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Dolore all’anca: quando serve la chirurgia

Il dolore all’anca viene spesso confuso con fastidi localizzati al fianco, ma quando coinvolge davvero l’articolazione si manifesta in profondità, a livello inguinale, compromettendo i movimenti più semplici. Come riconoscere i segnali e intervenire al momento giusto



Quando si parla di anca dolorosa, viene spontaneo pensare alla parte laterale della coscia, in corrispondenza del fianco. In realtà, l’articolazione dell’anca – quella che collega il bacino al femore e ci permette di camminare, correre, saltare e compiere una vasta gamma di movimenti – si fa “sentire” in modo diverso. Quando soffre, il dolore parte dall’inguine, irradiandosi talvolta verso la coscia interna o la parte anteriore della gamba, determinando la cosiddetta pubalgia.

Quando l’anca non c’entra

La comparsa di un dolore nella parte laterale della coscia, in corrispondenza del fianco, interessa il trocantere, una sporgenza ossea del femore dove si inseriscono diversi muscoli e tendini. «Questo fastidio non ha nulla a che vedere con l’articolazione dell’anca», spiega il professor Alessandro Massè, direttore di Ortopedia e Traumatologia dell’AOU Città della Salute e della Scienza-CTO di Torino e membro del comitato scientifico della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia.

In quella sede, il problema è quasi sempre tendineo o infiammatorio, non articolare. «La condizione più comune è la borsite trocanterica, una patologia infiammatoria della borsa sierosa che si trova sopra il trocantere, oppure una tendinite dei muscoli pelvitrocanterici», specifica l’esperto. «Queste strutture muscolari, fondamentali per la stabilità e i movimenti del bacino, sono particolarmente esposte a sollecitazioni, soprattutto nelle donne».

Proprio la particolare biomeccanica femminile – con un bacino più ampio e angolazioni diverse nella distribuzione del peso – rende queste infiammazioni molto frequenti nel sesso femminile. Si tratta però di disturbi benigni, che pur essendo fastidiosi non minacciano la funzionalità articolare e raramente richiedono interventi invasivi.

Quando è colpa dell’anca

Al contrario, quando il problema riguarda realmente l’articolazione dell’anca, il dolore si localizza soprattutto a livello dell’inguine. Si tratta di un dolore profondo, spesso intenso e difficile da ignorare, perché coinvolge una struttura articolare complessa, fondamentale per sostenere il peso del corpo e consentire movimenti quotidiani essenziali: camminare, sedersi, salire le scale, e persino compiere gesti semplici come infilare un paio di calze.

In una fase iniziale, il dolore può presentarsi in modo intermittente, ma tende progressivamente a diventare più costante oppure a intensificarsi durante determinati movimenti. Con il tempo, si manifesta anche una limitazione funzionale: attività comuni come allacciarsi le scarpe, tagliarsi le unghie dei piedi o salire in auto diventano sempre più difficoltose. Per riuscire a compierle, la persona è spesso costretta a mettere in atto movimenti innaturali, veri e propri “contorsionismi”, nel tentativo di aggirare il disagio.

Quali sono le cause dell'anca dolorosa

La causa più frequente di anca dolorosa è l’artrosi, una patologia degenerativa che colpisce la cartilagine, quel sottile strato di tessuto liscio e resistente che riveste le superfici articolari e permette il movimento fluido tra le ossa. «Con l’avanzare dell’età, questo rivestimento tende a deteriorarsi: si assottiglia, si consuma e perde la sua funzione protettiva, provocando così dolore», descrive il professor Massè. «L’artrosi può essere vista come un processo di invecchiamento precoce e localizzato dell’articolazione. È come se una parte del corpo iniziasse a invecchiare più in fretta rispetto al resto del corpo».

Tuttavia, l’artrosi non è solo una questione anagrafica. Anche i più giovani possono esserne colpiti, sebbene per ragioni differenti. In molti casi, all’origine c’è un’imperfezione anatomica: piccole malformazioni congenite dell’articolazione che, da sole, potrebbero non dare sintomi ma sotto stress – ad esempio per attività sportiva intensa, sovrappeso, movimenti ripetitivi o incongrui – iniziano a provocare attriti anomali. E dove c’è attrito continuo, l’usura si manifesta prima del tempo.

