occhio secco

L’occhio secco è un disturbo che può interferire in modo anche molto significativo con la qualità di vita delle persone. Non è facile capire quante persone ne siano affette, poiché non esiste ancora una definizione di questa condizione, né esiste un completo accordo sui test e sui criteri di riferimento per fare la diagnosi. In […]



L’occhio secco è un disturbo che può interferire in modo anche molto significativo con la qualità di vita delle persone. Non è facile capire quante persone ne siano affette, poiché non esiste ancora una definizione di questa condizione, né esiste un completo accordo sui test e sui criteri di riferimento per fare la diagnosi.

In effetti solo da pochi anni si sono intensificate le ricerche sull’occhio secco e verosimilmente c’è ancora molto da scoprire su questa condizione molto complessa per la quale il termine “medicale” di cheratocongiuntivite secca è stato di fatto sostituito dal più diffuso “occhio secco”.


L’occhio secco nella storia

Il concetto di “occhio secco” è variato in modo sostanziale nella storia, a partire dai tempi dell’antica Grecia nei quali fu coniato il termine xeroftalmia (letteralmente “secchezza degli occhi”), rimasto in auge fino a tutto il XIX secolo quando si voleva indicare una condizione di secchezza assoluta della superficie dell’occhio, la cui cornea appariva bianca e opaca e che in alcuni soggetti era accompagnata anche da grave deficit della vista.

Verso la fine del XIX e per tutto il XX secolo gli studiosi hanno dedicato attenzione alle alterazioni della superficie dell’occhio descrivendone stati di secchezza più o meno marcati. Cominciarono a comparire termini quali cheratite punctata, cheratite filiforme, cheratopatia filamentosa e altri, e si studiarono le condizioni in cui questi segni si associavano a disturbi più o meno marcati del paziente. In quel periodo la gran parte delle situazioni di occhio secco veniva attribuita alla sindrome di Sjögren, per cui di fatto si dedicò una minore attenzione alle altre possibili, per quanto meno eclatanti, cause.

Negli anni cinquanta del Novecento gli studiosi cominciarono a impiegare il termine di occhio secco per indicare situazioni per lo più sostanzialmente benigne ma caratterizzate da una ridotta presenza di lacrime. L’approfondimento degli studi in questo senso portò a scoprire che potevano essere in causa carenze più o meno marcate delle tre parti fondamentali del liquido lacrimale e si cominciò a parlare di deficit della componente acquosa, mucinica e grassa.

La fine del Novecento e l’inizio del XXI secolo sono caratterizzati da un crescente numero di ricerche dedicate in particolare alla superficie oculare e alle alterazioni qualitative e quantitative del film lacrimale. Il termine “occhio secco” viene lentamente esteso non tanto alle condizioni di carenza quantitativa bensì alle alterazioni qualitative delle lacrime rispetto ad altre componenti quali il lisozima, la taurina, i fattori di crescita e così via.


Definizione di occhio secco

La Conferenza italiana di consenso sull’occhio secco nel 2005 ha definito l’occhio secco come una malattia cronica della superficie oculare che consegue a cause di diversa natura e che è caratterizzata da un’alterazione sia della qualità e della quantità delle lacrime, sia dei tessuti che costituiscono la superficie dell’occhio, associata con disturbi a carico dell’occhio che possono in alcuni casi essere anche particolarmente gravi.

Si tratta di un disturbo piuttosto comune nell’età adulta e avanzata che in alcuni casi è associato a malattie autoimmuni quali la sindrome di Sjögren, l’artrite reumatoide e altre.

Una caratteristica particolare di questa situazione è che, pur potendo conseguire a problematiche differenti, genera per il paziente problemi localizzati sempre sulla superficie del bulbo oculare.


