Quando scattiamo una foto dal basso o ci guardiamo allo specchio con una luce sfavorevole, il doppio mento sembra comparire all’improvviso. In realtà è il risultato di tanti piccoli fattori che si accumulano nel tempo. La zona sotto il mento è particolarmente delicata: pelle, muscoli e tessuto adiposo dovrebbero lavorare in armonia, ma spesso smettono di farlo. Età, abitudini quotidiane e predisposizione genetica si riflettono proprio lì, modificando l’armonia del viso.
La buona notizia? Questo inestetismo non è una condanna: con i giusti trattamenti e qualche attenzione costante, è possibile ridurlo e, in molti casi, prevenirlo.
Cos'è il doppio mento
Tecnicamente definito adiposità sottomentoniera, il cosiddetto “doppio mento” è un accumulo di tessuto localizzato sotto la mandibola che interrompe la naturale continuità tra viso e collo, conferendo un profilo meno definito e talvolta appesantito.
La sua presenza diventa particolarmente evidente quando si inclina la testa verso il basso o si sorride senza prestare attenzione all’angolazione del volto. Pur essendo comunemente associato al sovrappeso, può manifestarsi anche in donne giovani e normopeso: fattori come predisposizione genetica, postura, tono muscolare ed elasticità cutanea giocano infatti un ruolo determinante.
Quali sono le cause del doppio mento
Il doppio mento è il risultato di una combinazione di fattori, spesso strettamente collegati tra loro. «L’accumulo di tessuto adiposo sotto la mandibola rappresenta una delle cause più frequenti, ma non l’unica», spiega la dottoressa Sheila Fassi, chirurgo plastico del Centro Medico Visconti di Modrone a Milano.
«La predisposizione genetica ha un ruolo determinante: influisce sulla tendenza dei tessuti a cedere con l’età e sul modo in cui il grasso si distribuisce nell’area sottomentoniera. Con il tempo, inoltre, la fisiologica riduzione di collagene ed elastina riduce la tonicità della pelle, mentre una postura scorretta e la scarsa attivazione dei muscoli del collo favoriscono un ulteriore rilassamento cutaneo».
Anche lo stile di vita moderno contribuisce ad aggravare il fenomeno: l'utilizzo prolungato di smartphone e computer, con il capo piegato in avanti e le spalle incurvate, accentua la caduta dei tessuti e indebolisce la muscolatura di sostegno. Infine fattori anatomici congeniti, come una mandibola corta o retrusa, possono accentuare visivamente l’accumulo di tessuto nell’area sotto il mento.
Come si previene il doppio mento
Se con il passare degli anni la comparsa del doppio mento può sembrare quasi inevitabile, esistono accorgimenti quotidiani che permettono di rallentarne lo sviluppo e di contenere gli effetti sul profilo del viso. «Adottare una postura corretta, mantenere il peso corporeo nella norma ed evitare sovrappeso e obesità rappresentano i primi passi fondamentali», sottolinea la dottoressa Fassi. «Proteggere la pelle dall'esposizione solare con filtri adeguati e idratarla con costanza, sia dall’interno sia dall’esterno, aiuta poi a preservarne tonicità ed elasticità».
Anche bere acqua a sufficienza durante la giornata contribuisce a mantenere i tessuti ben idratati, mentre l’applicazione quotidiana di creme elasticizzanti e nutrienti su viso e collo favorisce una maggiore compattezza cutanea. A questi gesti può affiancarsi l’assunzione di integratori mirati, a base di collagene, acido ialuronico e vitamina C: «Non hanno il potere di correggere i cedimenti già presenti, ma possono offrire un supporto importante, stimolando la produzione di nuove fibre e aiutando la pelle a mantenere più a lungo le sue caratteristiche di elasticità», precisa l’esperta.
Oltre a queste attenzioni, anche semplici esercizi di ginnastica facciale o di rinforzo dei muscoli del collo possono rivelarsi utili, perché favoriscono una migliore tonicità muscolare e contribuiscono a sostenere i tessuti della regione sottomentoniera.
