Influenza tradizionale e Covid: perché è importante vaccinarsi

Si teme un’alleanza pericolosa fra virus influenzale e Covid, tanto da rendere la vaccinazione stagionale più importante degli anni passati. Il virologo Fabrizio Pregliasco ci racconta perché e cosa fare



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Sappiamo bene che in quest'inverno 2020-2021 avremo a che fare sia con la classica influenza e le malattie da raffreddamento stagionali, sia con il Covid. Non solo: si teme che Covid e influenza tradizionale potrebbero “allearsi”, aprendo uno la strada all’altro o confondendo le idee dei medici a livello di diagnosi. Ecco perché quest'anno può essere molto importante eseguire la vaccinazione stagionale contro l'influenza. Ne abbiamo parlato con il virologo più famoso d’Italia, Fabrizio Pregliasco, in prima linea anche come presidente Anpas (una delle associazioni di soccorso più grandi) e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi (Gruppo Ospedaliero San Donato) che è stato ospedale Covid.


Professor Pregliasco, quest’anno è più importante vaccinarsi contro l'influenza?

Sì: quest’anno è più importante del solito fare la vaccinazione antinfluenzale, innanzitutto per agevolare la diagnosi differenziale fra virus stagionale e Coronavirus. Infatti, se sei vaccinato per l’influenza e inizi ad avere febbre, tosse e dolori articolari i medici potranno ipotizzare subito un’infezione da Coronavirus risparmiando tempo prezioso e avviando le procedure diagnostiche (come i test del sangue e il tampone) immediatamente. Non dimentichiamo che molti di noi, prima che non si sapesse ancora cosa fosse il Covid 19, hanno fatto delle presunte “influenze”, e solo cercando gli anticorpi nel sangue a malattia conclusa (non pochi hanno avuto sintomi leggeri) abbiamo ottenuto la sicurezza del tipo di virus coinvolto. Queste persone, però, non sono state in quarantena (non prevista per l’influenza che si risolve in una settimana) e hanno potuto trasmettere il Covid 19. Ecco, tutto ciò, vaccinandosi, potrà essere evitato, anche se non del tutto, perché ci sono almeno altri 262 virus che provocano forme di tipo influenzale. Resta il fatto che l’influenza classica ha i numeri statisticamente più grandi, parliamo di milioni di persone in una stagione.


Quindi la vaccinazione va estesa anche oltre alle solite categorie a rischio?

Io consiglio a tutti di fare il vaccino (salvo controindicazioni da verificare col medico curante), soprattutto a chi è più fragile e immunodepresso, e quindi non solo, appunto, le fasce a rischio, come i bambini con malattie croniche, le donne in gravidanza, gli anziani e malati come i cardiopatici. Sicuramente a chi è a contatto con il pubblico. Il Ministero della Salute sta già lavorando per ampliare le indicazioni tradizionali della vaccinazione proprio per la situazione particolare di quest’anno.


Ma è vero che l’influenza tradizionale può aprire la strada al Covid?

Purtroppo è possibile. Qualsiasi agente patogeno che attacchi le vie respiratorie le indebolisce, rendendole più esposte all’attacco di altri virus. È il motivo per il quale viene dato l’antibiotico ai pazienti che sono influenzati ma danno anche i primi segnali di una possibile sovrainfezione batterica. Non solo: dopo l’influenza segue una fase di riduzione delle difese immunitarie che facilita l’ingresso di altri nemici.


Quindi il vaccino proteggerà anche dal Covid?

Ci sono degli studi che suggeriscono l’ipotesi che vaccinarsi in genere (quindi non solo per l’influenza) aiuta il sistema immunitario ad allertarsi contro ogni tipo di virus, anche quelli per cui non si è stati vaccinati. La tesi spiegherebbe perché i più giovani, quelli che devono essere sottoposti nel giro di pochi anni a diverse vaccinazioni obbligatorie, si siano ammalati meno di Covid 19. Insomma, facendo un vaccino è come se sulle mura delle nostre difese non si allertino solo i soldati che combattono uno specifico nemico, ma tutto l’esercito, e contro tutti i possibili aggressori.


A proposito di scenario: questa influenza sarà più “cattiva” dell’anno scorso?

Sembra di no, a giudicare da ciò che sta succedendo nell’emisfero Australe che, come ogni anno, rappresenta il grande laboratorio dell’andamento dell’influenza, visto che lì la stagione fredda è già partita. Oltre a darci le esatte caratteristiche della composizione del virus, utile per definire il nuovo vaccino (quest’anno i ceppi o stipiti sono A/Guangdong Maonan H1N1, A/Hong Kong H3N2, B/Washington Victoria e B/Phiket Yamagata), ci dice anche come sta andando il contagio. Sembra bene: la diffusione è contenuta, anche grazie alle azioni per prevenire l’infezione da Covid 19, quindi mascherine, lavaggio delle mani e distanziamento stanno funzionando anche per l’influenza normale (ricordo che l’Australia è già al secondo lockdown).


I nuovi vaccini saranno efficaci?

Sì. Prima i vaccini avevano solo tre ceppi del virus: quelli di tipo A (l’H1N1) e il B. Adesso quasi tutti sono quadrivalenti, con due stipiti B, perché questi sono la componente più variabile del virus.


Però si parla di problemi di approvvigionamento...

Potrebbero esserci per chi vuole vaccinarsi privatamente, perché il grosso del quantitativo è destinato al SSN. Parlatene al medico.


Sappiamo che il bersaglio principale e più pericoloso del Covid sono i polmoni: meglio proteggere anche questi organi?

Consiglio di confrontarsi con il medico curante per aggiungere il vaccino antipneumococcico a quello antinfluenzale. Lo pneumococco causa infatti il 70% delle più comuni polmoniti: meglio mettersi al riparo, visto i rischi in più. Ho condotto uno studio che dimostra che, nella stessa seduta vaccinale, si possono fare le due vaccinazioni in parallelo senza effetti collaterali.


ARRIVA IL VACCINO QUADRIVALENTE AD ALTO DOSAGGIO, ADATTO AGLI OVER 65

«La novità di quest’anno è il primo e unico vaccino quadrivalente ad alto dosaggio», dice il virologo Pregliasco. «Ha dimostrato di attivare di più gli anticorpi contro l’influenza, ed è un’alternativa al tipo adiuvato che di solito viene raccomandato per stimolare il sistema immunitario degli anziani, meno reattivo rispetto ai più giovani.

Autorizzato anche in Italia, questo vaccino quadrivalente contiene una quantità di antigene quattro volte superiore al dosaggio standard. La sperimentazione ha coinvolto anche il dipartimento di Scienze e salute dell’Università di Genova. «Abbiamo contribuito allo sviluppo clinico di questo nuovo vaccino ad alto dosaggio», spiega Giancarlo Icardi, professore ordinario di Igiene all’Università di Genova. «Con ulteriori evidenze scientifiche a sostegno di uno strumento destinato a migliorare la protezione della popolazione over 65 verso l’influenza e le sue complicanze».


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