Omero

Osso lungo dell’arto superiore, che costituisce lo scheletro del braccio. Si articola in alto con la scapola, in basso con ulna e radio, e permette l’inserzione di vari muscoli. La testa dell’omero, ricoperta di cartilagine, è separata da un solco (collo anatomico) in due tuberosità (trochine e trochite) e si articola con la cavità glenoidea […]



Osso lungo dell’arto superiore, che costituisce lo scheletro del braccio. Si articola in alto con la scapola, in basso con ulna e radio, e permette l’inserzione di vari muscoli. La testa dell’omero, ricoperta di cartilagine, è separata da un solco (collo anatomico) in due tuberosità (trochine e trochite) e si articola con la cavità glenoidea della scapola a formare l’articolazione della spalla. Alla sua estremità inferiore si trova la troclea, a forma di puleggia, che si prolunga nell’epitroclea e si articola con la cavità sigmoidea dell’ulna.

Il condilo, esterno, che si prolunga nell’epicondilo, è una sporgenza arrotondata articolata con il capitello del radio. La faccia posteriore dell’omero è attraversata obliquamente dalla doccia radiale, in cui passa il nervo radiale, che può facilmente riportare lesioni in conseguenza di alcune fratture.


Patologie

Le fratture dell’estremità superiore dell’omero colpiscono soprattutto le donne di una certa età, per lo più in seguito a una caduta sul braccio o sul gomito. L’immobilizzazione dell’arto con un bendaggio per 3-4 settimane e una rieducazione precoce rappresentano le due fasi del trattamento. Le fratture con notevole spostamento dei frammenti ossei vengono ridotte e ricomposte tramite osteosintesi (con viti o chiodi). Le fratture del trochite, dovute a uno strappo del tendine del muscolo sottospinato, vanno immobilizzate previa riduzione e osteosintesi. Le fratture della diafisi omerale, che si osservano soprattutto nell’adulto, sono riconducibili a uno shock diretto, sul braccio, o indiretto, per caduta sul gomito; talvolta sono causate anche da una contrazione muscolare. Il trattamento è innanzitutto ortopedico: bendaggio con stecche o ingessatura, da tenere in sede per un tempo variabile dalle 6 settimane ai 2 mesi, talvolta anche più. La rieducazione va intrapresa non appena tolta l’ingessatura. Il trattamento chirurgico è indicato solo per le fratture trasversali, che non possono essere sottoposte a riduzione ortopedica. Anche in caso di paralisi delle regioni dell’avambraccio e della mano innervate dal nervo radiale, il trattamento è ortopedico. Se dopo 4 mesi non si osserva alcun segno di recupero, si può optare per la riparazione chirurgica del nervo (per esempio sutura). Le fratture dell’estremità inferiore dell’omero si osservano soprattutto nel bambino e interessano solo raramente l’articolazione del gomito; sono dette sovracondiloidee e si verificano in seguito a una caduta sul palmo della mano, con il gomito semiflesso.

Il trattamento, praticato d’urgenza, consiste nel ridurre la frattura con manovre esterne, per poi immobilizzare il gomito, mantenendo il polso contro la parte superiore del torace con l’ausilio di una fascia. Spesso si rende necessaria l’applicazione di chiodi percutanei, mentre è raro che si giunga a trattare chirurgicamente la sede della frattura. Le fratture del condilo esterno e dell’epitroclea richiedono un trattamento ortopedico o chirurgico, a seconda dell’importanza dello spostamento osseo. Nell’adulto, la frattura che interessa l’articolazione del gomito è la più frequente; provocata da un trauma di notevole entità, è spesso grave. Il suo trattamento è chirurgico e consiste nella riduzione e nell’osteosintesi solida, per permettere una rieducazione il più precoce possibile.