Pillole di iodio per la tiroide: servono contro le radiazioni?

Il timore di un disastro nucleare ha fatto scattare la corsa all’acquisto delle pillole di iodio nelle farmacie, per prevenire i danni di eventuali radiazioni. Ma si tratta di una misura ingiustificata e inutile. Ecco perché



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La paura che il conflitto ucraino degeneri coinvolgendo le centrali nucleari, ha fatto scattare una corsa nelle farmacie a caccia delle pastiglie di ioduro di potassio (KI), un composto utilizzato come farmaco per prevenire l'ipertiroidismo e che può essere usato come fattore di protezione in caso di contaminazione da radioiodio. Ma secondo gli esperti è una corsa non solo ingiustificata ma anche inutile e inopportuna.

La Federazione degli ordini dei farmacisti italiani e la comunità scientifica sono intervenuti sottolineando che il fai-da-te è assolutamente inutile. «Non vi è alcun allarme che giustifichi la richiesta in farmacia di compresse di iodio, da assumere per prevenire o per arginare possibili danni provocati da emissioni radioattive. Da parte delle autorità competenti non vi è alcuna indicazione all'approvvigionamento di iodio per un'eventuale minaccia nucleare. Pertanto, la richiesta di medicinali a base di questa sostanza è del tutto ingiustificata», precisa la Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani.

Abbiamo chiesto all’endocrinologo Alessandro Antonelli, direttore di Medicina Interna a indirizzo Immuno-Endocrino dell’Università di Pisa, di fare chiarezza sul tema. Antonelli ha studiato a lungo gli effetti provocati dal disastro di Chernobyl avvenuto nel 1986, il più grave incidente nucleare della storia, l’unico al livello 7 (il massimo) della scala INES dell’IAEA.


Possono essere utili le pillole di iodio come prevenzione contro il rischio di contaminazione nucleare?

La somministrazione di iodio può servire a bloccare l'ingresso dello iodio radioattivo nella tiroide in soggetti che sono venuti a contatto con le radiazioni nelle persone esposte alla contaminazione radioattiva. La somministrazione va effettuata secondo specifici protocolli indicati dalle istituzioni sanitarie. Bisogna somministrare una dose sovra-fisiologica di iodio sotto forma di ioduro di potassio per bloccare l’accumulo dello iodio radioattivo all’interno della tiroide. L’efficacia della prevenzione è massima quando lo ioduro di potassio viene assunto iniziando due giorni prima della contaminazione e diminuisce gradualmente con il tempo e non è più efficace se somministrato dopo 4-5 giorni dall’esposizione. Normalmente si somministra soluzione di lugol al 5%, che può essere preparata in farmacia. La somministrazione di ioduro di potassio è raccomandata solo su prescrizione delle autorità sanitarie, o di un medico. Una inappropriata somministrazione di ioduro di potassio può determinare sintomi simil-influenzali e anche disfunzioni tiroidee (ipotiroidismo, o ipertiroidismo). La corsa a procurarsi pillole contenenti iodio non ha alcun senso perché gli integratori in commercio contengono una quantità di iodio utile per sopperire a una carenza di iodio, ma non contengono una quantità sufficiente di prodotto per bloccare l’ingresso dello iodio radioattivo.


Quali sarebbero le persone più a rischio in caso di incidenti nucleari?

Le persone più a rischio sono i bambini con meno di 10 anni per la notevole sensibilità della tiroide infantile alle radiazioni, i giovani al di sotto di 18 anni, e le donne in gravidanza, perché la tiroide fetale è particolarmente sensibile agli effetti delle radiazioni ionizzanti.


In caso di attacco a qualche centrale nucleare, l’Italia sarebbe distante dall’obiettivo. Ci sarebbero comunque rischi?

Un incidente nucleare determina l’emissione di grandi quantità di materiale radioattivo (Iodio-131, Stronzio-90, Cesio-137, Plutonio e altri). La ricaduta di queste sostanze è maggiore nelle immediate vicinanze e può determinare una sindrome acuta da radiazioni. Nelle zone più distanti la contaminazione dipende dalle condizioni climatiche, e dalla direzione del vento. La nube radioattiva potrebbe arrivare anche a distanza, in forma diluita, tuttavia l’Italia è molto distante dall’Ucraina per cui la contaminazione sarebbe molto minore. In queste zone più lontane il rischio è dovuto all’ingestione di cibo contaminato o all’inalazione di sostanze radioattive con l’aria.


Una dieta alimentare specifica può aiutare a tutelarsi dalle radiazioni?

Una dieta alimentare variata e con sale iodato può servire a normalizzare la quantità di iodio che fisiologicamente è necessario per la produzione degli ormoni tiroidei, ma certamente non può prevenire l’ingresso dello iodio radioattivo nella tiroide. Come abbiamo detto prima se ci fosse un incidente nucleare verrebbero liberate anche altre sostanze radioattive oltre allo Iodio-131 che non potrebbero comunque essere ostacolate nella loro penetrazione nell’organismo dallo iodio stesso. Per proteggersi dalle altre radiazioni e dalle nubi radioattive è necessario attivare tutta una serie di protocolli di prevenzione cui provvederebbero le autorità sanitarie, se ce ne fosse necessità. Non si può pensare di risolvere il problema semplicemente andando in farmacia e acquistando le pillole con lo iodio.


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