Alla ricerca del piacere perduto

A volte il calo del desiderio dipende da deficit organici. Ecco le terapie adeguate per curarli



Se il 31 luglio, giornata mondiale dell’orgasmo, non hai “festeggiato” a dovere, sappi che non sei la sola. Un sondaggio della Doxa Duepuntozero su 1500 persone tra i 25 e i 65 anni, rivela che dopo i 40 anni solo 3 coppie su 10 fanno l’amore almeno una volta alla settimana e che ben il 9% delle coppie “over 40” non ha fatto sesso negli ultimi sei mesi.

La “ciliegina”? Ben il 73% delle donne inventa spesso scuse (il mal di testa, il ciclo, il lavoro da sbrigare a casa) per sottrarsi ai rapporti coniugali. E il guaio è che molte considerano la cosa ineluttabile, come un tributo da pagare all’età o a un rapporto stanco. Senza sapere che non è solo la routine ad ammazzare la libido. Spesso ci sono delle cause organiche, che possono essere rimosse con una terapia adeguata. Scopri quali sono con la professoressa Alessandra Graziottin, ginecologa e sessuologa.

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1 Qual è la prima causa di calo del desiderio?
«Il dolore durante la penetrazione, legato alla secchezza vaginale. Molto diffuso ma poco diagnosticato (ne soffre il 47% delle donne in menopausa e premenopausa), il problema dell’atrofia vulvovaginale è dovuto al calo degli estrogeni che si registra con la fine del ciclo mestruale. Alcune donne ne soffrono già due-tre anni prima di andare in menopausa, specie se sono molto magre e fumano molte sigarette.

I sintomi della secchezza vaginale? Prurito, bruciore e irritazione delle mucose, rapporti dolorosi che rendono l’intimità più un dovere che un piacere (“l’ultima fatica prima di andare a dormire”, riferiscono le mie pazienti). Anche per l’uomo la mancata lubrificazione della propria compagna è un grosso scoglio, fisico e mentale, perché si sente rifiutato: “ecco, non mi desideri più!”.

In realtà la scomparsa del desiderio è solo una conseguenza della secchezza, una reazione di difesa a un problema esclusivamente fisico: senza la benzina anche la Ferrari resta ai box. Fortunatamente, oggi è possibile aggirare l’ostacolo con diversi tipi di estrogeni locali, da inserire in vagina sotto forma di gel, creme, ovuli o microcompresse rilasciate sul fondo delle pareti vaginali da applicatori monodose. A seconda del grado di secchezza, il ginecologo prescriverà l’estradiolo, l’estriolo o il promestriene».

2 Che fare se non si può o non si vuole prendere ormoni?
«Ci sono donne che non possono usare nemmeno gli estrogeni locali, perché operate di tumore al seno, all’ovaio o all’utero. E altre che sono contrarie all’assunzione di ormoni, visti come una “forzatura” innaturale al fisiologico passare del tempo.

In questi casi, è possibile ricorrere a gel o creme a base di lubrificanti naturali, come l’acido ialuronico, il componente essenziale del “biofilm” che riveste e idrata le mucose vaginali.Si trova associato a sostanze riepitelizzanti, come la vitamina E, o lenitive come l’aloe vera, e va usato a giorni alterni (indipendentemente dalla frequenza dei rapporti) per ridurre la secchezza e i sintomi correlati.

E per le donne che si curano con l’omeopatia, c’è una novità: un gel vaginale a base di colostro equino, animale biologicamente affine all’uomo, opportunamente dinamizzato e diluito secondo le leggi dell’omeopatia. Ricco di sostanze nutrienti e riparatrici, il colostro migliora il trofismo vaginale e favorisce la rapida scomparsa delle microscopiche (ma dolorose) abrasioni dovute alle frizioni meccaniche durante i rapporti».

