Cane in ufficio: perché fa bene a lui e anche a noi e ai colleghi

È il sogno di molti: averlo vicino anche sul luogo di lavoro. Perché fa bene a lui, ma molto anche a noi. E persino agli altri, anche se scettici. Gli esperti ci spiegano perché



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Lui ti guarda che ti prepari, accucciato con gli occhi grandi, lucidi e luminosi. Ogni tanto accenna un timido scodinzolio, ma lo sa che non è il suo turno della passeggiata e che ti dovrà aspettare, per un tempo non misurabile in “ore canine”. Ti osserva, steso in entrata, che chiudi la porta, anche tu a malincuore, ma “ti tocca”: inizia così la grande attesa per il tuo ritorno. «Che per molti di loro è davvero cambiata dopo l’epoca Covid», racconta Guido Poncini, veterinario e consulente del programma Pets at Work (vedi box). «Infatti, durante il lockdown la nostra presenza nel loro ambiente è cresciuta. Poi c’è stato lo smart working (altro tempo in più con noi) e molti amici a quattro zampe hanno fatto ingresso nelle nostre case proprio durante quel periodo (le adozioni sono aumentate); quindi, oggi, dobbiamo fare i conti con nuovo regime di presenza per le loro abitudini, un misto fra il prima e il dopo Covid».


Come rendere tutti felici

Esiste una seconda via alla più o meno lunga attesa di rincontrarsi a casa: il tuo lui o lei a quattro zampe potrebbero venire in ufficio con te. Un’esperienza che in alcune aziende è già realtà da anni e che ha dato presto risultati positivi. «Il cane si è coevoluto con l’uomo e quindi essere vicino a noi fa parte della sua natura», spiega Poncini. «Stare insieme: non solo lo desidera, ma è geneticamente predisposto a farlo. Ama vivere con i suoi simili e con altre persone, anche in un contesto di gruppo: il cane non è in genere un animale solitario».

Non solo. Il nostro amico si è evoluto talmente tanto insieme a noi che ha imparato anche a condividere le nostre attività, acquisendo persino la capacità di lavorare con noi; lo si vede per esempio nelle razze come il pastore.


L’inserimento graduale

Ovviamente il cane predilige certi luoghi (come casa sua) rispetto ad altri, ma per lui è prevalente lo stare insieme a noi e condividere le nostre attività. «È contento di venire con noi in ufficio anche se deve cambiare abitudini, ma è importante che ciò avvenga gradualmente, come facciamo con i nostri figli nell’inserimento all'asilo», spiega il veterinario. «Ci sono quindi degli step temporali da seguire nel suo ingresso in azienda, un passaggio che dura in genere 3 mesi». E in questa fase entrano in ballo degli specialisti del comportamento animale che gestiranno un percorso formativo del cane, insieme al proprietario, per arrivare a conseguire un vero e proprio patentino di idoneità specifica.

È un allenamento ad abituare l’animale alle condizioni di vita reale che incontrerà nel nuovo ambiente. «Sono le aziende che predispongono questi corsi in base alle loro esigenze, con passaggi definiti e progressivi», specifica Poncini. «Alla fine del corso, che è assolutamente divertente oltre che istruttivo, si consegue un patentino che dà accesso al lavoro, ma questo iter lo consiglio a tutti, per acquisire il concetto di possesso responsabile del pet».


Una nuova organizzazione

Il nostro cane quindi si abituerà a incontrare altri cani fuori dai luoghi consueti, a conoscere altre persone, a vivere un’organizzazione diversa della sua giornata. «Durante il corso il pet owner approfondirà ancora di più la comprensione dei gesti per il cane nel nuovo ambiente rispetto a quelli ordinari, arricchendoli con quelli nuovi e tipici di un contesto sociale fatto di tante persone», spiega Poncini. Mettiti a cuccia sotto la scrivania, rimani in attesa del segnale per seguire il padrone da una stanza all’altra… il cane giocherà persino a nascondino per imparare a orientarsi e a ritrovare al bisogno il proprio umano, in un open space o in diverse stanze lungo i corridoi.

«La sua nuova vita implicherà situazioni che il pet impara a gestire, come rimanere ad aspettare alla scrivania il proprietario impegnato in una riunione, passare di fianco ad altri cani “al loro posto di lavoro” senza disturbare, affidarsi temporaneamente a colleghi del suo migliore amico», aggiunge il veterinario. Questa fase di apprendimento non è difficile, soprattutto per i cani più giovani: «Ma non c’è un’età che preclude l’ingresso nel luogo di lavoro, anzi anche i cani più anziani possono godere dell’effetto antistress della socialità, lo abbiamo visto soprattutto con in pet adottati in canile. Il bello poi è che quello che il cane imparerà in ufficio se lo porterà a casa, migliorando il suo comportamento in generale», conclude il veterinario.


