La chef Bowerman: perché amare la cucina anche se è routine

Chef stellata dal ciuffo rosa, Cristina Bowerman ci racconta da dove nasce il suo amore per la cucina. E come mantenere viva questa passione, anche se siamo ai fornelli tutti i giorni



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Cristina Bowerman, 53 anni, celebre chef stellata e presidente dell’Associazione italiana Ambasciatori del Gusto, è un vulcano: di interessi, slanci, esperienze. Con la passione della cucina in testa, il titolo accademico in tasca e diversi passaggi professionali, oggi è la “firma” della cucina del Glass Hostaria, ristorante a Trastevere, Roma. Da questa postazione, si racconta a Starbene. E svela alle lettrici come continuare ad amare la cucina anche quando diventa una routine quotidiana.


Che gusto ha per te la cucina?

Un sapore di casa. Vengo dal Sud, dove il tema principale di conversazione è il cibo. Nella mia famiglia, poi: al mattino si parla di quello che si prepara la sera, la sera di quello che si mangerà il giorno dopo. Sono cresciuta in mezzo ai fornelli, insomma: anche da ragazza, ero sempre quella che cucinava per gli amici. La trasformazione in professione è arrivata negli Usa: lì, in anticipo sull’Italia, l’arte culinaria era già una “scienza”. Da studiare seriamente, come ho fatto. E continuo a fare.


Un salto di qualità. Ora, gli chef hanno un volto diverso

Prima il cuoco era solo un lavoratore manuale, adesso ha una serie di skills che vanno oltre le doti culinarie o la forza fisica: non è più l’energumeno che solleva sacchi di farina o pentoloni da 20 chili! Se guardo me stessa, mi dico: “troverò sempre qualcuno che spadellerà meglio di me, però dalla mia parte ho capacità organizzative, imprenditoriali, parlo tre lingue, uso i social da trent’anni”. Più in esteso, fare lo chef è una professione a tutti gli effetti, che richiede istruzione, cultura, aggiornamento, capacità di ascolto e di confronto con tutta la comunità che ci circonda. Come Ambasciatori del Gusto, per esempio, siamo impegnati in prima linea a promuovere e veicolare il patrimonio enogastronomico italiano in tutto il mondo.


235240Qual è l’ingrediente principale per “sfondare”?

Passione, e ancora passione. Il successo, per me, non s’identifica con la popolarità ma con la realizzazione personale. Questa è la base per essere felici. La spinta che viene dal cuore è il filo conduttore della mia vita professionale, da sempre. Su questa scia, ho cambiato ben tre volte carriera. E non è detto che mi fermi qui, in cucina.


Il tuo lavoro è il manifesto della tua personalità, quindi?

Negli ultimi quindici anni, cucinare ha rappresentato il modo migliore per esprimermi: sono una persona curiosa, con tanti interessi, instancabile viaggiatrice. Mi sento una figlia del mondo, che non conosce confini. Anche le mie proposte culinarie sono “contaminate” come me, un miscuglio di territori, tradizioni, ricordi diversi. Sembro un aratro, mi porto dietro tutto quello che imparo: in ogni posto che vado, provo a scoprire nuovi ingredienti, nuove tecniche di preparazione e di cottura. Faccio almeno un corso all’anno, per imparare a fare il green curry o il pastrami, per esempio. E travaso gli spunti etnici nei piatti tipici della nostra cultura.


Intensità, sensibilità, dinamismo. C’è da incantarsi. Ma per tante donne, mettere insieme pranzi e cene è spesso una fatica, di cui farebbero volentieri a meno...

Come le capisco! C’è una bella distinzione tra obbligo e passione. Il piacere di cucinare si nutre di tempo di qualità e atmosfere rilassate: musica di sottofondo, un buon bicchiere di vino accanto ai fornelli, concentrazione che ispira la preparazione. Ma quando succede nella routine? Mai. Anche oggi le donne devono “mettere a tavola” marito e figli tutti i sacrosanti giorni, e intanto portare avanti lavoro, casa, famiglia. Ma cucinare con queste pressioni è solo uno stress.


Se non fosse solo impegno e obbligo, le cose in cucina potrebbero andare meglio?

Fare da mangiare è un’attività che ha radici emotive profonde. Scoprirle aiuta ad andare oltre lo sforzo della routine quotidiana. Perché servire i “nostri piatti” rappresenta il momento più intenso di relazione interpersonale. Accorcia le distanze tra l’uno e l’altro, è quanto di più vicino a un bacio. In fondo, i legami più importanti, tra uomo e donna, tra genitori e figli, tra amici non si creano quando si sta a tavola ma quando si cucina per un altro. È come dirgli: “ho fatto qualcosa di unico e specifico per te”.


