di Giorgia Martino
Primordiale, istintiva, innata, la musica ci accompagna già nell’utero materno, considerati i vari studi che dimostrano come il feto reagisca positivamente alle melodie ascoltate dalla sua mamma. A volte basta sentire una canzone per sbloccare un pianto represso o per provare felicità e motivazione, così come un suono ripetitivo può snervarci o farci addormentare. La natura ha i suoi suoni, gli animali hanno richiami spesso molto simili a canti, lo stesso Universo ha la sua musica.
Di fronte alla totale naturalezza di questa forma espressiva, non possiamo sorprenderci del fatto che la musica abbia un forte potere curativo e riabilitativo per la nostra anima e il nostro corpo. La musicoterapia non è cosa nuova: uno dei primi testi al riguardo si fa risalire al 1748, a opera di Louis Roger, medico di Montpellier, che affrontò gli effetti della musica sul corpo umano.
A oggi, esistono varie scuole di formazione e specializzazione, aperte a esperti di vario genere, come educatori, psicologi, neuropsicomotricisti, musicisti. Da ciò si deduce quanto sia ampio il raggio d’azione di questa importante terapia espressiva.
Psicoterapia e musicoterapia
La musicoterapia, curando anche la nostra parte emotiva, è correlata alla psicoterapia, ma con le dovute differenze: «Le due discipline hanno entrambe finalità terapeutiche nell’ambito della psiche umana, e sono entrambe terapie relazionali», afferma la dottoressa Sara Tilli, psicologa psicoterapeuta e musicoterapista a Roma. «Dunque possono essere integrate, ma non vanno confuse: il musicoterapista è un operatore, per ora in Italia non ancora riconosciuto come "sanitario" rispetto a uno psicologo, sebbene possa operare anche in ambito riabilitativo e sanitario, ma deve necessariamente partecipare a un'équipe in cui sono presenti medici, psicologi o altre figure che operano in quello specifico ambito sanitario o riabilitativo.
Perché la musiterapia è efficace
Cosa rende la musicoterapia così potente dal punto di vista terapeutico? «La correlazione tra musica ed emozioni non è certo una scoperta moderna. Le prime ipotesi risalgono a Platone, fino alle ultime ricerche della psicologia sperimentale, sostenute dalle tecnologie di misurazione dell’attività cerebrale delle neuroscienze», spiega la Tilli. «Il musicale risulta un contesto particolarmente funzionale per esprimere le proprie emozioni e attivare elaborazioni cognitive. Lontano dal pragmatismo del linguaggio verbale, il contesto musicale corrisponde maggiormente alla natura più istintiva ed emozionale dell’essere umano».
Ma occhio al concetto di musicale, come ci spiega la nostra esperta: «Quando si usa il termine musica in un contesto di musicoterapia, esso è utilizzato come sinonimo di qualsiasi suono, percepibile e non, dall’apparato uditivo, cogliendone anche gli aspetti correlati al movimento e al ritmo».
Quali patologie si curano con la musicoterapia
Il ventaglio di pazienti che può beneficiare della musicoterapia è ampio e variegato, con le dovute personalizzazioni del percorso terapeutico, in base agli obiettivi che si vogliono raggiungere e alla patologia di partenza. La nostra esperta, infatti, afferma che la musicoterapia può intervenire:
- A scopo educativo e socializzante nei laboratori espressivi scolastici
- Nei corsi pre-parto e in gravidanza
- Come sostegno al normale invecchiamento
- Nei centri di riabilitazione per disabilità varie
- Nei centri di salute mentale
- Nei centri di assistenza anziani
- Nei reparti per i malati terminali
- Per l’autismo infantile
- Per disturbi neuropsicologici e neuromotori
- Per le demenze senili.
I pazienti ne giovano sotto vari aspetti, a iniziare da quello psicologico e sociale. «La musicoterapia può facilitare l'espressione in persone con deficit comunicativi, crea l’opportunità di esperienze sociali positive, sviluppa la consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente. Conduce a un miglioramento generale, accresce il benessere e promuove una maggiore indipendenza», spiega la Dottoressa Tilli.
Ma non solo: si tratta di una disciplina che può apportare molti vantaggi a livello neuromotorio e riabilitativo: «Ad esempio, cantando molto lentamente ed enfatizzando le parole, si può stimolare un paziente con gravi deficit cognitivi a rispondere all’invito musicale. Oppure ancora, improvvisando una canzone che stimoli risposte motorie (come “sinistra”, “avanti”, “sotto”, etc.) o che indichi parti del corpo, si possono aiutare i soggetti che presentano difficoltà nel coordinamento e nella percezione corporea».
Come si svolge una seduta di musicoterapia
Le sedute di musicoterapia possono essere individuali o di gruppo. Inoltre, si differenziano in base a due metodi di intervento: attivo e recettivo.
«La metodologia recettiva si basa sull’ascolto di brani musicali e sulla loro conseguente rielaborazione», illustra la Tilli. «Mentre quella attiva si fonda sull’attivazione e sull’improvvisazione del paziente, sull’osservazione delle sue produzioni corporeo-sonoro-musicali e sull'utilizzo di strumenti musicali mediante la diretta manipolazione di questi».
Ovviamente, si specifica che non si deve essere dei musicisti per svolgere una seduta di musicoterapia: «Lo strumentario è costituito per lo più da strumenti musicali di facile utilizzo, in assenza di una specifica competenza musicale, come congas, bongos, xilofoni, flauti, fischietti e maracas». Anche in questo caso, dunque, via libera al proprio istinto e alla propria creatività.
Per trovare il musicoterapista giusto, ci si può rivolgere ad associazioni specifiche, come l’AIM, Associazione Italiana Professionisti della Musicoterapia.
Fai la tua domanda ai nostri esperti