Giornate mondiali, quante sono?

Ormai si celebra di tutto: tra le tante, troppe giornate mondiali di qualcosa, c’è pure quella del wc, e quella degli asteroidi. Pure quella senza pantaloni e la giornata senza Facebook. Il risultato? Un calendario sempre più caotico e la perdita del vero significato delle giornate mondiali.Già, perché l’idea iniziale era, e per certi versi resta, quella di sottolineare eventi, ricorrenze, situazioni nobili e importanti. Non a caso la prima giornata mondiale risale al 1950: la Giornata internazionale dei diritti umani, che si festeggia il 10 dicembre. Da allora, in poco più di 60 anni, queste giornate promosse dalle Nazioni unite si sono moltiplicate e oggi sono ben 157.Come se non bastasse, anche il Consiglio d’Europa, l’Unione europea e molte altre istituzioni sovranazionali ne hanno decretate alcune. A cui s’aggiungono i festeggiamenti delle associazioni di categoria (dagli infermieri agli insegnanti, solo per citarne un paio) e delle aziende che, per una questione di marketing, non potevano lasciarsi scappare l’occasione di promuovere i loro prodotti.Eppure, come dicevamo, erano nate con nobili propositi: promuovere i diritti umani, stimolare iniziative di pace e solidarietà, raccogliere fondi per le emergenze e la ricerca. Obiettivi importanti, insomma, che con quest’overdose di celebrazioni perdono visibilità, perché più si usa uno strumento e meno diventa incisivo. Ci sono giorni dell’anno in cui dovremmo celebrare più di un evento. Il record è del 21 marzo, con 5 ricorrenze: dalla quella della discriminazione razziale a quella della poesia. Senza contare che spesso finisce che di fronte a questa overdose, la maggior parte della giornate mondiali, magari pure importanti, viene dimenticata. Eppure per quella contro l’Aids, ad esempio, le agenzie Onu fanno grandi investimenti.La responsabilità di questo sovraffollamento è delle istituzioni: quasi tutte le Giornate mondiali sono decise dall’Assemblea delle Nazioni Unite su proposta di governi, Ong e associazioni della società civile ma non ci sono delle linee guida per i criteri di scelta. La sensazione è che si voglia accontentare un po’ tutti, per non scontentare nessuno di coloro che si fanno avanti.