Linguaggio del corpo: come interpretare lo sguardo sfuggente

Mentre parla i suoi occhi sfuggono ai tuoi. Si abbassano, guardano di lato, ti fissano a intermittenza. Sta mentendo o è solo timido? È a disagio per qualche motivo? Impara a scoprirlo con l’aiuto della nostra esperta



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La guardò fissa negli occhi ed esclamò: io ti amo! Quanti romanzi e storie sentimentali contengono il passaggio dell’amore a prima vista, un momento clou, quasi un test di veridicità che si fonda sullo sguardo. Ma, amore e innamoramento a parte, è la scienza a dire che sono proprio gli occhi a trasmettere per primi emozioni, sentimenti e intenzioni più o meno recondite di una persona. I neuroni destinati a elaborare la visione sono infatti i più numerosi, addirittura in numero maggiore rispetto a quelli degli altri sensi messi insieme, e non è un caso, visto che circa l’80% delle informazioni che provengono dall’esterno le assimiliamo prima di tutto con la vista.

Il contatto visivo è quindi fondamentale nella comunicazione fra di noi e, quando qualcuno lo evita pensiamo che qualcosa non va, proviamo disagio, ci facciamo delle domande persino sulla sincerità di quella persona. Dall’altra parte del nostro campo visivo, però, può non esserci chi ci nasconde qualcosa, ma un individuo che non si trova a suo agio in quella situazione. D’altronde la medicina ci insegna che esistono delle patologie che, fra i loro sintomi, hanno proprio l’evitamento visivo, come l’ansia grave e l’autismo.

Bugia a prima vista

«Le variabili cerebrali implicate nello sguardo sono tantissime», commenta Maria Giovanna Luini, medico psicosomatista. «È noto che gli investigatori di un certo livello sanno capire dallo sguardo e da dove si dirige se una persona sta mentendo, omettendo o cosa. Una facoltà che anche gli psicoterapeuti possono esercitare. Ognuno di noi ha un suo modo di distogliere lo sguardo diverso, ma il comune denominatore della bugia è l’evitamento».

Attenzione: anche guardare in modo fisso e forzato, magari proprio perché sai che non farlo potrebbe essere interpretato come menzogna, tradisce l’intenzione. È uno sguardo troppo diretto, che tenta di evitare il naturale ammiccamento e chiusura delle palpebre, e infatti in questi casi possiamo notare un leggero spasmo muscolare perioculare, che prova lo sforzo di non cambiare visuale. Succede come nel gioco dove, fissandosi, perde chi sbatte gli occhi per primo.


Gli altri elementi fisici

Non è così semplice diventare interpreti fedeli, come un addetto ai lavori, della bugia a prima vista. Per capire se l’occhio mente, occorre guardare anche altri elementi fisici, come la postura.

«In un suo libro, Vittorio Caprioglio, direttore della Scuola di specialità in medicina psicosomatica, lo spiega bene: c’è chi si siede obliquo mentre distoglie lo sguardo, accavalla le gambe, incrocia le braccia sul petto; sono tutti segnali di chiusura che possono rafforzare il sospetto della menzogna, se c’è anche devianza dello sguardo. Di sicuro c’è un segnale di ritrosia verso l’altro, di blocco, appunto», dice Luini.


Occhiata periferica, un’arte

Lo sguardo menzognero non è da confondere poi con lo sguardo periferico, quello che sembra focalizzare un punto del corpo, per esempio la bocca, ma è in grado di avere una visione d’insieme: è lo sguardo che si adotta nelle arti marziali, quando devi osservare in volto l’avversario ma tenere contemporaneamente d’occhio gambe e braccia.

«Lo sguardo periferico è un’arte, perché utilizza diversi sensi e ti fa cogliere moltissimo. Chi lo sa fare sa anche vedere cose che vanno al di là dell’espressione del viso, per esempio lo stato di salute delle persone, e quindi non ha a che fare con la menzogna», spiega Luini.