Cause

Le cause dell’occhio secco sono oltre un centinaio. In alcuni casi è in gioco la compromissione di numerose ghiandole (situazione tipica nell’età avanzata) dell’occhio secco, che insorge in presenza di malattie ormonali o immunitarie o per assunzione di alcuni farmaci a rischio (per esempio alcuni antiparkinson, antipertensivi come i betabloccanti o i diuretici, alcuni antistaminici, l’isotretionina e l’etretinato, alcuni psicofarmaci come le benzodiazepine, alcuni antidepressivi come i triciclici e gli SSRI, le fenotiazine, il metaqualone, i sali di Litio), in caso di deficit nutrizionali (per esempio la carenza di vitamina A) o in situazioni particolari quali l’allattamento o l’uso di contraccettivi orali o la menopausa. In altri pazienti invece sono compromesse in modo specifico le ghiandole lacrimali, come accade in caso di anomalie congenite, di stati infiammatori locali, di traumi, di problemi neurologici.


Sintomi

In alcuni pazienti i disturbi tipici dell’occhio secco si associano a disturbi nasali (secchezza, bruciore, alterazioni dell’olfatto), della bocca (mancanza di saliva, alitosi, movimenti anomali della lingua nel tentativo di umettare le mucose del cavo orale e le labbra, alterazioni del gusto, stomatiti micotiche), della gola (aumento del desiderio di bere, bisogno di schiarirsi la voce parlando, escreato denso), della vagina (bruciore, disturbi nel rapporto sessuale), della cute (pelle secca, bruciore ascellare).


Diagnosi

In presenza di disturbi che possono far sospettare questa situazione, la visita dell’oculista consente di chiarire la situazione anche con il ricorso a esami particolari finalizzato proprio allo studio del film lacrimale, della sua integrità e al tempo di permanenza sulla superficie oculare. Gli esami più frequentemente impiegati sono i test di Schirmer, il tempo di rottura del film lacrimale (break-up time o BUT), i test con fluoresceina o lissamina; in casi particolari si ricorre anche all’esame citologico, alla colorazione con Rosa Bengala, al Ferning test, alla biopsia congiuntivale.


Lacrime e ammiccamento

L’ammiccamento è un meccanismo fondamentale che consente di mantenere un efficace grado di umidificazione della superficie anteriore dell’occhio. Si consideri infatti che il film lacrimale, ossia il sottilissimo strato di lacrime, è essenziale per l’integrità anatomofunzionale del bulbo oculare e tende a interrompersi circa 15-30 secondi dopo che la palpebra superiore è stata sollevata. È grazie all’ammiccamento (che normalmente avviene all’incirca 15 volte al minuto ma che non sempre determina il contatto completo dei bordi palpebrali) che il film lacrimale viene “disteso” sulla superficie dell’occhio mantenendolo umido e preservandone così l’integrità. Ed è proprio la “rottura” del film lacrimale che concorre alla formazione dello stimolo per un nuovo ammiccamento e per la successiva umidificazione oculare.

Queste “rotture” avvengono più precocemente in presenza di anomalie delle lacrime, quale che sia la loro origine.


Terapia

In tutti i pazienti con occhio secco è fondamentale l’intervento dell’oculista che, dopo la necessaria fase di diagnosi, si preoccuperà di correggere le eventuali malattie oculopalpebrali o generali concomitanti anche con impiego di farmaci specifici (locali e sistemici). È bene che il paziente rispetti una serie di norme generali di natura igienico-ambientale quali la cura degli ambienti (umidificazione, ventilazione), l’impiego di occhiali con protezioni laterali, l’attenta scelta del tipo di lente a contatto se in uso, una buona igiene delle palpebre.

