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Sindrome di Lynch, il progetto su una condizione trascurata

Mutazione genetica che aumenta in modo importante il rischio di tumori, è ancora poco nota. Il progetto Pro-Lynch promosso da Fondazione Mutagens vuole accendere la luce

Foto: iStock



La sindrome di Lynch è poco nota, eppure riguarda circa 215.000 persone in Italia. E aumenta in modo importante il rischio di tumori al colon retto, all'endometrio e ad altri organi, spesso anche in età giovane.

Per questo il progetto Pro-Lynch promosso da Fondazione Mutagens, ente del terzo settore che supporta pazienti con sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori, vuole puntare i riflettori su questa condizione genetica ereditaria altamente impattante sulla salute.


Il progetto, realizzato in partnership con F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e con la sponsorship di GSK (GlaxoSmithKline), si articola in una serie di azioni coordinate, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni e a restituire centralità alle persone con sindrome di Lynch.

Elemento centrale del progetto è la survey nazionale, che ha coinvolto centinaia di portatori sani e pazienti oncologici, per fotografare in modo accurato i bisogni, le aspettative e le criticità legate alla gestione clinica e alla qualità della vita. I risultati confluiranno in un position paper, in uscita a settembre, che oltre ai dati emersi evidenzierà anche le principali lacune normative e amministrative che impattano sulla qualità della vita dei portatori della sindrome di Lynch.

Il documento sarà sottoposto alle istituzioni sanitarie nazionali e regionali, con l’obiettivo di promuovere un miglioramento concreto della presa in carico, a partire dall’inserimento del test universale reflex per la diagnosi della sindrome nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

L’indagine ha coinvolto non solo gli iscritti alla Fondazione Mutagens, ma anche i membri dell’associazione APTEAD (Associazione Pazienti Tumori Ereditari Apparato Digerente) e i pazienti in carico ad alcuni centri nazionali di eccellenza, tra cui l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’IFO Regina Elena e il Policlinico Gemelli di Roma, l’Ospedale S. Anna Città della Salute di Torino.

Il profilo dei partecipanti evidenzia una netta prevalenza femminile (78%), con una concentrazione maggiore nella fascia d’età over 40 (63%) e un’ampia rappresentanza dal Nord Italia (48%). La maggior parte dei rispondenti vede la propria condizione principalmente come un rischio e una fonte di preoccupazione, con notevoli differenze in base al sesso e all'età. Le donne (63%) tendono a percepirla come un rischio, mentre gli uomini (54%) specialmente i più giovani (80%) la vedono come un'opportunità di prevenzione e diagnosi precoce.

Dalle risposte emerge con forza un bisogno urgente e ancora poco soddisfatto di informazione, accesso equo ai servizi e supporto concreto nella gestione della malattia. Il 42% degli intervistati, ad esempio, segnala difficoltà ad accedere ai test genetici, a causa della scarsità di informazioni e della mancanza di strutture adeguate.

«La sindrome di Lynch è figlia di un dio minore: tra le sindromi ereditarie oncologiche è spesso dimenticata», dice Salvo Testa, presidente della Fondazione Mutagens. «Con questo progetto vogliamo portarla al centro dell’attenzione istituzionale, affinché il test genetico diventi un diritto garantito per tutti, e si colmi il divario esistente con altre condizioni genetiche oggi più tutelate».


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