Home restaurant, la mia casa è un ristorante

La moda dell’home food è arrivata anche da noi. Siamo andati a cercarne i pregi e abbiamo scoperto anche qualche difetto



di Valeria Ghitti

Annouka, è il nome “d’arte” su Facebook, condivide la cena con un gruppetto di ospiti nella sua casa di Torino. Dopo il passaggio in auto o il posto per dormire in casa, l’economia della condivisione (sharing economy) tocca anche il posto a tavola: sono sempre di più le persone che organizzano pranzi e cene a casa propria, aprendo a ospiti sconosciuti e paganti.

Un fenomeno (etichettato in vari modi, come food sharing, social eating, ma anche home food e home restaurant) che non poteva non trovare terreno fertile in un Paese come il nostro, dove a una forte tradizione enogastronomica si unisce la passione per la convivialità: Gnammo, una delle maggiori community italiane del settore, è attiva dal 2012 e conta già oltre 102 mila membri, più di 6800 eventi realizzati in quasi 1400 località e 10 mila ospiti serviti.


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PRENOTAZIONE ON LINE

Sia che tu voglia ospitare o essere ospitato, devi iscriverti, gratuitamente oppure versando una quota, a una delle tante piattaforme dedicate. Ogni sito ha le proprie regole ma in genere chi riceve fissa data, menu, prezzo, numero di commensali (mediamente 6-10) e pubblica il proprio evento. A chi vuole partecipare non resta che scorrere le cene in calendario e scegliere. «Nella nostra community è il “cuoco” ad approvare o meno la prenotazione leggendo il profilo degli iscritti all’evento e, solo in un secondo momento, comunica l’indirizzo di casa. Sia chi organizza sia chi è ospitato ottiene poi commenti e voti di feedback che ne costruiscono la reputazione», spiega Walter Dabbicco, cofondatore di Gnammo.

TANTA PASSIONE PER IL BUON CIBO

«Dietro il fenomeno dell’home food c’è la voglia di diffondere le nostre tradizioni e le nostre specialità culinarie», scrive in una nota Daniela Chiappetti, presidente della neonata associazione Home Restaurant Italia (homerestaurantitalia. it).

anche il progetto Le Cesarine è nato con l’intento di custodire e diffondere il patrimonio di sapienza e cultura nascosto nelle mille ricette della cucina regionale. Ciò non toglie che poi chi si mette ai fornelli possa proporre menu vari, anche etnici o tematici: ce n’è quindi per tutti i gusti.

MOLTA VOGLIA DI SOCIALIZZARE

Conoscere persone nuove in un’atmosfera diversa, godere della convivialità e del piacere di stare insieme in una innovativa forma di condivisione. È il vero segreto del successo di questo trend, come testimonia Roberta Zennaro, tecnologa alimentare e blogger, che ne è stata da poco conquistata: «Apprezzo la possibilità di fare nuove amicizie in un ambiente più informale rispetto al ristorante: ci si diverte di più, in teoria spendendo meno».

I prezzi in realtà sono di solito liberi e stabiliti da chi organizza l’evento: se mediamente si spendono 20-40 € a persona, non mancano proposte esclusive (dipende dal cibo e dalla location) a 150 € a testa ed altre, volutamente low cost, a 6 €. In alcuni casi si paga in anticipo e online, in altri a fine cena. A volte è previsto che chi è ospitato porti da bere.

REGOLE NON CHIARE E POCO CONDIVISE

Il Ministero dello sviluppo economico lo scorso aprile ha pubblicato una risoluzione in cui assimila gli home restaurant alle altre attività di somministrazione di alimenti e bevande. In pratica chi ne vuole aprire uno deve compiere una serie di adempimenti previsti dal decreto legge 59 del 2010, tra cui consegnare al Comune la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e aver seguito un corso professionale specifico.

Ma quello del Ministero è un parere non vincolante. La community di Gnammo distingue tra home restaurant veri e propri, ossia ristoranti in case private in cui «si tengono eventi abitualmente, con organizzazione imprenditoriale», che dovrebbero sottostare al parere ministeriale, da altri di social eating occasionali e per poche persone, considerati alla stregua di cene tra amici che si dividono le spese. Ma non tutti sono d’accordo.

IL PROBLEMA DEI RISCHI

«Non si può prescindere dall’applicazione del “Pacchetto igiene”, un gruppo di regolamenti europei del 2004, che prescrivono la registrazione presso la ASL di ciascun operatore, il quale deve garantire la sicurezza alimentare anzitutto mediante l’HACCP (un sistema di analisi e controllo dei rischi potenziali nelle varie fasi della lavorazione)», è il parere dell’avvocato Dario Dongo, specializzato in diritto alimentare.

«L’adozione di buone pratiche igienicosanitarie è prescritta anche nei contesti volontaristici, come le mense caritatevoli, e nelle manifestazioni estemporanee, comprese le sagre. Proprio perché la sicurezza del cibo è alla base della salute».

COMMUNITY E NETWORK MADE IN ITALY

gnammo.com: una delle community di social eating più famose. Fino al 31 di questo mese sosterrà la raccolta fondi per l’associazione Libera di don Ciotti, proponendo piatti di spaghetti prodotti con il grano coltivato nei terreni confiscati alle mafie

ceneromane.com: il network degli home restaurant della Capitale, aperto solo a viaggiatori e turisti

homefood.it: progetto nazionale delle Cesarine che vanta la collaborazione dell’Università di Bologna

newgusto.com: il network di home restaurant nato in Italia ma ormai diventato internazionale

peoplecooks.it che offre pasti low cost soprattutto a lavoratori e studenti fuori sede

IN ATTESA DI NORME PRECISE, FATTI GUIDARE DAL BUON SENSO

1) Preferisci chi opera in maniera trasparente, per esempio accettando pagamenti “tracciati” (se è attento agli aspetti fiscali probabilmente lo sarà anche a quelli della sicurezza). Diffida invece di chi banalizza la necessità di stabilire regole precise. E leggi bene le info delle community: alcune pretendono corsi di sicurezza alimentare per i propri “cuochi”. «In ogni caso chiedi direttamente a chi ospita se ha una formazione “professionale” e un’assicurazione a tutela di terzi, non obbligatoria ma utile», suggerisce il nostro tecnologo alimentare Giorgio Donegani.

2) Scegli non solo in base al menu. Leggi i commenti lasciati dagli altri utenti sulle community. «E poi controlla anche con i tuoi occhi le condizioni igieniche dei locali, della cucina e del frigorifero della persona che ti ospita», aggiunge Donegani.

3) Soffri di allergie alimentari? «Meglio evitare gli home restaurant perché, anche con le migliori intenzioni, il pericolo di contaminazioni crociate da allergeni è elevato», avverte il tecnologo alimentare.

4) Attenta infine al consumo di conserve casalinghe: «Fatti spiegare come sono state preparate e se non ti senti rassicurata non consumarle: sono tra i prodotti più a rischio di tossinfezioni e intossicazioni, un’evenienza non rara in ambito domestico», conclude Donegani.

Articolo pubblicato sul n° 43 di Starbene, dal 13 ottobre 2015 in edicola

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