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Fegato, il programma detox: i cibi giusti e quelli da limitare

Lo stress, l’ansia e la sedentarietà di questi giorni da emergenza Coronavirus giocano contro la salute del fegato, organo depuratore. Ecco il programma per aiutarlo, basato su una corretta dieta

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In questo periodo di emergenza Coronavirus ansia e stress ci fanno compagnia quasi ogni giorno. Mettendo a dura prova il fegato. Nei momenti più impegnativi, caratterizzati spesso anche da eccessi alimentari e sedentarietà, questo organo è infatti sottoposto a un lavoro extra che lo sovraccarica e gli impedisce di svolgere bene i suoi compiti.

«Bisogna allora intervenire, perché il fegato è un vero e proprio laboratorio chimico, coinvolto in più funzioni indispensabili per il nostro benessere», afferma il dottor Andrea Coco, medico chirurgo, specialista in nutrizione clinica e medicina integrata a Pontedera (Pisa) e autore del libro Che fegato! (Terra Nuova, 12,50 €) in cui spiega l'alimentazione ideale per mantenere in salute il fegato.


Perché il fegato deve funzionare bene

«Innanzitutto il fegato produce la bile (indispensabile per la digestione), emulsiona i grassi, sintetizza colesterolo e trigliceridi», prosegue l’esperto. «La ghiandola epatica, inoltre, si occupa della depurazione dell’organismo: aiuta a eliminare le tossine e le scorie in eccesso accumulate a causa di fattori ambientali (come l’inquinamento) e di stili di vita sbagliati, in particolare l’alimentazione scorretta, il consumo di alcol, l’abuso di farmaci e il fumo. Quando queste sostanze di scarto sono troppe, il fegato viene sottoposto a un superlavoro che lo predispone a disturbi e malattie di vario genere, di cui spesso non ci accorgiamo se non quando il danno è ormai fatto».

Ecco quindi la necessità di mettere in campo una strategia preventiva per mantenerlo in salute, partendo dalla scelta dei cibi da portare in tavola.


Il menu migliore per il fegato? La dieta mediterranea

Diversi studi hanno dimostrato che la dieta mediterranea è un’ottima alleata della salute del fegato. «Un recente studio americano, condotto dalla Virginia Commonwealth University e dal McGuire VA Medical Center, ha messo in luce che un menu composto da verdure, cereali, alimenti derivati da latte fermentato tipo lo yogurt, tè, caffè e cioccolato, è associato a una maggiore presenza di batteri intestinali “buoni” e riduce il rischio di ospedalizzazione tra i malati di cirrosi epatica», spiega Coco.

«È inoltre certo che chi segue un’alimentazione di tipo mediterraneo ha un microbiota più ricco e vario, che favorisce un migliore stato di salute».


Intestino e fegato: un lavoro per due

Tra intestino e fegato esiste una stretta connessione. «Entrambi collaborano all’eliminazione di scorie e tossine in eccesso», precisa il dottor Coco. «Ecco perché a tavola non possono mancare i cibi ricchi di probiotici, microrganismi benefici che favoriscono l’equilibrio della flora batterica. Tra questi lo yogurt, il miso, il tempeh e in generale tutti gli alimenti fermentati».

Ma c’è di più. Un’alimentazione di tipo mediterraneo riduce il fegato grasso, un problema molto diffuso, provocato dall’accumulo di trigliceridi nelle cellule epatiche per via della sedentarietà e degli eccessi alimentari. La conferma arriva anche da una ricerca condotta dalla Società italiana di diabetologia presso l’Università Federico II di Napoli e presentata all’ultimo Congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete.

Per passare dalla teoria alla pratica.


COSA METTERE NEL PIATTO 

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  • Punta sui vegetali di stagione


«Gli antiossidanti aiutano il fegato a liberarsi dalle tossine accumulate (per via dell’abuso di farmaci, di alcol e di sostanze inquinanti) senza che gli epatociti, le sue cellule, subiscano danni importanti. Nella dieta non possono mancare quindi alimenti ricchi di vitamine A, C ed E, presenti nei vegetali», spiega Andrea Coco.

Cosa scegliere? Prodotti di stagione (di solito coltivati senza l’uso di fitofarmaci e altre sostanze chimiche che hanno effetti dannosi sulla salute del fegato), preferibilmente a km zero e variando spesso tipo e colore. Tra quelli da preferire ci sono i carciofi: «Sono ricchi di polifenoli, antiossidanti tra i quali spicca la cinarina, che stimola la secrezione della bile e favorisce, di conseguenza, la digestione dei grassi», puntualizza l’esperto.