Esistono poi malattie che colpiscono le articolazioni sane. Un esempio è la psoriasi: comunemente considerata solo una malattia della pelle, in realtà è una patologia autoimmune che può aggredire anche la cartilagine. Curiosamente, per motivi ancora poco chiari, tende a coinvolgere sia l’anca sia il ginocchio.

Nella maggior parte dei casi, comunque, la causa non è unica, ma multifattoriale: uno stile di vita sedentario ma accompagnato da momenti di sport intensi, un’alimentazione scorretta, un aumento generalizzato del peso corporeo. Tutti elementi che, se combinati con una conformazione imperfetta dell’anca, finiscono per minare la salute articolare nel tempo.


Come si diagnostica l'anca dolorante

La diagnosi di anca dolorante si basa innanzitutto su una valutazione clinica, attenta e accurata. L’esame obiettivo può fornire indicazioni preziose, ma il passo successivo è sempre una radiografia, a cui possono seguire esami più approfonditi come la risonanza magnetica o la TAC, in base alla situazione.

Una volta individuata la causa, il trattamento deve essere personalizzato, tenendo conto dell’età del paziente, del livello di dolore e della limitazione funzionale. L’obiettivo non è soltanto eliminare il dolore, ma restituire una buona qualità di vita, in modo duraturo.


Come si cura l'anca dolorante

Nei soggetti più giovani, una diagnosi precoce è fondamentale, perché consente di intervenire tempestivamente per arrestare o correggere il danno articolare. A seconda del caso, è possibile ricorrere a trattamenti farmacologici, programmi di attività fisica mirata o, in situazioni selezionate, a interventi chirurgici.

«In alcuni casi, questi interventi vengono effettuati già in età pediatrica», sottolinea l’esperto. «Alcune patologie congenite o gravi anomalie morfologiche possono manifestarsi precocemente e richiedere trattamenti strutturati fin dall’infanzia».

In questi contesti si ricorre spesso alla chirurgia conservativa, il cui obiettivo è preservare l’articolazione, correggendone l’anatomia e prevenendo l’usura precoce. Si tratta di un insieme di procedure che variano per complessità e grado di invasività: dalle artroscopie, meno invasive e utilizzate per trattare lesioni circoscritte, fino a interventi più complessi come le osteotomie, che prevedono il taglio e il rimodellamento dell’osso per ristabilire una corretta conformazione dell’anca e migliorarne la funzionalità nel tempo.

Quando il danno articolare diventa irreversibile, invece, l’unica soluzione possibile è la sostituzione dell’articolazione con una protesi. «Tuttavia, questo tipo di intervento va rimandato il più a lungo possibile», spiega il professor Massè. Il motivo è chiaro: sebbene le protesi di ultima generazione abbiano una lunga durata, anche superiore a vent’anni, nei pazienti giovani esiste il rischio concreto che si renda necessario un secondo intervento nel corso della vita.

Tra la riparazione precoce e la sostituzione protesica esiste però una fase intermedia, una sorta di “zona grigia”, in cui l’articolazione è danneggiata ma non ancora al punto da richiedere un impianto. In questi casi si può ricorrere a terapie conservative, come le infiltrazioni intra-articolari con farmaci antinfiammatori o acido ialuronico, che aiutano a ridurre il dolore, migliorare la mobilità e mantenere una buona qualità di vita. Questi trattamenti, seppur non risolutivi, permettono spesso di posticipare interventi più invasivi e di preservare a lungo la funzionalità dell’anca.

Quando il dolore all'anca “accelera”

Uno degli aspetti più insidiosi dell’artrosi dell’anca è la sua evoluzione imprevedibile. In molti casi, la progressione è lenta e quasi impercettibile, tanto da far sembrare il disturbo sotto controllo. Poi, improvvisamente, il dolore accelera: nel giro di pochi mesi può diventare costante, intenso, limitante. «Il paziente si accorge che, di mese in mese, la situazione peggiora», sottolinea il professor Massè. «E quando questo accade, attendere non ha più senso: è il momento di agire».

Riconoscere i segnali in tempo, affidarsi a specialisti competenti e intervenire in modo mirato può fare la differenza tra una vita limitata dal dolore e una vita ancora attiva, autonoma e in movimento. «Perché il vero obiettivo, oggi, non è solo curare l’artrosi dell’anca, ma farlo nel momento giusto e con il trattamento più adatto», conclude l’esperto, «per restituire libertà di movimento a ogni età».



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