisfa più e cosa invece desideri per il tuo futuro professionale. Ad esempio, parlare con colleghi che hanno affrontato un cambiamento di carriera può aiutarti a sentirti meno solo e ad avere spunti pratici.
Se il contesto lo permette, anche confrontarsi con il proprio manager o datore di lavoro può essere un modo per trovare soluzioni, come riassegnazioni o nuovi progetti.
Quiet quitting vs sano equilibrio tra vita e lavoro
È fondamentale distinguere il quiet quitting da un sano equilibrio tra vita e lavoro. Il quiet quitting è spesso una risposta alla paura di ammalarsi a causa della hustle culture. È un modo per proteggere la propria salute mentale e fisica.
L'esperta si rifà alla Scala dei bisogni di Maslow per spiegare questa differenza: se prima si ambiva alla realizzazione e al riconoscimento personale (livelli alti della piramide), oggi molte persone sono tornate alla base, dando la priorità alla sicurezza e al benessere.
«Il quiet quitting è spesso visto come la risposta alle conseguenze sulla salute, mentale e fisica della hustle culture. Quindi il focus non è da ricercarsi nella insoddisfazione lavorativa ma nella paura di ammalarsi».
Per raggiungere un sano equilibrio, la chiave è interrogarsi su cosa sia davvero importante per noi; quindi, dovremmo chiederci cosa ci fa stare bene e cosa valorizza i nostri talenti e le nostre passioni. Questo richiede onestà e consapevolezza, ma è il primo passo per costruire una vita professionale e personale che ci soddisfi davvero.
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