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Fedeltà: scopri perché non tradire è un vantaggio

Tradire è facile, ma i legami forti sono un porto sicuro che aiuta a vivere meglio. Ecco come costruirli

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Come possiamo definire la fedeltà? L'impegno, liberamente assunto, a persistere nel rapporto con qualcuno o qualcosa (una persona, un gruppo, un ideale o una causa) con cui ci identifichiamo e che non possiamo tradire senza tradire noi stessi.

«Proprio così: si tratta di un fattore primario delle relazioni umane», esordisce Roberto Pozzetti, psicoanalista a Como e professore a contratto di psicologia presso l'università Ludes Lugano, autore del saggio Esiste un amore felice? (Nep edizioni, 15 €). «Tutti abbiamo bisogno di “porti sicuri” e stabilità, a maggior ragione in questi tempi di incertezza e rapidi cambiamenti. Inoltre, è grazie alla fedeltà che possiamo realizzare i progetti più importanti: solo se rimaniamo ancorati a una persona o a un ideale raggiungiamo le mete prefissate».

Ma i vantaggi della fedeltà non si fermano qui, come dimostrano diverse ricerche. Quella al partner contribuisce alla salute e allunga la vita: poter camminare accanto a qualcuno di cui ci fidiamo – e che ricambia la nostra fiducia – è confortante e tranquillizzante, dunque protegge dallo stress. Così come rimanere a lungo in un'azienda per scelta, anziché saltellare da un impiego all'altro alla ricerca di un chimerico “posto perfetto”, consente di essere più produttivi e creativi: con il tempo si arriva a conoscere bene le sue dinamiche, a capire come interagire con i punti di forza e come bypassare le criticità, a inventarsi nuovi modi per fare le cose.

Ma anche una fedeltà “minore” come quella alla squadra sportiva della propria città può rivelarsi sorprendentemente benefica, soprattutto in caso ci si debba trasferire altrove: continuare a tifare, soffrire e gioire per i risultati ottenuti è un modo sano per mantenere un legame con le radici, riducendo l'ansia dovuta all'inserimento nel nuovo contesto.


Non ce n'è una sola

La domanda di fondo è questa: la fedeltà è un tratto caratteriale o un pregio che s'acquisce? «Siccome non esiste in astratto ma solo quando viene concretizzata in un rapporto, conviene parlarne al plurale: le fedeltà», puntualizza John Kleinig, filosofo australiano esperto in etica della fedeltà, nel saggio On loyalty and loyalties: the contours of a problematic virtue, pubblicato dalla Oxford University Press.

«Certo, esiste una generale disposizione alla fedeltà: è quella di chi crede nella coerenza, nella costanza e nella perseveranza ed è capace di mettere tutto ciò in pratica con naturalezza (il che non significa senza impegno). Non è detto, comunque, che anche le persone portate scelgano di essere fedeli in ogni ambito di vita: per esempio, c'è chi potrebbe essere un partner e un impiegato leale e devoto, ma lasciare a desiderare nelle amicizie, oppure chi vive per la squadra del cuore e intanto si crogiola in relazioni amorose clandestine.

Invece chi è diffidente, chi si lascia poco andare ed è superficiale ed egocentrico tende a sottovalutare l'importanza della fedeltà nella vita perché pensa di essere sufficiente a se stesso o ha paura di essere deluso. Allora preferisce muoversi secondo l'opportunità del momento, senza un disegno a lungo termine. Ma anche questa categoria prima o poi sceglie di essere fedele a qualcuno o qualcosa».


Il presupposto da cui partire

Per essere fedeli a qualcuno o a qualcosa dobbiamo anzitutto esserlo a noi stessi, scoprendo e rispettando la nostra specificità, l'unicità. Parola di Barbara Marchica, counselor professionista, formatrice e teologa, autrice del libro Consapevolezza (Edizioni Messaggero Padova, 10 €), che commenta: «È un percorso impegnativo, ma inevitabile per realizzarci.

La vita, infatti, ci dà un duplice compito: primo, metterci in gioco per sapere chi siamo, chi vogliamo essere, quali sono i valori che riteniamo importanti; secondo, darci da fare per essere noi stessi. Si tratta di un incarico che non si esaurisce mai, perché la nostra identità non è statica ma è un processo in costante evoluzione. Solo che nel trambusto quotidiano è facile che venga meno la consapevolezza di avere questo duplice compito. Il rischio che corriamo, allora, è che la fedeltà cali e ci lasci andare lontano da noi stessi, verso altri modelli nei quali ci illudiamo di poterci identificare».

