Misty Copeland, l’étoile che ha sconfitto il body shaming

Nera, muscolosa, curvilinea, con un’infanzia in povertà, Misty Copeland è oggi l’étoile del più prestigioso corpo di ballo americano. La sua storia è un messaggio di fiducia per ogni donna che si è sentita dire “lascia perdere”



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Anno 2014. Un noto marchio americano di articoli sportivi ingaggia una ballerina classica di colore per uno spot televisivo. Proviamo a raccontarvelo: mentre la danzatrice si solleva sulle punte, una voce fuori campo narra di come, nella vita, sia stata invitata a rinunciare alle sue aspirazioni, perché ritenuta inadatta al mondo del balletto. Il mirabile assolo che segue, tra chainé e grand jeté da togliere il fiato, e la scritta I will what I want, farò quello che voglio a concludere il video, decretano come le cose siano andate in tutt’altro modo. La danzatrice è Misty Copeland, colei che nell’estate del 2015 verrà nominata principal dancer dell’American Ballet Theatre di New York, la più prestigiosa compagnia di balletto americana. La storia dell’étoile che, con il suo talento, ha sconfitto il body shaming e le discriminazioni razziali nel balletto è raccontata oggi in un libro, Misty Copeland. La mia anima sulle punte (Battaglia Edizioni). Un’emozione anche per noi scoprirla e parlarne con l’autrice, la giornalista italiana Cristina Sarto, che ha vissuto per 12 anni a New York.

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La scoperta della danza

Quella di Misty Copeland è la classica infanzia complicata: difficoltà economiche e una madre che cambia spesso compagno. Ogni volta fugge, carica i figli in macchina (ne avrà in tutto 6, Misty è la quarta) e li sballotta da uno stato americano all’altro. A 14 anni, nel 1996, Misty vive in povertà in un motel di Los Angeles. Ha scoperto la danza classica da un anno grazie a Cynthia Bradley, l’insegnante che le permetterà di spiccare il volo: è lei che intuisce il talento della ragazza e la porta a vivere con sé, offrendole la possibilità di prendere lezioni private. «Cynthia Bradley è la prima di una serie di donne importanti nella vita di Misty Copeland (tra le altre, ci sono Lauren Anderson, una delle prime ballerine classiche afroamericane, e Raven Wilkinson, l’artista del Ballet Russe de Monte Carlo, afroamericana anche lei), che contribuiranno a sostenerla e incoraggiarla. Verso di loro Misty esprimerà sempre enorme gratitudine», racconta Cristina Sarto.


Nessuno è come lei

Misty Copeland deve recuperare il tempo perso: basti pensare che le scuole di danza invitano le bambine ad avvicinarsi alla sbarra fra i tre e i sette anni, per plasmare il fisico prima della pubertà. Grazie a disciplina, caparbietà, spirito di sacrificio immensi (I will what I want, ricordiamocelo), il suo talento eccezionale si fa subito evidente. I risultati non tardano ad arrivare: a 19 anni entra nel corpo di ballo dell’American Ballet Theatre di New York. «Nel giro di poco il sogno sembra avverato. Sembra, perché è solo l’inizio di un percorso durissimo: Misty si guarda intorno e si accorge che all’American Ballet è l’unica nera in mezzo a 80 ballerini. Nessuno è come lei. Un limite enorme. E infatti, nonostante sia una perfezionista, una stakanovista dell’allenamento, non ottiene gli stessi riconoscimenti degli altri», racconta l’autrice del libro. Sul colore della pelle, ma anche sulla sua struttura fisica (è piccolina e minuta, ma è formosa, ha polpacci possenti e muscoli torniti) pesa il cliché della ballerina classica eterea, evanescente, leggera come una piuma.


Pregiudizi e microaggressioni

Nei confronti di Misty Copeland non c’è un problema di razzismo paragonabile, per esempio, a quello subito dalla ballerina del Ballet Rousse, Raven Wilkinson, che sul finire degli anni Cinquanta in America aveva vissuto la segregazione razziale vera e propria. Si tratta di qualcosa di più sottile, sfumato, ma non per questo meno doloroso. «La stessa Misty parla di “microaggressioni a sfondo razzista” e di pregiudizi», racconta Cristina Sarto. «Una delle frasi che si sente ripetere più spesso è “Ti devi allungare”. L’antifona sottintesa: hai un corpo sbagliato per il balletto». Insomma, non basta l’impegno fisico. C’è anche quello mentale, a cui Misty deve lavorare con la stessa intensità, per non crollare.



Il ritratto di una fisicità sana

Nel 2004 la ballerina incontra quello che è il suo attuale marito, Olu, studente di legge, ma anche cultore del corpo e vegetariano convinto. È lui a suggerirle gli esercizi cardio, ma senza resistenza, per non ingrossare i muscoli; il Pilates per fortificare il corpo e allungarlo; le modifiche per il menu, utili a sgonfiare il fisico, senza risucchiare le forme (e dunque, pesce al posto della carne, via sale, zuccheri raffinati e chips). «Poco alla volta, grazie alla disciplina e allo spirito di abnegazione, Misty dimostra che il cliché della ballerina emaciata non regge più. Anche un fisico come il suo, muscoloso, atletico e con qualche curva, può eseguire alla perfezione le coreografie classiche, senza perdere un briciolo di eleganza. Per l’estetica del balletto è una rivoluzione», sottolinea Cristina Sarto.


La consacrazione

Dal 2012 in avanti è un escalation: Misty Copeland ottiene il ruolo de L’Uccello di fuoco (Roberto Bolle, che in quel momento si trova a New York e assiste a una delle prove, ne resta affascinato e colpito). In seguito, arriveranno altri ruoli importanti, da Giselle, a Manon, da La bayadère a Coppelia. Fino alla consacrazione del 2015, quando sarà lei la regina dei cigni Odette-Odile. Il 30 giugno il New York Times aprirà la sezione cultura con la notizia che Misty Copeland è la principal dancer dell’American Ballet Theatre.

Oggi Misty è anche un’attivista appassionata, che si batte per portare la danza classica nelle comunità svantaggiate degli Stati Uniti e si fa portavoce di progetti nei Paesi in via di sviluppo, per insegnare il ballo ai bambini e per farli ritornare a scuola. Una donna di 39 anni, che incontra spesso i giovani e li incoraggia. I will what I want. Un mantra da ripetere davanti a ogni ostacolo, con gli occhi chiusi, mentre si cercano l’ispirazione, il coraggio di desiderare, la tenacia per resistere.


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