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Premenopausa: il mini-intervento che blocca le perdite

In questa fase l’endometrio può crescere in maniera anomala causando continui sanguinamenti. Ecco come bloccarli

credits: iStock




Circa il 7 % delle donne in premenopausa soffre di iperplasia endometriale, l’anomala crescita del tessuto che riveste la cavità uterina chiamato, appunto, endometrio. Problema che provoca perdite intermestruali e mestruazioni “da incubo”.

«Le cause del disturbo sono diverse: dall’iperstimolazione ormonale dovuta a una eccessiva produzione di estrogeni fino a un’alterazione precancerosa», spiega il dottor Lino Cipolla, ginecologo presso il Magenta Medical Center di Milano.

Fortunatamente, diagnosticare l’iperplasia è semplice. Basta che il ginecologo sottoponga la paziente a un’ecografia transvaginale, nei giorni precedenti le mestruazioni, per misurare lo spessore dell’endometrio: se supera i 10 mm, significa che è cresciuto troppo e, sfaldandosi, darà vita a un flusso particolarmente abbondante.


Rimuovi l'endometrio, ma conservi l'utero

«È importante trattare l’iperplasia endometriale il più presto possibile perché, al di là del disagio legato alle perdite, l’anomala crescita del rivestimento uterino può evolvere verso il tumore dell’endometrio», prosegue il dottor Lino Cipolla.

«Fino a qualche anno fa la terapia d’elezione consisteva nel prescrivere il progesterone, ormone “antiproliferativo” in grado di neutralizzare lo stimolo estrogenico. Il farmaco si può assumere per bocca o grazie all’inserimento nell’utero di una spirale medicata.

Alcune donne, però, non ne sopportano gli effetti collaterali (gonfiore, ritenzione idrica, sonnolenza diurna), senza contare che non sempre la terapia di bilanciamento ormonale riesce a frenare la crescita dell’endometrio.

Così, veniva loro proposta l’isterectomia totale, cioè l’asportazione chirurgica dell’utero, oppure la termoablazione dell’endometrio con un cateterino e un’ansa termica inserita attraverso il collo uterino.

Il primo, però, è un intervento invasivo, mentre l’ablazione con il calore è poco precisa e spesso non risolutiva, oltre al fatto di non consentire l’esame istologico del tessuto endometriale cauterizzato. Tant’è che non viene quasi più usata.

La tecnica più nuova? Si chiama ablazione endometriale resettoscopica (o isterectomia interna) e si esegue in day-hospital, mentre la paziente dorme un breve sonno».

Il ginecologo  entra dal collo dell’utero con un resettoscopio (strumento dotato di una microtelecamera,una fibra ottica luminosa e un’ansa elettrica che asporta l’endometrio) e “dirige” l’intervento dal monitor che ingrandisce di molto il campo operatorio.

Si tratta, in pratica, di un’isterectomia “formato ridotto”, parziale e mininvasiva, che libera la donna dell’incubo di mestruazioni emorragiche. In più, l’esame istologico esclude che non sia in atto un processo tumorale. 


Chi rischia di più

Tutte le donne prossime alla menopausa hanno uno squilibrio ormonale. Ma quelle più a rischio di iperplasia endometriale sono le cinquantenni in sovrappeso, per gli alti livelli in circolo di estrogeni prodotti dal tessuto adiposo.

Peggio ancora se, oltre a essere rotonde, soffrono di ipertensione e/o di diabete. I picchi iperglicemici stimolano l’iperplasia endometriale.

Infine, rischia di più chi ha avuto una mamma, una zia, una nonna o una sorella affetta da tumore all’endometrio. La prevenzione? Sottoporsi almeno una volta all’anno a un’ecografia transvaginale con un ecografo di ultimissima generazione.


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Articolo pubblicato sul n. 5 di Starbene in edicola dal 16/1/2018

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