Inoltre, nei pazienti con occhio secco di entità lieve, oltre all’astensione dai fattori di rischio o scatenanti, l’oculista prescrive i sostituti lacrimali che, qualora non si rivelassero sufficientemente efficaci o si rendessero necessarie somministrazioni troppo frequenti nella giornata, possono essere sostituiti da prodotti in gel o anche in pomata da applicare prima del riposo notturno. Nei casi di entità “moderata” gli esperti consigliano, in aggiunta a tutti gli interventi previsti per i casi meno gravi, il ricorso ai sostituti lacrimali in somministrazione frequente e regolare e ad acidi grassi polinsaturi per via orale; in seconda istanza, lo specialista potrebbe consigliare una terapia antinfiammatoria locale (colliri a base di steroidi, FANS e anche ciclosporina A in caso di insuccesso) con eventuale aggiunta di terapia sistemica; solo in terza battuta si ricorre a farmaci particolari, antibiotici o a interventi chirurgici (chiusura temporanea dei puntini lacrimali).

Per i casi di occhio secco grave vengono impiegate tutte le suddette terapie di ordine igienico-ambientale, farmacologico locale o generale e chirurgiche qualora si rendesse necessario correggere eventuali patologie palpebrali associate.


Occhio secco e cura dell’ambiente

La superficie oculare è esposta per un notevole numero di ore ogni giorno all’aria e quindi nessun trattamento farmacologico potrà aspirare a ottenere un risultato pieno senza la dovuta attenzione all’ambiente di vita e di lavoro del paziente affetto da sindrome dell’occhio secco.

Fondamentale pertanto il periodo trascorso a occhi chiusi. È importante dunque che il soggetto mantenga un adeguato numero di ore di sonno, ma bisogna consigliare di mantenere gli occhi chiusi per ulteriori periodi durante la giornata, anche brevi o brevissimi: per esempio, quando si viaggia e non si è direttamente impegnati nella guida (in auto, in treno, aereo e anche in ascensore) o si ascolta la musica o una conferenza e così via. È bene evitare di esporre direttamente gli occhi a correnti d’aria come accade non solo in vicinanza di condizionatori d’aria e ventilatori nonché di viaggi in moto o in auto sui sedili posteriori a finestrini aperti, ma anche in caso di cammino veloce o di corsa a piedi. È inoltre opportuno che l’aria mantenga un certo grado di umidità: utile evitare di stare troppo vicini a fuochi liberi, caminetti e barbecue.

Dannosa, infine, l’esposizione a tutti gli inquinanti dentro e fuori casa, a cominciare dal fumo di sigaretta attivo e passivo, fino alle esalazioni di solventi e vernici, zone esposte a eccessi di inquinamento atmosferico ecc.

In alcuni soggetti viene anche consigliato di indossare occhiali anche con lenti non correttive e magari dotati di alette e paratie superiori e laterali.

In caso di prolungata esposizione alla luce intensa (da evitare comunque, se possibile), è utile l’impiego di lenti con filtri anti-UV dal momento che questa condizione altera il film lacrimale e ne aumenta l’evaporazione.

Ricordare poi che lavorare a lungo al computer da tavolo costituisce un ulteriore motivo di accentuazione dei disturbi da occhio secco per una serie di motivi: obbliga a mantenere a lungo una posizione di sguardo orizzontale, inusuale per la specie umana tranne in questo contesto; porta ad assumere una posizione di sguardo che espone all’aria una maggiore superficie oculare; aggiunge allo sforzo oculare tipico della visione da vicino (accomodazione, convergenza e miosi) un certo grado di retrazione della palpebra superiore, la diminuzione dell’ammiccamento e quindi un prolungamento del tempo di esposizione della superficie oculare all’aria. Una condizione analoga accade per coloro (tipicamente i presbiti) che sono abituati a guardare lontano alzando lo sguardo al di sopra degli occhiali usati per leggere e mantenuti bassi sul naso. In alcuni pazienti, infine, è presente un’incompleta chiusura delle palpebre che di notte determina un peggioramento dell’occhio secco. In questi casi l’oculista potrebbe consigliare rimedi per migliorare la chiusura della rima palpebrale quali l’impiego di una mascherina o di una benda o di un cerotto applicato sulle palpebre chiuse. [G. V.]