di Alessandra Montelli
Ne soffre circa il 20% della popolazione mondiale (fonte OMS), concedendo dei periodi di tregua più o meno lunghi, a seconda di come viene trattata: è la sindrome del colon irritabile. Non è una patologia intestinale, ma si configura piuttosto come un disturbo: in pratica le pareti del colon sono più “sensibili” della norma, si infiammano e danno origini a dolori, fastidi e soprattutto ad un’alternanza (poco prevedibile) di stipsi e diarrea. La diagnosi si basa su un test diagnostico, messo a punto da un comitato multinazionale di esperti che, oltre all’anamnesi attenta del paziente, valuta la manifestazione dei sintomi per almeno 12 settimane (non necessariamente continuative) in un anno.
La buona notizia è che la sindrome del colon irritabile non è l’anticamera del tumore del colon retto, come è stato pronosticato fino a pochi anni fa. A questa conclusione sono arrivati i ricercatori di un importante studio condotto all’Università del Michigan, negli Stati Uniti. Inoltre, pur essendo “costituzionale”, si può tenere sotto controllo con l’alimentazione corretta e qualche piccola accortezza. Ne parliamo con il Professore Dino Vaira, Professore di Gastroenterologia e Medicina interna dell'Università di Bologna.
(Le informazioni contenute non devono fornire materia di autodiagnosi. Per ogni dubbio si rimanda alla consultazione del proprio medico di fiducia)