I processi di termoregolazione (vedi riquadro a p. 382) orchestrati dall’ipotalamo, hanno lo scopo di mantenere la temperatura dei visceri corporei (temperatura “interna”) a valori costanti, indipendentemente dalla temperatura presente nell’ambiente esterno.
Più precisamente, negli individui sani, l’ipotalamo attua la termoregolazione in modo da mantenere la temperatura interna del corpo costantemente allineata con un suo valore di riferimento “ideale” che è fissato mediamente tra i 37 e i 38 °C.
Ipertermia e febbre
Un aumento della temperatura interna oltre il limite ideale può dipendere dal fatto che, per svariate ragioni, la produzione di calore da parte del corpo eccede le capacità massime dell’ipotalamo di promuoverne la dissipazione (si parla in questo caso di ipertermia).
Molto più spesso, però, tale aumento dipende dal fatto che l’ipotalamo reimposta verso l’alto il proprio valore di temperatura “ideale” e quindi attiva i meccanismi termoregolatori fino a riallineare la temperatura corporea effettiva col nuovo, più elevato, valore di riferimento. Questa condizione si definisce febbre.
In altre parole, l’aumento della temperatura corporea nel caso dell’ipertermia deriva da una sorta di “fallimento” della termoregolazione di fronte ai limiti imposti dalle leggi che regolano la produzione e la dissipazione del calore; nella febbre invece l’aumento della temperatura corporea è espressione di un’attività termoregolatoria efficiente ma orientata dall’ipotalamo al raggiungimento di un nuovo equilibrio termico. Febbre e ipertermia sono manifestazioni cliniche di svariate condizioni di malattia.
Misurare la temperatura
Per misurare la temperatura corporea si impiega il termometro, strumento semplice, diffuso, di basso costo e preciso. Contrariamente a quanto si possa pensare, il compito di definire quando una temperatura è “patologica” può invece rivelarsi molto difficile. Nell’individuo sano, infatti, la temperatura del corpo varia a seconda dell’ora della giornata (al mattino è più bassa di mezzo grado rispetto al pomeriggio), dell’assetto ormonale (nelle donne in età fertile, durante la fase preovulatoria è più bassa di 0,6-0,8 gradi centigradi rispetto alla fase post-ovulatoria), dell’attività fisica, del contenuto calorico dei pasti, dell’esposizione al sole ecc.: questo è il concetto della “variabilità intra-individuale”.
Inoltre, anche ammesso di poter fare una media tra tutte le variabili intra-individuali, ci accorgeremmo che questa media può differire da individuo a individuo di quasi 1 grado (variabilità inter-individuale).
Infine esistono rilevanti variazioni a seconda dalla sede in cui si compie la misurazione: nel cavo ascellare la temperatura è minore di circa mezzo grado rispetto alla cavità orale, che a sua volta ha una temperatura minore di poco meno di mezzo grado rispetto a quella misurata nel retto).
Tenendo conto di questa grande variabilità si può affermare che il 99% degli adulti sani presenta una temperatura orale massima di 37,2 °C al mattino e 37,7 °C di sera (per via rettale i valori sono di 37,6 °C al mattino e 38,1 °C di sera).
Ne deriva che il rilievo di valori superiori a questi indica quasi certamente una condizione patologica, cioè la presenza di febbre. Questa può esistere anche per valori inferiori a quelli indicati, ma la probabilità di febbre è pressoché trascurabile quando si registrano valori di circa 36,4 °C al mattino e 36,9 °C alla sera (oppure 36,8 °C al mattino e 37,3 °C alla sera per via rettale).
In conclusione, sarebbe bene che ogni persona conoscesse la propria personale curva termica giornaliera in condizioni di perfetto benessere, in modo da poter giudicare se i valori di temperatura misurati quando non si sente bene siano patologici o no.
Principali cause di febbre
Ogni condizione in grado di aumentare i livelli di pirogeni nel sangue che arriva al cervello e quindi all’ipotalamo può provocare febbre (vedi riquadro I pirogeni).
La cause più comuni sono le infezioni microbiche, le lesioni dei tessuti (traumi, ustioni, interventi chirurgici ecc.), i tumori maligni, specialmente se in fase avanzate, le malattie infiammatorie croniche (per esempio molte patologie reumatologiche, come le vasculiti e le connettiviti).
Principali cause di iperterrmia
Nella maggior parte dei casi l’ipertermia dipende da una permanenza prolungata in ambienti molto caldi e umidi, in cui è difficile dissipare il calore del corpo (colpo di calore). Il rischio è elevato soprattutto nei pazienti anziani, specialmente se sono disidratati (e quindi hanno scarsa capacità di sudare) o se assumono farmaci che inibiscono la sudorazione (molti antispastici, alcuni antistaminici, neurolettici, antidepressivi e antiparkinsoniani) o che favoriscono l’eliminazione di acqua dal corpo (diuretici, lassativi).