Mentre con i seguenti suggerimenti abbiamo buone probabilità di non "smarrirci".


Consigli per praticarla

  • 1 Scegliere con cura a chi e cosa essere fedeli. Impegnarci alla leggera, ignorando chi è l'altro, che cosa vuole, quali valori lo ispirano è rischioso: se non c\'è affinità, a lungo andare diventa davvero difficile attenersi alle promesse.

«Attenzione anche agli ideali e alle cause a cui ci si dedica», mette in guardia il filosofo John Kleinig. «Prendiamo l'esempio delle organizzazioni che promuovono la giustizia sociale: non tutte lo fanno con metodi ortodossi e non violenti, oppure senza secondi fini. Quello che superficialmente sembra bello e buono, dunque meritevole di fedeltà, potrebbe nascondere risvolti pericolosi o immorali».

  • 2 Non smettere mai di indagare e indagarsi. «La conoscenza degli altri e di noi stessi richiedono coraggio, perché ci mettono di fronte anche ad aspetti sgraditi, nostri o altrui», ammette Barbara Marchica.

Per fare i conti con le scoperte spiacevoli – ma che, comunque, non costituiscono controindicazioni alla fedeltà – serve un atteggiamento di accettazione benevola, che non significa rassegnazione, ma capacità di guardare il reale così com'è, senza entrare nella dinamica del giudizio. In questo modo, più accettiamo (noi stessi e gli altri), più (ci/li) conosciamo, in un circolo virtuoso di consapevolezza che costituisce il substrato della fedeltà».

  • 3 Restare ancorati alla realtà, soprattutto nei rapporti di coppia. «Affinché la fedeltà poggi su basi solide è importante evitare l'eccessiva idealizzazione di sé e dell'altro, quella che si manifesta, per esempio, con dichiarazioni come “ti prometto che non ti farò mai soffrire” o “mi fai sentire la persona più felice del mondo”», consiglia lo psicoanalista.

«È facile intuire come queste assolutizzazioni – e la fedeltà costruita solo su di esse – siano presto o tardi destinate a infrangersi contro la realtà».

  • 4 Essere flessibili e creativi. Se è vero che cresciamo e ci modifichiamo, allora essere fedeli non può equivalere (come molti credono erroneamente) a essere statici, rigidi, ripetitivi. Piuttosto, si concretizza nell'essere dinamici e creativi, così da riuscire a rinnovarci senza tradirci.

«Il seme è fedele a se stesso diventando pianta», sintetizza Carla Corbella, docente del master universitario in bioetica a Torino, nel libro Resistere o andarsene? (Edizioni Dehoniane Bologna, 19 €). «Non si resta fedeli, lo si diviene grazie a un continuo impegno e alla disponibilità a rinnovare il legame mentre si viaggia insieme e mentre l'identità di ciascuno si evolve».

  • 5 Non farsi scoraggiare. «Gli inciampi e le trasgressioni non devono per forza farci sentire dei falliti né decretare la fine di una relazione», dice la dottoressa Marchica.

«Se vissuti con la consapevolezza di aver rinnegato i propri valori, anche i tradimenti di un partner, un amico o un gruppo di lavoro possono diventare occasione di crescita e di maturazione. In fin dei conti, impariamo quando cadiamo».


Nella coppia

Accorgersi dell'idealizzazione e “contenerla”, come detto più sopra, è un primo passo, ma può non bastare per essere fedeli al partner: dobbiamo prendere in considerazione la nostra posizione e capire come aggirare le caratteristiche che intralciano i buoni propositi.

«Il maschio, dice la psicoanalisi, è più portato in generale ad avere una pulsione erotica che lo spinge verso l'infedeltà», spiega Roberto Pozzetti. «Inconsciamente, tende ad attribuire alla partner stabile caratteristiche di tipo materno, a vederla come compagna-madre, e a trovare in altre donne non amate la benzina del desiderio, della sensualità.

