Hiv, ne parliamo? Ecco la campagna contro stigma e imbarazzi

Ideata da Gilead Sciences, vuole promuovere il dialogo tra medici e pazienti. Attraverso la voce di chi vive con l’Hiv, pone l’attenzione sugli aspetti di vita che possono essere migliorati, per prenderne consapevolezza e iniziare ad affrontarli



223352

Il 40% delle persone che vive con Hiv apprende dell'infezione casualmente e ben 2 su 10 ne rimandano la comunicazione, principalmente per la paura del giudizio e dell'emarginazione. Parlare di Hiv è allora il primo passo per abbattere stigma e pregiudizio e aiutare le persone a vivere meglio e con maggiore serenità. La grande maggioranza delle persone che ha contratto il virus dichiara infatti che l'infezione può avere forti ripercussioni a livello psicologico, soprattutto a causa di discriminazioni e difficoltà di convivenza con l'infezione. Ecco perché la salute mentale è un punto di forte attenzione: sono numerose infatti le persone con Hiv a rischio di depressione. A pesare sulla qualità di vita, anche, la mancata aderenza alle terapie che interessa oltre un terzo dei pazienti e che potrebbe invece contribuire a migliorarla sensibilmente.

Questo è quanto emerso dall'indagine realizzata da Elma Research su 500 pazienti, da cui si evidenzia una fotografia del vissuto delle persone con Hiv e dei loro bisogni che mette in luce come l'infezione, nonostante gli importanti progressi terapeutici, abbia ancora un impatto determinante su diversi aspetti della qualità di vita.
A partire dai risultati emersi dalla ricerca, è dunque nata 
"Hiv. Ne parliamo?", la campagna di sensibilizzazione promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 associazioni di pazienti italiane, della Società italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit) e dell'Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar). Attraverso la voce di chi vive con l'Hiv, la campagna pone l'attenzione sugli aspetti di vita che possono essere migliorati, per prenderne consapevolezza e iniziare ad affrontarli. La campagna vuole offrire, attraverso le storie di chi vive con Hiv, degli spunti di riflessione sulla propria condizione e informazioni utili per migliorarla. Tutto disponibile su www.hivneparliamo.it.

«Considerato che il 95% delle persone comunica l'infezione ma lo fa in modo molto parziale, spesso escludendo familiari e amici, è evidente che c'è ancora una forte componente di stigma e "autostigma" che pesa sulla vita delle persone che scoprono la sieropositività al virus, con un carico che impatta negativamente sulla qualità di vita e sul benessere psicologico», sottolinea Gabriella d'Ettorre, Dipartimento di Sanità pubblica e Malattie infettive, Sapienza Università di Roma. «Un dialogo aperto con il proprio medico, ma anche il supporto delle associazioni di pazienti, rappresenta un punto cruciale per affrontare e risolvere queste problematiche. Come cruciale è continuare o, ancora meglio, tornare a parlare di Hiv, perché chi scopre l'infezione non si senta "messo da parte" né si autoescluda sul piano affettivo, sociale o relazionale. Tornare a parlarne, inoltre, è importante per promuovere l'accesso al test volontario, soprattutto in chi ha comportamenti a rischio, in modo da favorire la diagnosi precoce dell'infezione».

Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Coa, invece, in quasi il 60% dei casi l'infezione viene scoperta in fase avanzata, cosa che può compromettere l'efficacia delle terapie che, se assunte precocemente, consentono una buona qualità di vita.

«Il contrasto all'Hiv può infatti contare su strategie terapeutiche efficaci, in grado di azzerare la carica virale, soprattutto se assunte il più precocemente possibile rispetto al momento dell'infezione», spiega Andrea Gori del dipartimento Malattie Infettive, Ospedale "Luigi Sacco", Università di Milano e presidente Anlaids Lombardia. Tuttavia «l'aderenza alla terapia resta il punto chiave, sebbene, come emerge dall'indagine, circa il 30% dei pazienti non riesca a rispettarla».
Per il medico del Sacco essere aderenti alla terapia «vuol dire diminuire drasticamente la probabilità di comparsa di mutazioni del virus che possono provocare 'resistenze ai farmaci anti-Hiv', ossia una ridotta o assente capacità dell'efficacia della terapia stessv. E questo, come sottolinea l'infettivologo, non è l'unico problema. «Chi segue le indicazioni terapeutiche protegge anche gli altri, poiché azzerando la replicazione del virus non trasmette l'infezione, non è più contagioso. Un concetto rivoluzionario e allo stesso tempo molto semplice che si traduce in U=U (Undetectable?Untransmittable) ovvero "mi curo, non infetto"».

Proprio per questo motivo, il dialogo con lo specialista è fondamentale per favorire la consapevolezza di come l'aderenza alla terapia possa migliorare sostanzialmente la qualità di vita, anche in termini di disturbi di natura psicologica.

"Hiv. Ne parliamo?" non si rivolge solo alle persone che vivono con Hiv, ma intende alimentare il dialogo e rispondere a dubbi e domande della popolazione generale. Un obiettivo che verrà raggiunto grazie anche a una serie di influencer che coinvolgeranno le loro community sensibilizzandole sull'importanza di parlare di Hiv. I loro profili Instagram saranno popolati dalle card con i messaggi di campagna che lanciano una challenge molto semplice: "ne parliamo?".

24 novembre 2023

Leggi anche

Aids: il virus Hiv ha cambiato bersaglio

Preservativo: come si indossa, l'efficacia, la misura