Cosa dice la legge

Ma, a parte le aziende che si sono strutturate per accogliere e persino addestrare i cani a stare in comunità lavorative, cosa dice la legge per gli altri casi? Non ci sono norme specifiche a riguardo e l’ingresso dei cani sul luogo di lavoro è a discrezione del datore di lavoro e delle norme interne aziendali, ma ci possono essere delle regole specifiche regionali o comunali che ne disciplinano la presenza negli spazi pubblici (info sui siti pubblici). È importante considerare le esigenze e i diritti degli altri dipendenti, le possibili allergie o paure nei confronti degli animali, e garantire il benessere e la sicurezza del cane durante la permanenza in ufficio.

La prima cosa da fare, dunque, è interfacciarsi con il datore di lavoro e informarlo anche di certe possibilità, come la Pets at Work Alliance. «La figura del veterinario serve anche a garantire che il cane sia sano, non sia portatore di malattie trasmissibili e sia in regola con le vaccinazioni prima di entrare in contatto con i colleghi del proprietario e i loro pet», conclude Poncini. «Per l’igiene in azienda dovranno esserci luoghi appositi deputati alla spazzolatura del pelo ma anche all’asciugatura e alla pulizia dopo la passeggiata. No problem per il condizionamento, se a temperatura controllata: il pet si adatta bene e teme soprattutto, proprio come noi, gli sbalzi di temperatura».


Accarezzarlo, il vero antistress

Ma chi lo dice che il cane ci fa bene in ufficio? Lo abbiamo chiesto a Lucia Montesi, psicoterapeuta che ha partecipato a terapie assistite dagli animali (pet therapy). «Lo studio più ampio sul tema è dell’Università di Lincoln (GB). Conferma le osservazioni di altre indagini: le persone che portano il cane in ufficio sono più soddisfatte del loro lavoro, riferiscono una migliore qualità della vita lavorativa, percepiscono un livello minore di stress, si dedicano più volentieri al loro compito», spiega Montesi.

«Utilizzando i pet in terapia, ho visto negli utenti un miglioramento dei parametri fisiologici, dell’umore, maggiore espressione di emozioni positive, percezione di sostegno, facilitazione del compito e delle interazioni sociali. In particolare, accarezzare il proprio cane, ma anche solo averlo accanto, riduce lo stress percepito e le reazioni fisiologiche associate alla tensione emotiva, come la produzione di cortisolo. È stato dimostrato che la presenza di un animale ha un effetto rilassante soprattutto durante un compito impegnativo. Occorre però valutare, caso per caso, quale sia la scelta migliore nell’interesse dell’animale, criterio imprescindibile in base a cui orientarsi».


L'azienda dove il cane è di casa

«Da quando, dieci anni fa, sono entrati i primi cani in ufficio da noi in Purina, l’atmosfera lavorativa è migliorata per tutti e anche l’incidenza dello stress ne ha risentito positivamente», spiega Sara Faravelli, Corporate Communication Director Purina. «Non è solo un’impressione: lo dice la ricerca che abbiamo realizzato; anche i non pet owner sono contenti della presenza dei cani in azienda, persino chi temeva gli animali ora li va a salutare. Insomma, aiuta la socializzazione in generale: ormai nelle aree break non si va più semplicemente a bere il caffè ma anche a coccolare i cani degli altri colleghi».

In Purina i cani con accesso sono più di 50: «Ci sono zone e sale riunioni dogfriendly, persino ascensori dedicati ma da noi possono entrare quasi dappertutto», aggiunge Faravelli. «Hanno sale attrezzate per mangiare con ciotole, cuscini e fare tutto ciò che a loro serve (anche giocare), ma stanno perlopiù alla scrivania. Esiste poi la figura del Buddy, cioè del collega che si occupa di loro in caso di breve assenza del padrone».


La pets at work alliance

Permetterò ai miei dipendenti di portare il cane in ufficio. Già, ma come? Contattando chi ti può dare una consulenza gratuita, e cioè la Pets at Work Alliance, fondata da Purina (info: [email protected]). «Abbiamo celebrato il primo compleanno del progetto “Dogs at Work”», racconta Elena Centaro responsabile marketing della parte veterinaria di Boheringer. «Io sono fra quel 15% di italiani che ha adottato un cane e, leggendo una ricerca che diceva che 3 lavoratori su 4 volevano portare il cane in ufficio, ne ho parlato in azienda. Oggi abbiamo 34 ospiti che accedono a turno al loro piano dedicato, ormai si conoscono e non hanno problemi».


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