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  • Fai spazio nel menu anche alle uova


Sono considerate erroneamente nemiche del fegato per il loro contenuto di colesterolo. In realtà, se consumate nella giusta quantità (2-3 alla settimana) non sono affatto dannose. Anzi. Le proteine di cui sono ricche sono formate da tutti gli aminoacidi essenziali che servono all’organismo per produrre il glutatione, un potentissimo antiossidante, che favorisce il funzionamento del nostro organo detox.

«Il tuorlo, inoltre, contiene grassi “buoni” Omega 3, che grazie alla loro azione antinfiammatoria facilitano lo smaltimento delle tossine in eccesso», aggiunge l’esperto. «Attenzione però alla preparazione: le uova barzotte, con l’albume cotto e il tuorlo ancora lievemente liquido, sono più digeribili di quelle sode».


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  • Riduci non solo i fritti


A poter nuocere alla salute del fegato sono anche i cibi grigliati e quelli cotti al forno, perché vengono sottoposti a temperature elevate e/o a tempi di cottura prolungati. La conferma arriva da uno studio condotto dall’Università dell’Illinois: i ricercatori statunitensi hanno dimostrato che la crosticina bruna che si può formare durante questi tipi di cottura è ricca di AGE (Advanced Glycation End-products, cioè prodotti della glicazione avanzata).

Si tratta di sostanze che accelerano l’invecchiamento cellulare precoce di tutti i tessuti (compreso quello del fegato) e favoriscono l’insorgenza di disturbi cardiovascolari, diabete e insufficienza renale. Tra i metodi da preferire c’è invece la cottura a vapore, perché permette di proteggere al meglio le vitamine, i minerali e gli antiossidanti contenuti nei diversi cibi.


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  • Bevi 2-3 tazzine di caffè al giorno


Il caffè non fa male al fegato, a patto però che non si esageri con le quantità. In particolare, berne 2-3 tazzine al giorno senza zucchero ha effetti benefici e protettivi. La dimostrazione arriva da diversi studi condotti negli ultimi anni. Una ricerca italiana pubblicata dal Journal of Clinical Gastroenterology ha evidenziato che un consumo moderato di caffè favorisce la riduzione dell’accumulo di grasso nelle cellule epatiche.

Un altro studio fatto dall’Istituto Mario Negri di Milano ha invece messo in luce che il caffè è in grado di diminuire il rischio di sviluppare un cancro epatico. Alle stesse conclusioni è arrivata una ricerca pubblicata sulla rivista Food Research International e realizzata dall’Università statale di San Paolo del Brasile e dell’Università di Granada.

Infine, non va dimenticato che il caffè è ricco di polifenoli, dalla spiccata azione antiossidante.


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  • Preferisci i grassi buoni


Tra questi spiccano i preziosi Omega 3 (presenti in alimenti come l’olio e i semi di lino e le noci) e i grassi monoinsaturi contenuti nell’olio d’oliva: hanno proprietà antinfiammatorie e permettono all’organismo di assorbire vitamine liposolubili dall’azione antiossidante, come la E e la A, che contrastano l’azione dei radicali liberi. Anche alcuni pesci sono una fonte di grassi buoni Omega 3.

«Quelli di taglia piccola come alici, sardine, aringa, sgombro ne contengono quantità maggiori rispetto a quelli di taglia più grande (esclusi salmone e tonno)», precisa il dottor Coco. «Hanno poi un altro vantaggio: sono meno a rischio di contaminazione da metalli pesanti e altre sostanze inquinanti che favoriscono l’accumulo di tossine nel fegato».

Vanno invece limitati il più possibile i cibi ricchi di grassi saturi (che fanno male non solo al cuore e al cervello) come i formaggi, la carne rossa, i prodotti industriali preparati con olio di palma.


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  • Controlla gli zuccheri


Un’assunzione eccessiva non solo di glucosio, ma anche di fruttosio, in particolare di quello industriale aggiunto ai cibi e alle bevande, è dannosa per la salute del fegato.

«Il metabolismo del fruttosio produce acido urico, una molecola che, se presente nel sangue a valori elevati, è capace di scatenare dei meccanismi simili a quelli dell’alcol e portare all’insorgenza di patologie che vanno dalla steatoepatite (infiammazione dovuta all’accumulo di grassi) fino alla necrosi delle cellule del fegato», spiega il dottor Andrea Coco.

La conferma arriva anche da un gruppo di ricercatori dell’Unità operativa complessa di malattie epatometaboliche del Bambin Gesù di Roma. «Secondo questo studio il fabbisogno giornaliero di fruttosio è pari a 25 grammi circa. Ogni grammo in più, rispetto a questa quota, aumenterebbe il rischio di sviluppare malattie del fegato di ben una volta e mezzo», spiega il nostro esperto.





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Articolo pubblicato sul n. 16 di Starbene, in edicola e nella app dal 31 marzo 2020


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