Forfora

Comune affezione dermatologica di ordine cosmetico, più frequente nel sesso maschile, la forfora si manifesta con una desquamazione del cuoio capelluto di entità variabile: può essere estremamente lieve e periodica, oppure intensa e continuativa, fino a rappresentare un vero e proprio disagio psicosociale per chi ne è affetto. Le “scaglie” (squame furfuracee) cadono infatti dai […]



Comune affezione dermatologica di ordine cosmetico, più frequente nel sesso maschile, la forfora si manifesta con una desquamazione del cuoio capelluto di entità variabile: può essere estremamente lieve e periodica, oppure intensa e continuativa, fino a rappresentare un vero e proprio disagio psicosociale per chi ne è affetto. Le “scaglie” (squame furfuracee) cadono infatti dai capelli (nell’uomo anche dalla barba) sui vestiti, rendendosi particolarmente evidenti sugli abiti scuri e creando notevole disagio e, spesso, un’erronea sensazione di scarsa igiene personale.

Troppo spesso considerata una malattia dei capelli grassi da risolvere con l’utilizzo di appositi shampoo (fin troppo reclamizzati rispetto ai risultati raggiunti, e talvolta anche inadatti), la forfora va piuttosto considerata sintomo-spia di un disordine dermatologico ben inquadrabile nello spettro delle cosiddette dermatiti eczematose; la dermatite seborroica è, tra queste, la più frequente causa di forfora.

Nel caso della dermatite seborroica le squame della forfora, definita scientificamente pityriasis simplex capillitii, si presentano bianco-giallastre, untuose, piuttosto aderenti al cuoio capelluto e al fusto del pelo e si accompagnano a iperseborrea, cioè a un’eccessiva produzione di sebo (particolare tipo di secrezione delle ghiandole sebacee, strutture specifiche della pelle molto rappresentate in ascelle, torace, inguine e regione interscapolare nel maschio) che si manifesta appunto con un’eccessiva untuosità del capello e della pelle sottostante (scalpo).

La forfora, però, può comparire anche in soggetti con cute costituzionalmente secca, come accade nei soggetti affetti da dermatite atopica, il secondo quadro dermatologico più frequente all’origine della sintomatologia. In questo caso la condizione è più correttamente definita pityriasis sicca e si manifesta clinicamente con una desquamazione biancastra, più fine e volatile, meno aderente alla cute e al pelo, a elementi più piccoli che interessano esclusivamente il cuoio capelluto; la forfora rappresenta l’espressione clinica di un aumento del ricambio cellulare secondario all’infiammazione cronica tipica della dermatite atopica, e si accompagna a prurito.

Un ulteriore quadro dermatologico al­­l’origine della forfora è la psoriasi, nella quale le squame possono rivelarsi più simili a quelle presenti nella dermatite seborroica (si parla quindi di sebo-psoriasi, entità clinica ancora di difficile definizione) o, alternativamente, a quelle della dermatite atopica.

La distinzione tra le forme di forfora va considerata di estrema importanza nell’inquadramento e quindi nella scelta del trattamento da adottare per gestire il soggetto che ne è affetto: infatti, i prodotti detergenti e le lozioni medicate da applicare in caso di forfora “grassa” risultano inefficaci o addirittura controindicati in caso di forfora “secca”, e rischiano di aggravare la desquamazione già presente.


Trattamento: consigli e raccomandazioni

Esistono in commercio numerosi prodotti per la cura della forfora. In genere, il primo passo è rappresentato dall’acquisto di shampoo antiforfora generici, che vengono però impiegati troppo spesso con modalità incongrue, a cominciare dai lavaggi troppo frequenti e delle frizioni troppo aggressive, che rischiano di alterare il cosiddetto mantello idrolipidico (il delicato strato di molecole complesse posto a protezione degli strati superficiali della cute), causare danni al fusto del capello, provocarne la fragilità e caduta (una vera e propria alopecia traumatica) e, infine, causare una dermatite da contatto.

La gestione della forfora è molto diversa a seconda che la cute del soggetto abbia tendenza seborroica oppure atopica. Per molti anni e a torto è stato detto che la pelle di chi è affetto da dermatite atopica andava lavata il meno possibile; in realtà, vanno evitati i saponi sgrassanti e i detergenti troppo energici, a base di laurilsolfato di sodio; inoltre, è opportuno utilizzare detergenti sintetici (i cosiddetti syndets) con ingredienti oleosi (glicerolo, acidi grassi), comunque con moderazione.

Per quanto riguarda la pelle seborroica, invece, il trattamento deve prevedere presidi in grado di ridurre la quantità di sebo, ridurre la colonizzazione da parte del Malassezia furfur (fungo patogeno opportunista caratteristico della dermatosi), ridurre l’infiammazione del cuoio capelluto e rimuovere le squame.

In tutti i casi, la detersione è fondamentale e, nelle forme più lievi, può essere sufficiente a controllare la malattia: di conseguenza, i pazienti devono lavarsi i capelli spesso; è indispensabile inoltre che il soggetto comprenda che la forfora non è una patologia completamente guaribile, e che quindi i trattamenti devono essere ciclici nel tempo.

Lo shampoo deve essere utilizzato regolarmente (almeno 2-3 volte a settimana) e deve permanere a contatto con il cuoio capelluto per 5-10 minuti, così che il principio attivo abbia tempo di funzionare.

Ciò a volte contrasta con l’opinione comune secondo la quale lo shampoo antiforfora (quando scelto per il caso specifico, meglio se prescritto dallo specialista) è troppo aggressivo: in realtà, l’efficacia del prodotto è data dai principi attivi in esso contenuti e non dai tensioattivi (i veri responsabili della maggiore o minore aggressività del detergente).[G.G.]