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Rapporti intimi dolorosi: da cosa dipendono e cosa fare

Le cause? Contratture muscolari, ipersensibilità della “porta d’ingresso” della vagina, endometriosi e infiammazioni croniche. Ecco cosa fare

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Sono tre le principali disfunzioni sessuali che possono trasformare i rapporti intimi da momento di piacere a vero e proprio incubo. Scopri perché compaiono e come risolverle efficacemente.


1. IL VAGINISMO

Ci sono donne che adorano i preliminari ma, quando è il momento di avere un rapporto sessuale completo, hanno uno spasmo muscolare così intenso da impedire la penetrazione.

«L’ipercontrattura dei muscoli perivaginali (in particolare del muscolo elevatore dell’ano) viene definita vaginismo», spiega la professoressa Rossella Nappi, docente di ginecologia e ostetricia all’Università di Pavia. «Se è primario, cioè presente da sempre, è di origine psicologica e segnala una difficoltà ad accogliere l’uomo dentro di sé, vuoi per un’educazione rigida e sessuofobica, vuoi per problemi con la figura paterna o per abusi sessuali subiti».

Per curare il vaginismo primario esistono diverse soluzioni. Innanzitutto occorre sciogliere i nodi della psiche con la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Va abbinata a terapie di consapevolezza corporea che prevedono sia la fisiochinesiterapia, con esercizi manuali e di automassaggio da ripetere nell’intimità della propria casa, sia l’uso di tutori-dilatatori vaginali (Vts, vaginal trainer system). «Si tratta di coni in silicone, di dimensioni crescenti, da inserire in vagina per acquisire maggior consapevolezza della muscolatura pelvica e dello spazio interno, percepito come stretto e impenetrabile», prosegue la Nappi.

«Tra i metodi più recenti per rilassare la muscolatura vaginale c’è anche la tossina botulinica di tipo A (da 150 a 400 unità internazionali) che viene iniettata all’ingresso della vagina allo scopo di inibire gli impulsi nervosi che fanno contrarre la muscolatura. Poche microiniezioni che rendono possibile la penetrazione e, spesso, hanno un effetto risolutivo perché la donna sperimenta che non è affatto dolorosa come temeva. Fatto che la predispone a ulteriori rapporti, anche quando l’effetto-botulino (che dura 6-7 mesi) è passato». In alcune centri ospedalieri la tossina botulinica anti-vaginismo può essere fatta in convezione con il Ssn.

Si parla invece di vaginismo secondario, quando subentra in un secondo tempo, dopo anni di rapporti senza problemi. Può presentarsi in seguito a cicatrici per trauma da parto, a cistiti ricorrenti o ad atrofia vaginale conseguente alla menopausa. In questi casi occorre prima risolvere il problema di fondo che innesca gli spasmi muscolari reattivi al dolore. Il dolore dovuto alle cicatrici in genere tende a risolversi da solo con il tempo. Per le cistiti ricorrenti bisogna individuare i germi che causano l’infezione, e curarla con gli antibiotici. Nel caso di secchezza vaginale, ci sono molte opzioni, che vanno dai lubrificanti intimi, alle cure ormonali (in pomata o per bocca), dal trattamento con radiofrequenza alla laserterapia.


2. LA DISPAREUNIA SUPERFICIALE

Il termine dispareunia indica rapporti sessuali dolorosi. Superficiale si riferisce al fatto che è interessata la vulva, cioè la parte esterna della vagina, e il dolore vulvare viene definito vulvodinia.

Nell’80% dei casi la causa è la vestibolodinia, un bruciante dolore all’ingresso della vagina che può essere risvegliato anche dalle carezze. È dovuto a microtraumi ripetuti (per esempio eccesso di cyclette) o a infezioni ricorrenti che hanno causato un’ipersensibilità delle terminazioni fini del nervo pudendo (che parte dalle vertebre sacrali) che reagiscono in modo esagerato agli stimoli fisici. Si crea quindi uno stato di neuroinfiammazione cronica, associato a una contrattura muscolare di tipo reattivo (cioè come inconscia difesa al dolore) che rende difficoltosi i rapporti.

«In questi casi non esiste un’unica cura vincente», premette il dottor Filippo Murina, responsabile del servizio di patologia del tratto genitale inferiore dell’Ospedale Vittore Buzzi di Milano. «L’approccio corretto è la “terapia multimodale” che si avvale di più soluzioni in modo da creare un’efficace sinergia. Alcuni psicofarmaci, come l’amitriptilina a dosaggio crescente, vanno associati ad antinfiammatori e antidolorifici come l’acido alfa-lipoico, il tramadolo e la lidocaina, nonché a molecole dall’azione miorilassante come il diazepam. Ai farmaci va associata la riabilitazione fisioterapica che prevede l’elettrostimolazione (microcorrenti emesse da una sonda vaginale allo scopo di desensibilizzare la zona) e/o un ciclo di biofeedback: insegna a rilassare i muscoli del pavimento pelvico grazie a una serie di segnali acustici e visivi. Se si integrano queste metodiche è possibile dare scacco macco alla vestibolodinia in poche settimane».


3. LA DISPAREUNIA PROFONDA

Quando il dolore affiora soltanto durante la penetrazione profonda, per prima cosa è necessario fare un’ecografia transvaginale. Serve ad escludere la presenza di endometriosi, la proliferazione dell’endometrio (il rivestimento interno dell’utero) fuori dalla sua sede, tale da creare aderenze cicatriziali (che possono formarsi anche dopo un intervento chirurgico).

«In questo caso occorre affrontare il problema a 360° gradi, valutando con opportuni accertamenti il grado di endometriosi e prescrivendo le terapie ormonali tese ad alleviare i disturbi», prosegue il dottor Filippo Murina. «Oppure, la dispareunia profonda può essere dovuta al dolore pelvico cronico, una condizione invalidante perché presente anche al di fuori della sfera sessuale, spesso associata alla sindrome del colon irritabile o a quella della vescica dolorosa. Quest’ultima è dovuta a infezioni urinarie ricorrenti che provocano dolore alla minzione e infiammazione di tutta l’area vaginale, interna ed esterna. Anche in questo caso, prima di trattare la dispaurenia occorre curare i disturbi a monte, con cicli di probiotici (nel caso del colon irritabile) o antibiotici, se è presente un germe del tratto genitourinario. Solo in un secondo tempo, si prescrivono i farmaci usati per la forma superficiale (amitriptilina, tramadolo, lidocaina, diazepam) e alcune sedute di elettrostimolazione, con una sonda endovaginale, per desensibilizzare la mucosa interna e interrompere il circuito del dolore».


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Articolo pubblicato sul n. 22 di Starbene in edicola dal 15/05/2018

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