Ma allora, come può costruire un legame di fedeltà? Riuscendo a rintracciare le varie sfaccettature della femminilità nella compagna che, a seconda dei momenti, sarà madre, amica, confidente, amante. Attenzione: affinché lui ci riesca, serve la collaborazione e la complicità di lei. Per la donna, invece, l'aspetto delle sfaccettature è meno problematico: rispetto all'uomo, fa meno fatica a vedere l'amante, l'amico, il padre nella stessa persona. Quello che per lei conta di più, ai fini della fedeltà, è avere una progettualità condivisa. In altre parole, riesce a rimanere fedele al partner se condivide con lui dei valori, degli scopi, se vuole costruire qualcosa insieme.

Non di rado il tradimento femminile capita quando la progettualità viene delusa, quando lui procrastina e rinvia, non concretizza. Il consiglio per lei, allora, è di non dare per scontato che, solo perché si sta insieme, si vogliano entrambi le medesime cose, ma di chiarirsi sui reciproci obiettivi e sui passi da fare per raggiungerli».


Con gli amici

Cosa significa essere fedeli a uno o più amici? Secondo Irene S. Levine, psicologa clinica e psichiatra americana, conosciuta come “la dottoressa delle amicizie”: «Significa esserci nel momento del bisogno, anche se comporta un disagio o un sacrificio; tenere per sé i segreti che ci vengono confidati; non sparlare dell'altro né deriderlo, soprattutto in sua assenza; difendere l'amico quando è oggetto di pettegolezzi o di calunnie; trovare il modo giusto per fargli notare se sta sbagliando o se corre qualche rischio, evitando sia di tacere per paura di offenderlo, sia di essere troppo brutali; gestire con delicatezza e buon senso i rapporti con i suoi “nemici”, per esempio il suo ex-partner».


Sul lavoro

La fedeltà al proprio datore di lavoro non è un optional ma un obbligo sancito dal codice civile. Fra i diversi modi in cui può essere concretizzata – per esempio non mettersi in concorrenza né divulgare informazioni riservate – ce n'è uno che di frequente comporta conflitti interiori e/o conseguenze spiacevoli e che è al centro di una recente legge (la numero 179 del 30 novembre 2017). Si tratta del whistleblowing, letteralmente “soffiare il fischietto”, ovvero denunciare condotte illecite compiute da un altro dipendente o da un dirigente.

«Il dilemma principale del "segnalante" non è tanto fra il silenzio e la denuncia dell'illegalità, quanto fra due valori morali: la lealtà (che si manifesterebbe con il silenzio per non tradire i colleghi) e la giustizia (che si manifesterebbe con la scelta di denunciare)», afferma Maria Giuseppina Pacilli, professoressa associata di Psicologia sociale presso l'università di Perugia e studiosa della percezione sociale dei whistleblowers.

«Dopo la denuncia la reazione psicologica al gesto, inoltre, può essere di grande ambivalenza: da un lato emergono emozioni positive per aver segnalato un'illegalità e aver assunto un comportamento giusto, dall'altra emozioni negative, soprattutto se il lavoratore sente di aver tradito i propri colleghi o la propria organizzazione», sottolinea la professoressa Pacilli. Anche se oggi in Italia ci sono normative che proteggono i whistleblowers, non è raro che questi subiscano ritorsioni a livello sociale: diffamazione, isolamento, esclusione.


A ogni età la sua motivazione

«Le motivazioni che inducono a essere fedeli possono essere differenti nelle varie fasi di vita», rivela la teologa Carla Corbella nel libro Resistere o andarsene?. Ecco che cosa ci spinge alla fedeltà.

  • 1) Nell'infanzia

Il bimbo piccolo ha bisogno di legami stabili, con la madre o con chi lo accudisce, dai quali dipende la sua sopravvivenza, dunque per lui la fedeltà è una necessità.


  • 2) Nell'adolescenza

In età giovanile prevale la scoperta del nuovo, di relazioni diverse e non stabili. L'adolescente, quindi, sente di non aver bisogno della fedeltà. Nel caso in cui la scelga non lo fa liberamente, bensì ci si adegua con sacrificio soltanto perché sente che è richiesta dagli altri e dall'ordine sociale.


  • 3) In età adulta

Ci sono le condizioni per cui la fedeltà può essere scelta come maturo progetto di vita e di realizzazione. In ogni caso, esistono adulti che la adottano non per convinzione ma per conformismo. O per non essere abbandonati.



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Articolo pubblicato nel n° 7 di Starbene dal 28 gennaio 2019 in edicola

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