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Sindrome di Capgras o del sosia: cos’è, cause, sintomi, diagnosi, terapia

È una forma di distacco dalla realtà che prende il nome dal primo psichiatra che la descrisse in maniera accurata nel 1932. Chi ne soffre si convince che le persone care siano state sostituite da impostori totalmente identici a loro

Foto: iStock



Vedere un volto familiare e non riconoscerlo come tale. Non perché i tratti siano cambiati, ma perché l’essenza della persona sembra svanita, sostituita da una presenza estranea e inquietante. È questa la bizzarra – ma reale – esperienza vissuta da chi è colpito dalla sindrome di Capgras, una rara condizione psichiatrica in cui la mente tradisce i sensi, facendo credere che un proprio caro sia stato rimpiazzato da un sosia identico.

Cos’è la sindrome di Capgras

La sindrome di Capgras prende il nome dal medico francese Josef Capgras, che la descrisse per la prima volta nel 1923 insieme al collega Jean Reboul-Lachaux, parlando di “illusione dei sosia”. In sostanza, chi ne soffre è convinto che una persona a lui molto vicina – un partner, un genitore, un figlio – sia stata sostituita da un duplicato perfetto, un impostore identico nell’aspetto ma privo della vera identità dell’originale.

«Non si tratta di un semplice sospetto o di un’impressione passeggera: è una convinzione assoluta, radicata, che persiste anche di fronte all’evidenza contraria», racconta la dottoressa Michela Francia, responsabile del servizio di Psicologia ospedaliera presso GVM - Città di Lecce Hospital.

In alcuni casi, anche animali domestici o luoghi familiari possono essere vissuti come “cloni” o sostituzioni maligne. Il paziente non ha problemi a riconoscere l’aspetto fisico dell’altro, ma sente – in modo profondo e inesplicabile – che quell’essere non è l’originale.

La sindrome di Capgras fa parte di un gruppo più ampio di disturbi chiamati Delusional Misidentification Syndromes, ovvero sindromi deliranti da identificazione errata. Altre forme comprendono il delirio di Fregoli, che porta a riconoscere nei volti estranei delle persone familiari sotto mentite spoglie, e l’intermetamorfosi, in cui il paziente crede di assistere a una continua metamorfosi di varie persone, che si fondono e si trasformano le une nelle altre. «Ciò che accomuna queste sindromi è la perdita del legame tra percezione e realtà affettiva, in un’esperienza profondamente destabilizzante», ammette l’esperta.

Quali sono i sintomi della sindrome di Capgras

Chi convive con questo disturbo prova forti sentimenti di ansia, paura e minaccia costante, credendo di convivere con un intruso pericoloso, nonostante l’aspetto familiare. «Proprio a causa di questa angoscia intensa e persistente, può reagire in modo aggressivo verso le persone che considera “impostori”, arrivando talvolta a compiere atti violenti», avverte la dottoressa Francia. Non a caso, in ambito criminologico, la sindrome di Capgras è stata oggetto di studio proprio perché, in alcuni casi, è stata associata a episodi di aggressione o, addirittura, a omicidi.

Si tratta a tutti gli effetti di deliri, anche se questa sindrome non si manifesta esclusivamente in soggetti affetti da disturbi psichiatrici, come la schizofrenia o altre psicosi. «In diversi casi, è stata osservata anche in persone con danni cerebrali acquisiti, soprattutto a carico dei lobi frontali, temporali e delle strutture del sistema limbico», descrive la dottoressa Francia, «aree coinvolte nella regolazione delle emozioni, nel riconoscimento facciale e nell’elaborazione della memoria affettiva».


Quali sono le cause della sindrome di Capgras

In condizioni normali, quando vediamo il volto di una persona cara, si attivano automaticamente delle aree del cervello che ci fanno provare familiarità, affetto, calore. Nel cervello della persona affetta da Capgras, invece, questo legame sembra rompersi: il volto è riconosciuto, ma manca il sentimento associato. È come vedere la “maschera” di una persona amata, ma senza provare alcun legame emotivo.