«Dice Raffaele Morelli, direttore di Riza e mio docente nel corso di psicoterapia: quando il nostro sguardo si allarga e non focalizza, quando adottiamo lo sguardo panoramico, in noi si forma l’idea di infinito. Lo sguardo focalizzato crea ansia, è lo sguardo della malattia: vedo solo ciò su cui mi focalizzo. Lo sguardo panoramico è lo sguardo della cura: vedo l’insieme, includo le infinite possibilità. Non a caso, mi capita nelle sedute con i pazienti, di distogliere lo sguardo per aumentare le mie capacità percettive: quando voglio cogliere le sfumature più sottili di una persona, mi succede di deviarlo un po’: lo sposto per un secondo, e lì mi capita di cogliere per esempio qualcosa nella voce, attivo altri sensi, come l’udito. E lo sguardo che cura è tipico delle medicine sciamaniche e dei nativi americani, dalle quali deriva il “io ti vedo”, che penetra l’anima».


Ansia, timidezza o concentrazione?

Che non sia così automatico che distogliere lo sguardo significhi qualcosa da nascondere lo dice la pratica clinica: «L’ansia di dover affrontare una prova dove lo sguardo la farà da protagonista, che sia una prova d’amore, di studio o di lavoro, è uno dei motivi più frequenti di un atteggiamento in generale non diretto, dalla vista alla postura», spiega Luini.

La tecnica mista sguardo-altri sensi utilizzata in psicoterapia trova un riscontro scientifico in una ricerca dell’Università di Kyoto, pubblicata su Cognition, che spiega anche che non sempre la timidezza c’entra con queste dinamiche. Secondo gli scienziati giapponesi, se una persona distoglie o non riesce a reggere lo sguardo altrui, il più delle volte lo fa per non appesantire la sua capacità di attenzione o, come dice la dottoressa Luini, per amplificare altri “poteri”.

Insomma, la visione non diretta sarebbe legata a un tentativo di non sovraccaricare il sistema cognitivo. Il cervello, ricevendo troppe informazioni, sceglierebbe quindi di focalizzarsi su alcune (la parola, la gestualità) ed eviterebbe le altre per una forma di risparmio utile all’attenzione.

«In realtà la persona timida di solito tiene lo sguardo più basso, o fissa qualcosa dell’interlocutore che si trova su un piano inferiore alla linea dell’orizzonte, come le mani, però ha spesso cura di controllare se lo stai guardando, e quindi gli occhi tornano spesso in quelli del suo dirimpettaio», spiega Luini. «Se invece una persona sta mentendo difficilmente ricentra lo sguardo, fa molta fatica a riguardarti».


Per non fare brutte figure

L’ansia dell’incontro può farci dunque assumere uno sguardo anomalo, che potrebbe essere mal interpretato: che fare? «Seguire il suggerimento che a suo tempo mi ha dato Oliviero Rinaldi, già direttore sanitario dell’Istituto Europeo di Oncologia: pensa che il tuo difetto, il tuo punto debole in quel momento sia una dote. Ricordiamoci che più si lotta contro una reazione imbarazzante più la si avrà. Bisogna convincersi ad amare quel lato: più noi accettiamo qualcosa più la modifichiamo, alleggerendola. Succede con le vampate di calore della menopausa: più pensiamo “tanto passa”, meno saranno frequenti e intense, e funziona anche sull’arrossire e sulla sudorazione eccessiva», spiega Luini.

Una buona tecnica preparatoria è quella di pensare di essere una persona che stimiamo molto, che ammiriamo, anche un attore. Pensiamo: io sono quel personaggio che mi piace tanto, mi chiamo col suo nome. Funziona, provate».


Lo sguardo dell'amore

Zick Rubin, psicologo autore della prima misurazione empirica dell’amore (ha ideato una scala che misura simpatia e sentimento), spiega che chi ha un potenziale per innamorarsi riesce a sostenere lo sguardo dell’altro almeno il 75% delle volte, contro il 30-60% dei “non interessati”. E se qualcuno interrompe lo scambio, il contatto cessa con più difficoltà e lentamente.

Uno studio su The Journal of General Psychology dice che uno scambio di sguardi intensi può provocare una sorta di fusione che ha diversi effetti subitanei: fa sentire l’altro molto simile a noi, esclude coloro che sono presenti, elimina i “rumori di fondo”. «Anche qui la postura aiuta a confermare lo sguardo innamorato o meno», commenta Luini. «Gambe scavallate, corpo proteso, braccia rilassate denotano accoglimento».


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