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Obesità: l’intervento chirurgico è un diritto

Quando dieta e farmaci falliscono e i chili da perdere sono tanti, si può prendere in considerazione l’operazione, che è passata dal Sistema sanitario nazionale. Perché l’obesità è una malattia e va curata

Foto: iStock



Ora è tutto nero su bianco. L’Italia ha una Carta dei diritti e dei doveri della persona con obesità. Presentata nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati, è stata sottoscritta dalle principali società scientifiche che si occupano di obesità e nutrizione, insieme alle associazioni di pazienti.

Tra i suoi capisaldi c’è quello di garantire pieno accesso a cure, trattamenti dietetico-alimentari, farmacologici e anche chirurgici. Un obiettivo non scontato, se si pensa che dei 500 mila italiani obesi che avrebbero i requisiti per sottoporsi alla chirurgia bariatrica per perdere peso, solo il 20% vi accede: a indicarlo sono le ultime stime della Società italiana di chirurgia dell’obesità (Sicob).

Ma qual è l’identikit del paziente che può optare per la sala operatoria?


Chi si può candidare

Il primo requisito è l’indice di massa corporea, quel numerino che si calcola dividendo il peso in chili per il quadrato della statura espressa in metri.

«La chirurgia dovrebbe essere un’opzione per quelle persone tra i 18 e i 60 anni che nonostante le diete continuano ad avere un indice di massa corporea superiore a 40, o a 35 in caso di malattie metaboliche concomitanti come il diabete e l’ipertensione», afferma Maria Grazia Carbonelli, medico dietologo a capo dell’Unità operativa di dietologia e nutrizione clinica dell’Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma, nonché consigliere nazionale dell’Adi (Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica).


La preparazione dura sei mesi

«All’intervento bisogna arrivare preparati e per questo, circa sei mesi prima, bisogna intraprendere un percorso di riabilitazione nutrizionale», aggiunge l’esperta. Innanzitutto si devono correggere le carenze che spesso accompagnano l’obesità, integrando vitamina D, calcio, ma anche ferro e acido folico soprattutto nelle giovani donne.

La supplementazione deve andare di pari passo con la riduzione del peso, ottenuta tagliando le calorie, correggendo le cattive abitudini alimentari e, nei casi più difficili, ricorrendo anche al palloncino intragastrico.

«Così si riducono i rischi legati all’anestesia e si rende più semplice l’esecuzione dell’intervento, solitamente fatto per via laparoscopica», sottolinea la dietologa. «Per aiutare le manovre del chirurgo, nel caso in cui il fegato grasso sia troppo ingombrante nell’addome, si può provare a ridurne il volume facendo una dieta chetogenica mirata, solo nei 15 giorni prima dell’operazione, con alimenti naturali o pasti sostitutivi caratterizzati da un bassissimo contenuto di carboidrati».

Questo percorso nutrizionale è un importante banco di prova per il paziente. Se riesce ad attenersi scupolosamente alle indicazioni dei medici, allora potrà optare più facilmente per un intervento di riduzione dello stomaco (come il bendaggio gastrico), che comporta minori complicazioni rispetto agli interventi che diminuiscono l’assorbimento del cibo (come la diversione biliopancreatica).


Il percorso da seguire dopo

La riabilitazione nutrizionale è cruciale anche dopo l’intervento. «I primi 40 giorni sono i più delicati, soprattutto per gli interventi di tipo restrittivo», precisa l’esperta Adi.

«Nei primi tre giorni si segue una dieta liquida, poi si passa a una semi-liquida e in 3-4 settimane si torna a consumare cibi solidi». L’imperativo è mangiare lentamente, masticare bene e non bere ai pasti, per evitare di vomitare. Già durante la dieta semi-liquida si possono integrare vitamine, sali minerali e anche proteine in polvere.

«Questo perché dopo l’intervento alcuni alimenti come la carne diventano difficili da digerire», ricorda la dietologa. «In alcuni casi, come nel bypass gastrico, possono perfino cambiare i gusti alimentari».



La testimonianza di Denise

Il cibo che diventa rifugio e consolazione, uno strumento per dimenticare i problemi di famiglia e di salute. Così Denise Migliore, giovane impiegata della provincia di Torino, a 25 anni ha iniziato a vedere l’ago della bilancia impennarsi, arrivando a 130 chili. Dopo una serie di insuccessi, tra diete e ricoveri per la riabilitazione nutrizionale, Denise ha cercato informazioni sulla chirurgia bariatrica.

L’illuminazione è arrivata frequentando un gruppo di auto-aiuto dell’associazione Amici Obesi: «Ho incontrato una bellissima ragazza, ex obesa, che dopo l’operazione era tornata alla normalità», racconta. Nel 2014 si è sottoposta a un intervento di sleeve gastrectomy che le ha ridotto lo stomaco dell’80%.

«In meno di un anno ho perso 60 chili e il diabete di tipo 1 di cui soffrivo è migliorato: è stato un periodo di grande euforia. Certo, non è stata una passeggiata», ricorda. «L’intervento è stato impegnativo: ho dovuto seguire scrupolosamente le indicazioni dei medici per tornare a mangiare senza rischiare complicazioni. Oggi peso 78 chili e sono stabile», dice Denise, che ora fa parte del consiglio direttivo di Amici Obesi.



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Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 15 ottobre 2019