Oltre al dovere, c’è anche il piacere, sembra di capire...

Per noi stessi, innanzitutto. A differenza di altri lavori, stare ai fornelli regala gratificazioni immediate che ri-pagano in modo concreto dagli sforzi fatti: si vede subito il risultato finale, e ciò riempie d’orgoglio per avere creato qualcosa dal nulla. L’altra soddisfazione ce la danno i nostri commensali, che abbiamo fatto felici con quel primo o quell’arrosto. Il cibo è veicolo d’amore, generosità, condivisione, soddisfazione sensoriale.


Ma non si finisce per mangiare troppo?

Ah il cibo, amico e nemico delle nostre vite. Tutti ne parlano, e non mi sorprende. È lo strumento più comune e facile di conversazione, a qualsiasi latitudine. Intanto, lo demonizziamo, presi dalla paura d’ingrassare. Così, ci ritroviamo sempre in bilico tra tentazione e ansia: lo faccio o non lo faccio il dolce? E se poi m’abbuffo? È un paradosso: ci preoccupiamo di mangiare meno, ma non meglio. In realtà, cucinare ti porta a non esagerare: già durante la preparazione abbiamo soddisfatto il senso olfattivo e visivo, e questo regola l’appetito. Io che passo le giornate in cucina mangio solo quando ho fame, una volta la giorno!


Una curiosità: tu prepari per la tua famiglia? Sì, per mio figlio Luca, 13 anni, ma solo il giorno di riposo, il lunedì. E lo faccio volentieri perché è un momento di confronto tra generazioni: tengo sempre conto dei consigli di un ragazzo nelle mie sperimentazioni. Durante il lockdown, però, ci siamo scatenati. Abbiamo fatto anche un picnic in salotto, dall’insalata di pollo ai sandwich.


Dinamica, eclettica, controcorrente in tutto. Anche nei capelli, sei fedele a te stessa...

Li ho fatti di tutti i colori, a seconda dell’estro del momento. Ora sono rosa, un colore-simbolo per me: mi ricorda che il peggio - una malattia grave - è alle spalle. E che non ha condizionato la mia vita. Certo, a 53 anni, questa tinta può essere assurda per qualcuno. Ma non ci rinuncio. Uno si deve sentire a proprio agio con se stesso, e io lo sono. Sempre.



ANCHE I CUOCHI SONO STRESSATI

Fare lo chef stanca, e molto. «Per le tante ore di lavoro, i ritmi veloci, gli spazi ristretti e caldi in cui ci si muove», spiega Cristina Bowerman. «In più, tra noi ora c’è una gara tra chi è più bravo, premiato e sondato dai media. In soldoni, siamo sottoposti a un continuo esame su noi stessi e la nostra autostima. Tutti fattori che pesano sul benessere psicofisico degli individui.

Per combattere lo stress, l’associazione italiana Ambasciatori del Gusto, di cui sono presidente, ha avviato con l’Ordine degli psicologici del Lazio un progetto inedito per aiutare gli operatori del settore della ristorazione: porterà alla stesura di un vademecum di consigli per prevenire le difficoltà della categoria, oltre a un servizio di consulenza psicologica gratuita per gli associati».


I CONSIGLI DI CRISTINA BOWERNAM PER CUCINARE IN RELAX TUTTI I GIORNI

  • Facciamo una piccola “rivoluzione” in casa: basta stare sempre in prima linea. Coinvolgiamo in cucina anche il partner e i figli adolescenti. Sapere che sono autonomi, è un sollievo che non ci obbliga a sfiancanti gimkane quando dobbiamo (o vogliamo) fare altro.
  • Prepariamo piatti in quantità per conservarli in freezer. Così, cuciniamo una volta sola con il vantaggio di avere già tutto pronto. Senza scervellarci su cosa mangiare tutti i giorni.
  • Organizziamo la dispensa: farina, olio, sale, pepe, aglio, cipolla e peperoncino non devono mai mancare. Con questi possiamo fare tanti (e facilissimi) piatti, anche all’ultimo momento
  • Stabiliamo ogni giorno il menu in base a ciò che c’è in frigo e a chi c’è ai pasti. Per giocare d’anticipo sugli eventuali acquisti e sulle richieste dei familiari. E contro irritanti sorprese a tavola.
  • Semplifichiamoci la vita, a partire dalla spesa: invece di fare il giro dei super alla ricerca delle offerte, compriamo meno ma comodo. Con pochi euro in più, tutto quello che ci serve arriva direttamente a casa con un click o un’unica uscita. E lo stress s’abbassa.


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Articolo pubblicato sul n. 18 di Starbene, in edicola e nella app dal 26 maggio 2020


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