Quali sono le soluzioni non chirurgiche
Ma cosa fare quando il doppio mento è ormai evidente e i piccoli accorgimenti quotidiani non bastano più? Le strategie di intervento sono numerose e vanno sempre personalizzate in base alle caratteristiche del singolo paziente. «Non esiste un approccio valido per tutti», chiarisce la dottoressa Fassi. «Ogni scelta dipende dall’entità dell’inestetismo, dalle aspettative della persona e dalla sua disponibilità a ricorrere a procedure più o meno invasive».
Per chi desidera soluzioni non chirurgiche, la medicina estetica mette oggi a disposizione diverse opzioni. La criolipolisi, ad esempio, sfrutta il potere del freddo per ridurre il tessuto adiposo in eccesso: il grasso, una volta “congelato”, viene gradualmente riassorbito dall’organismo in modo del tutto naturale.
Nei casi in cui il problema non sia legato principalmente all’accumulo di grasso, ma piuttosto al rilassamento cutaneo, è possibile intervenire con trattamenti biorivitalizzanti. Si tratta di microiniezioni di sostanze idratanti e nutrienti, da effettuare ogni due settimane per un ciclo di 4-6 sedute, con successivi richiami ogni 4-6 mesi. Questi trattamenti stimolano i tessuti, migliorano l’elasticità della pelle e aiutano a contrastarne il cedimento.
Per favorire la produzione di collagene ed elastina c’è anche il needling. Questa tecnica utilizza un dispositivo dotato di microaghi che genera microlesioni controllate, stimolando così i naturali processi di riparazione cutanea e migliorando al tempo stesso la penetrazione dei prodotti biorivitalizzanti.
Anche laser e radiofrequenza sono strumenti preziosi in chiave anti-aging: non rimuovono il grasso, ma stimolano la produzione di collagene ed elastina, aumentando la compattezza della pelle. I risultati sono più graduali e contenuti rispetto alla chirurgia, ma possono rappresentare un valido aiuto per chi cerca un miglioramento progressivo e non invasivo.
Un approccio intermedio è rappresentato dai fili di trazione, una tecnica minimamente invasiva che prevede l’inserimento di sottilissimi fili riassorbibili sotto la cute, attraverso una breve anestesia locale. Le piccole ancorette presenti sui fili “agganciano” i tessuti, permettendo di ridefinire la linea mandibolare in tempi rapidi, con un effetto che può durare dai sei ai dodici mesi. Questa procedura è particolarmente indicata nei casi lievi o moderati di lassità cutanea.
Quali sono i trattamenti chirurgici
Quando, invece, l’accumulo adiposo è marcato, la soluzione più efficace resta la liposuzione del sottomento. «È un intervento che può essere eseguito sia in anestesia locale con sedazione sia in anestesia generale», spiega la dottoressa Fassi. «Attraverso micro-incisioni vengono introdotte sottili cannule che aspirano il grasso e, contemporaneamente, stimolano la retrazione dei tessuti, ridisegnando il profilo del collo e della mandibola». Le cicatrici sono pressoché invisibili, grazie agli accessi millimetrici, e il recupero post-operatorio è in genere rapido.
Nei casi più complessi, in cui il doppio mento è legato non solo al grasso, ma anche a un marcato rilassamento cutaneo e muscolare, la procedura di riferimento è il lifting cervicale. «Si tratta di un intervento più strutturato, eseguito in anestesia generale, che prevede incisioni nascoste dietro le orecchie, il riposizionamento del muscolo platisma e l’asportazione dell’eccesso cutaneo», descrive l’esperta. Pur richiedendo un decorso più lungo e qualche attenzione post-operatoria, garantisce risultati stabili e duraturi, con un ringiovanimento globale della zona collo-mento.
Infine, i filler a base di acido ialuronico o altre sostanze biorivitalizzanti possono essere utilizzati come trattamenti complementari, da soli o in associazione ad altre procedure. Oltre a migliorare idratazione e tono della pelle, regalano un delicato effetto tensore e contribuiscono a mantenere armonia e definizione nel tempo.
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