Laccate, coloratissime, superglam. Sono le unghie smaltate, frutto di manicure e pedicure che le rendono lucide e affilate, per sfoggiare mani e piedi impeccabili. Che si tratti di stendere un colore uniforme o di personalizzare le unghie con graphic design che sconfinano nella nail art, gli smalti rappresentano un “capitale liquido” in ascesa (più 5,8% l’anno). Nel 2025 le dimensioni del mercato sono stimate sui 5,23 miliardi di dollari, con proiezioni di 6,89 miliardi entro il 2030 (dati Nail Polish Market Size). Un mercato che rischia di subire una battuta di arresto, dopo che l’Unione Europea dal primo settembre scorso ha bandito due sostanze presenti nei semipermanenti: TPO e DMTA.
Dal rischio di cancro alla riduzione della fertilità
Di che cosa si tratta, e perché sono state vietate? «Il provvedimento restrittivo della UE è arrivato dopo che alcuni studi scientifici hanno evidenziato una tossicità a carico di queste due sostanze, usate negli acrilici semipermanenti. Sono accusate di essere cancerogene, di interferire con il DNA mitocondriale e di essere pericolose per l’apparato riproduttivo femminile», spiega il dottor Umberto Borellini, docente di cosmetologia all’Università di Pavia e al Poliestetico di Milano.
«Un’accusa pesante, che ha subito iscritto i due ingredienti nell’elenco dei cosiddetti CMR (acronimo di Cancerogeno, Mutageno e tossico per la Riproduzione). Insomma, gli smalti incriminati non potranno essere più venduti e usati, anche se già acquistati dal singolo studio di nail care. Compito della cliente è pretendere che l’estetista utilizzi soltanto smalti TPO-free e DMTAfree, controllando attentamente l’inci, cioè l’elenco delle sostanze presenti in un prodotto cosmetico, riportate in ordine decrescente. Una precauzione obbligatoria onde evitare effetti cumulativi sulla salute di chi applica lo smalto alle unghie delle mani e dei piedi 365 giorni all’anno».
Un conto, infatti, è dedicarsi a manicure e pedicure durante la stagione estiva, un altro è applicare costantemente sulle unghie sostanze chimiche che, come è emerso dagli ultimi studi, sarebbero persino tossiche e cancerogene.
Per unghie sane, non accanirti sulle pellicine
Unghie belle sì ma non a ogni costo. La salute è nelle tue mani e d’ora in poi dovrai prestare attenzione a chi ti affidi, onde evitare che il nail studio sotto casa continui a utilizzare fondi di magazzino, nonostante lo stop alle due molecole imposto in tutta Europa. Ma quali sono le regole d’oro per una manicure sicura?
«Spesso vedo pazienti che hanno subìto manicure e pedicure troppo aggressive, che hanno rimosso completamente la pellicina bianca alla base dell’unghia. Ed è un’errore perché questa svolge un’importante funzione protettiva in quanto preserva la matrice ungueale dalla penetrazione di virus, funghi e batteri», avverte il professor Antonino Di Pietro, direttore dell’Istituto Dermoclinico di Milano, autore del libro Cambia Pelle. I Segreti della rigenerazione e della skinlongevity per una bellezza naturale (Sperling & Kupfer, 18,90 €).
«Privata della sua barriera protettiva, l’unghia è più soggetta a verruche da virus herpetici, a infezioni batteriche da Streptococchi e Stafilococchi (il famoso “giradito”) e da onicomicosi da Candida, frequente in ogni stagione. Quindi, ok a rimuovere le cuticole, cioè le pellicine bianche, ma solo quelle eccedenti, senza indulgere a tagli radicali per non favorire l’ingresso di germi e sporcizia». Anche la rimozione dello smalto dev’essere delicata, sia che impieghi solventi sia che venga eseguita meccanicamente, grazie a una fresa elettrica pronta a far saltare, punto per punto, il vecchio colore, come avviene per la rimozione del semipermanente.
«Solventi chimici troppo aggressivi, dall’acetone in poi, depauperano l’unghia del suo film protettivo rendendola fragile e porosa, e perciò più facile a rompersi o scheggiarsi», prosegue Di Pietro. «Ma alterazioni ungueali si hanno anche con la rimozione meccanica a opera di frese elettriche che non solo assottigliano l’unghia ma possono anche provocare microtraumatismi e alterazioni alla matrice ungueale. Così rischia di crescere storta, sottile o screziata di venature biancastre».
Insomma, la parola d’ordine è delicatezza, tenendo ben presente che anche gli smalti, come tutti i cosmetici, possono causare delle dermatiti allergiche da contatto (vescicole rosse con prurito, desquamazione e crosticine) nelle donne che hanno una pelle particolarmente sensibile e reattiva.
Programma dei periodi di pausa, senza smalto
Altro consiglio prezioso? Anche se sei una “nail addicted”, ricordati che l’unghia è nata libera e che è consigliabile prevedere un periodo di riposo, cioè senza smalto, per 3-4 mesi all’anno. Non tanto perché, come pensano in molti, deve “respirare” dal momento che è formata da cheratina, cioè una proteina non vitale del nostro corpo, bensì perché la luce svolge un ruolo determinante nel mantenerla forte e sana.
«Gli smalti dalla texuture ricca e coprente impediscono al letto ungueale, su cui appoggia l’unghia, di assorbire la giusta quantità di luce solare, necessaria a un corretto metabolismo cutaneo», conclude Antonino Di Pietro. «Meglio approfittare della stagione invernale, a scarpe chiuse, per lasciare un po’ le unghie al naturale. Finalmente libere da gel acrilici che le ricoprono come una spessa vernice».
Le due sostanze vietate
Sono due le sostanze presenti negli smalti vietate dalla UE. Eccole in dettaglio:
• TPO (trimethylbenzoyl diphenylphosphine oxide)
È un fotoiniziatore, cioè serve a fissare lo smalto sotto le lampade ultraviolette. Durante la polimerizzazione, può rilasciare composti reattivi che non solo agiscono da interferenti endocrini, con riflessi negativi sugli organi riproduttivi e sulla fertilità, ma possono danneggiare il DNA cellulare, spianando la strada a tumori di diversa natura.
• DMTA (dimethyltolylamine)
È un coadiuvante/condizionante, inserito negli smalti per migliorare l’adesività del gel all’unghia. Viene definito “tossico per la riproduzione” perché, negli animali da laboratorio, ha dimostrato di compromettere la fertilità. Inoltre, aumenta il rischio di malformazioni e di danni allo sviluppo neurologico del feto. Oltre a essere un pericoloso interferente endocrino, col tempo può danneggiare in maniera irreversibile il DNA, alterando i processi cellulari con conseguente rischio mutageno.
