Si chiama BMT, Biomarkers Test, e si tratta di un esame veloce e indolore che consiste in un piccolissimo prelievo capillare, eseguito col pungidito sulla punta del polpastrello. Basta qualche goccia di sangue, infatti, per analizzare quella che oggi è al centro di continue scoperte: l’infiammazione da cibo.
«Questo test misura il livello di infiammazione causato da certi alimenti, diversi da persona a persona», spiega la dottoressa Francesca Alcaro, titolare della Farmacia Alcaro di Catanzaro. «Continuando a consumare, senza saperlo, alimenti che infiammano la mucosa gastro-intestinale, si instaura una forma di intolleranza che porta a gonfiore addominale, stipsi, sindrome del colon irritabile (quella che un tempo veniva chiamata colite spastica e che prevede l’alternanza di stipsi e diarrea), meteorismo, cefalea post-prandiale, ma anche sovrappeso e resistenza periferica all’insulina, l’anticamera del diabete. L’infiammazione cronica dei villi intestinali, infatti, provoca mal assorbimento dei nutrienti e un cattivo metabolismo degli zuccheri».
COSA SI LEGGE IN UNA GOCCIA DI SANGUE
Il nuovo test misura la concentrazione di due biomarkers importantissimi, chiamati PAF e BAFF. Ovvero due citochine infiammatorie, che aumentano quando introduciamo dei cibi mal tollerati dal nostro organismo. «Mettendo a contatto il sangue del paziente con gli antigeni (proteine responsabili dell’infiammazione) di oltre cento alimenti, divisi per gruppi alimentari (come la carne, i formaggi, i cereali, i legumi ed altri ancora) è possibile testare la reazione individuale grazie al dosaggio di PAF e BAFF», spiega la dottoressa Alcaro. «Se a contatto con certi alimenti queste citochine si impennano, significa che l’organismo reagisce con una risposta infiammatoria.
In genere, i cibi a maggior reattività sono il latte, il frumento, il cioccolato, il lievito di birra, i pomodori e i formaggi fermentati ma leggendo il referto notiamo che molte persone risultano sensibili ad alimenti al di sopra di ogni sospetto come il farro o le patate».
TANTI SPUNTI PER UNA DIETA PERSONALIZZATA
L’esito, che viene consegnato dopo 7-10 giorni, non si limita a segnalare i prodotti finiti nella black list. Per ognuno di questi viene suggerita una valida alternativa (per esempio, se sei intollerante al latte vaccino puoi bere il latte di soia, di avena o di riso), corredata da una dieta a rotazione e da tabelle settimanali.
In base a quanto si sono impennate le due citochina-spia, alcuni cibi vengono totalmente eliminati per un mese mentre per altri è consentito un “pasto libero” alla settimana, in cui si mangia di tutto ma solo per un giorno. Terminato il mese di divieti e restrizioni, mirato a sfiammare l’intestino e “sgonfiare” la pancia, i “cibi no” vengono gradualmente reintrodotti secondo uno schema a rotazione consegnato insieme al referto.
«Scopo del BMT non è quello di prescrivere diete punitive, ma di recuperare la tolleranza al cibo e il controllo immunologico del proprio intestino attraverso un profilo alimentare altamente personalizzato», conclude Francesca Alcaro. «Profilo che dovrebbe essere la base per pianificare ogni regime dietetico che funzioni davvero».
Il costo del BMT va 120 a 149 euro, a seconda delle farmacie che lo propongono ai propri clienti.
22 febbraio 2016
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