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Il botulino contro l’emicrania: perché funziona

La tossina, iniettata in precisi punti, riesce ad abbattere i giorni di sofferenza da 15 a 5 al mese. Non ha effetti collaterali e in certi casi è rimborsata dal Ssn

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Il botulino non funziona solo per “spianare” le rughe. Secondo i risultati di due studi inglesi pubblicati sulla rivista Cephalalgia dell’International headache society la tossina botulinica di tipo A (onabotulinumtoxin A) nell’emicrania cronica riduce di 10 giorni al mese il mal di testa.

«Un risultato importante visto che questa patologia, considerata dall’Oms tra le 19 più invalidanti e che colpisce circa 800 mila italiani, di solito si fa sentire 15 giorni al mese, con dolori pulsanti, nausea e vomito», spiega Cristina Tassorelli, professore associato di neurologia dell’Università di Pavia.


Perché funziona

Chi soffre di emicrania cronica lamenta una costante contrattura di diversi muscoli della testa, del collo e delle spalle.

«Piccole iniezioni del farmaco in queste zone contrastano la produzione dei neurotrasmettitori infiammatori che causano il dolore, distendendo e rilassando i muscoli», sottolinea la neurologa. In pratica vengono fatte 31 iniezioni in varie zone della testa, della fronte, del cuoio capelluto, delle spalle e del collo. All’inizio la terapia va ripetuta ogni 3 mesi ma, a lungo andare, il suo effetto si prolunga sempre di più, posticipando i tempi del richiamo.

«Il trattamento è risultato più efficace nei pazienti trattati in fase precoce, cioè a ridosso dei primi episodi di emicrania, e non ha controindicazioni», aggiunge Tassorelli. «L’importante è che le iniezioni vengano praticate da mani esperte che sappiano arrivare a precisi punti anatomici».


Chi può fare la nuova terapia

Nelle nuove linee guida apparse sulla rivista Neurology (approvate anche dalle associazioni americane di medicina neuromuscolare e di chirurgia plastica) questo trattamento è raccomandato per “sicurezza” ed “efficacia”. Per il momento però in Italia è stato approvato, e quindi rimborsato dal Ssn, solo nei casi in cui le altre terapie falliscono. Oppure se si è intolleranti ai farmaci per l’emicrania, che sono quelli sintomatici, utilizzati nei momenti acuti, come i triptani, gli analgesici e i Fans. E quelli per evitare gli attacchi, come gli antiepilettici, i beta-bloccanti e i calcio-antagonisti.


A chi rivolgersi

Oggi è possibile ricorrere a questa terapia in molti ospedali italiani e, in particolare, nei Centri per la cura delle cefalee. Per trovare l’elenco completo delle sedi in Italia si possono consultare i siti delle due principali società che si occupano di emicrania: la Sisc, Società italiana per lo studio delle cefalee (sisc.it) e l’Anircef, Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee (anircef.it).


L’olio di cannabis funziona

Anche la cannabis si è dimostrata utile per combattere l’emicrania. Soprattutto il suo olio essenziale, come rivela uno studio realizzato dal Centro cefalee di Modena. «Abbiamo trattato 13 pazienti con olio essenziale di cannabis», spiega il professor Luigi Alberto Pini, direttore del Centro.

Secondo le indicazioni del Ministero della salute la cannabis a scopo terapeutico può essere prescritta anche dal medico di base. L’olio essenziale va preso 2 o 3 volte al giorno, mettendolo sotto la lingua, a dosaggi variabili secondo il tipo e la concentrazione di cannabis utilizzati dalla farmacia che li produce.


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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 20/11/2018

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