Anche i giovani, tuttavia, possono andare incontro al colpo di calore, tipicamente quando svolgono al caldo attività fisiche molto pesanti. In queste condizioni infatti si disidratano rapidamente e producono grandi quantità di calore con la contrazione dei muscoli (colpo di calore da esercizio fisico). Talvolta l’ipertermia dipende da malattie ormonali (la tireotossicosi e il feocromocitoma, per esempio) o è un effetto indesiderato di particolari farmaci (per esempio i neurolettici) o droghe (anfetamine, cocaina, LSD, fenciclidina).
Manifestazioni cliniche
Nella febbre, per definizione, la temperatura corporea orale o rettale è superiore ai limiti di norma, mentre la temperatura ascellare è molto meno attendibile per individuare la febbre, in quanto la pelle può rimanere per lungo tempo molto più fredda rispetto ai visceri. Nei casi dubbi, quindi, è essenziale confermare il valore della temperatura “esterna” con una misurazione orale o rettale.
Una febbre anche di modesta entità può accompagnarsi a marcata sensazione di stanchezza, malessere generale, mal di testa, dolore agli occhi, ai muscoli (mialgie) e alle articolazioni (artralgie). Inoltre, il maggior consumo di ossigeno (10-15% in più per ogni grado oltre i 37 °C) da parte dei tessuti dell’organismo, obbligati a “funzionare” a temperature più elevate del normale, obbliga il cuore ad aumentare il suo lavoro con conseguente aumento della frequenza (tachicardia) e possibile sensazione di batticuore (cardiopalmo); obbliga inoltre l’apparato respiratorio ad aumentare la frequenza degli atti respiratori (polipnea). Ancora, soprattutto nei pazienti anziani, la febbre può determinare anche disturbi neurologici quali confusione mentale (a volte grave, con completo disorientamento, stati di agitazione, delirio, allucinazioni), ritenzione di urina (per blocco funzionale della vescica), profondo stato di sopore (letargia) e addirittura coma. In una minima quota dei bambini di età inferiore ai 5 anni (circa il 3%), una temperatura rettale superiore ai 39 °C può determinare convulsioni, quasi sempre “benigne” e transitorie. Se la febbre dura a lungo (molte ore o giorni) può ostacolare la corretta nutrizione e determinare perdite di grandi quantità di acqua e di sali minerali (elettroliti). Nei pazienti più fragili, con limitate capacità di alimentarsi e di bere (per l’età avanzata, per la compresenza di altre malattie croniche, per le precarie condizioni socio-economiche e igieniche ecc.), questi fenomeni possono generare in pochi giorni squilibri così gravi nella composizione dei fluidi corporei da portare a morte.
Manifestazioni cliniche
Nel caso di soggetti affetti da ipertermia, oltre all’aumento della temperatura corporea (interna ed esterna), possono comparire disturbi neurologici (allucinazioni, delirio, letargia), rigidità muscolare (ipertono) e dilatazione delle pupille (midriasi).
Misure di primo soccorso nella febbre
Nella maggior parte dei casi la semplice presenza di febbre, anche elevata, non costituisce un’emergenza e, in assenza di altri sintomi preoccupanti, è generalmente consigliabile consultare il medico se la temperatura non accenna a ridursi entro 48 ore dall’esordio. Esistono tuttavia alcune condizioni particolarmente pericolose che dovrebbero indurre a chiedere una visita urgente o anche a ricorrere prudenzialmente al Pronto soccorso, anche se la temperatura corporea non è molto elevata (per esempio intorno a 38-38,5 °C):
- pazienti recentemente sottoposti a chemioterapia o con infezioni da HIV;
- tumori in fase avanzata;
- immunodeficienze congenite;
- pazienti con tosse e con espettorato purulento o macchiato di sangue (emottisi) da più di una settimana (esiste infatti l’elevata probabilità di polmonite o tubercolosi);
- recente viaggio in Paesi a rischio di malaria (anche se è stata regolarmente effettuata la profilassi);
- comparsa di disturbi neurologici (confusione mentale, delirio, convulsioni, letargia);
- comparsa di difficoltà respiratorie (respiro affannoso o sibilante);
- marcata riduzione della quantità di urine emesse, specialmente nei soggetti anziani (per esempio meno di mezzo litro di urina al giorno, condizione indicativa di grave disidratazione);
- presenza di dolore addominale persistente senza diarrea o con diarrea con sangue.
È utile riferire al medico i farmaci che si stanno assumendo o assunti di recente. Tra questi, infatti, potrebbero esserci neurolettici, antidepressivi, antispastici e altre tipologie di farmaci utili al medico per sospettare la causa dell’aumento della temperatura.
Misure di primo soccorso in caso di ipertermia
L’ipertermia è una condizione pericolosa per la vita; quindi, tutti i pazienti con sospetta ipertermia vanno portati immediatamente in Pronto soccorso. In caso di attesa, o durante il tragitto verso l’ospedale, vanno rimossi tutti gli indumenti e l’intera superficie del corpo va inumidita con acqua del rubinetto a temperatura ambiente. L’evaporazione dell’acqua va poi possibilmente favorita con un ventilatore. Se il paziente può bere gli può essere somministrata acqua fredda (di frigorifero). Tutte queste manovre di raffreddamento vanno sospese se compare brivido. Accorgimenti più drastici vanno preferibilmente demandati al personale sanitario, dopo la definizione della diagnosi di ipertermia. [G.A.]