«Generalmente, questo mancato riconoscimento è il risultato di danni cerebrali acquisiti, magari in seguito a traumi cranici di natura fisica, come incidenti o lesioni, oppure ictus, encefaliti e altre patologie neurologiche», specifica l’esperta. «In questi casi, il soggetto è ancora in grado di riconoscere il volto della persona cara, ma non riesce più a provare le emozioni normalmente associate a quel viso».

Tra le cause neurologiche, oltre ai traumi, rientrano anche patologie vascolari, ictus e malattie neurodegenerative come l'Alzheimer. «In effetti, la sindrome di Capgras è stata osservata anche in alcune forme di demenza, dove può comparire come sintomo in co-morbilità», tiene a precisare la dottoressa Francia.

Esistono poi cause psichiatriche, spesso legate a disturbi psicotici. La sindrome può manifestarsi, ad esempio, in persone affette da schizofrenia o gravi forme di depressione psicotica. In questi casi, il delirio si inserisce in un quadro clinico più ampio, caratterizzato da un’alterazione globale della percezione della realtà.

Come si diagnostica la sindrome di Capgras

Diagnosticare la sindrome di Capgras richiede attenzione e competenza. Non esiste un test univoco: il medico si basa su colloqui clinici approfonditi, valutazione dello stato mentale, eventuali esami neurologici o neuropsicologici e sulla storia del paziente. Fondamentale è capire se ci sono patologie associate, come schizofrenia o disturbi neurodegenerativi, che possano giustificare l’insorgenza del delirio.

Il criterio chiave resta la convinzione delirante e incrollabile che l’altro sia un impostore, mantenuta nonostante le prove contrarie e l’assenza di disturbi visivi evidenti.


Come si tratta

Essendo una patologia rara, la sindrome di Capgras non dispone di trattamenti specifici. «Tuttavia, è possibile intervenire con terapie farmacologiche mirate alla gestione dei sintomi deliranti, soprattutto quando la sindrome si inserisce in un contesto psichiatrico più ampio, come nel caso di psicosi, schizofrenia o disturbo bipolare», conclude la dottoressa Francia.

«In queste situazioni, si fa solitamente ricorso a farmaci antipsicotici, che contribuiscono a ridurre l’intensità e la persistenza dei deliri oppure, in presenza di deficit cognitivi, a inibitori della colinesterasi, impiegati anche nel trattamento di alcune forme di demenza». Pur non essendo farmaci specifici per la sindrome di Capgras, questi approcci possono offrire buoni risultati, soprattutto se integrati in un percorso terapeutico strutturato.

Nel caso in cui la persona metta in atto comportamenti aggressivi o violenti, può rendersi necessario il ricovero ospedaliero. Questo non solo per tutelare il paziente, ma anche per proteggere le persone a lui vicine, che spesso diventano bersagli inconsapevoli delle sue paure deliranti.

Accanto al trattamento farmacologico, la psicoterapia può rappresentare un valido supporto, in particolare quella a orientamento cognitivo-comportamentale, tra le più efficaci nella gestione dei disturbi psicotici. Questo approccio, basato su un percorso graduale ed empatico, aiuta il paziente a mettere in discussione le convinzioni deliranti, con l’obiettivo di ridurne l’intensità senza adottare modalità di confronto diretto o invalidante. «Quando si è di fronte a un delirio, infatti, la persona è profondamente convinta della veridicità delle proprie percezioni», spiega l’esperta. «Per questo, tentativi diretti di contraddizione da parte di familiari o caregiver rischiano di alimentare ostilità e rafforzare ulteriormente la convinzione delirante».

Per questo motivo, anche il supporto ai familiari è essenziale. Un intervento psicoterapico che coinvolga anche i caregiver può fornire strumenti pratici per la gestione quotidiana del paziente, aiutandoli a mantenere un atteggiamento rassicurante ed empatico, riducendo così i rischi di escalation comportamentali. «In un mondo dove il riconoscimento dell’altro è alla base di ogni relazione, la sindrome di Capgras ci ricorda quanto sottile e prezioso sia il filo che tiene insieme volti, emozioni e identità», conclude la dottoressa Francia.


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