3 Gli androgeni possono influenzare la libido?
«Certamente. Si associa sempre il calo del desiderio alla carenza di estrogeni, dimenticandosi che anche gli ormoni maschili hanno un peso determinante, sia sul piano fisico sia mentale. Rappresentano, infatti, la “miccia” dell’eccitazione erotica, essendo responsabili sia della libido sia dei cosiddetti “sogni sessuali a occhi aperti”, le fantasie che attraversano a sprazzi, come flash, i nostri pensieri.

A livello genitale, gli androgeni aumentano il volume dei corpi cavernosi, le strutture neurovascolari presenti nel clitoride e nelle crue (le sue radici), sotto le piccole labbra e nel corpo spongioso che circonda l’uretra. Ispessendosi,i corpi cavernosi innescano l’eccitazione e la congestione di queste “isole” di tessuto, ma se gli androgeni sono bassi non riescono a far decollare nulla.

Per questo è molto importante dosare con un prelievo di sangue il testosterone, il deiidrotestosterone e il Dhea-solfato, il precursore di molti ormoni, soprattutto androgeni. Se il deficit è molto accentuato, specie dopo i 50 anni, il ginecologo può prescrivere il Dhea per bocca, in compresse da 10 o 25 mg al giorno, che in molti casi può sostituire la Tos, la terapia ormonale sostitutiva.

Se, invece, il deficit è modesto, si può evitare la terapia orale e usare solo un gel al 2% di testosterone propionato, da far preparare al farmacista dietro prescrizione medica (ricetta galenica). Spalmato 2-3 volte alla settimana sul clitoride e sui genitali esterni, aumenta il volume dei corpi cavernosi e la risposta fisica alla stimolazione.

La novità? Uscirà a breve un gel a base di testosterone vegetale, da applicare con un dispenser approvato dalla FDA (Food and Drug Administration), preriempito con la giusta dose. I vantaggi sono due: nessun rischio di sovradosaggio, e maggiore leggerezza” del preparato vegetale che viene smaltito in sole 3 ore, rispetto ai 5 giorni della versione di sintesi».

4 Il problema è diffuso anche in età fertile?
«Sì: le donne giovani che hanno un calo del desiderio sono molte. La prima causa organica, sottostimata,è l’anemia sideropenica, cioè da carenza di ferro. Un minerale prezioso non solo perché, essendo il principale costituente dell’emoglobina, ossigena i tessuti e migliora le performances fisiche ma anche perché partecipa alla sintesi della dopamina.

Si tratta di un neurotrasmettitore protagonista della “chimica del sesso”: presiede l’eccitazione, la frenesia del desiderio e l’orgasmo. Il deficit di ferro, che si rileva dosando la ferritina, la transferrina, la sideremia e l’emoglobina, può essere dovuto a tanti fattori: da una dieta vegana, priva di proteine animali, a intolleranze alimentari che riducono l’assorbimento del ferro fino a un flusso mestruale abbondante per colpa di fibromi, polipi o endometriosi.

Così, la donna si ritrova anemica senza saperlo, priva di quella dopamina che mette il turbo al desiderio. Utile, in questo caso, una supplementazione mirata con ferro, vitamina B12, acido folico e magnesio, tutti micronutrienti che tonificano e rinvigoriscono l’energia sessuale».

Se hai i muscoli ipercontratti
«Molte donne soffrono di CPP (chronic pelvic pain), una contrattura spastica dei muscoli del pavimento pelvico che rende i rapporti dolorosi», spiega il professor Pietro Saccucci, presidente Aigef (Associazione italiana ginecologia estetica e funzionale). «Colpa di un’irritazione cronica delle parti intime dovuta a sport (equitazione, spinning, cyceltte) o a vaginiti recidivanti.

La nuova cura? «Si chiama EPV (elettroporazione vaginale) e sfrutta una sonda con anelli metallici che fungono da elettrodi. «Inserita in vagina, rilascia impulsi elettrici a bassa frequenza che consentono di veicolare in profondità antidolorifici, miorilassanti e neurolettici al fine di decontrarre i muscoli e desensibilizzare le fibre nervose», dice Saccucci (bluemoon.it).

Quando è colpa della prolattina
È normale avere poca voglia di fare l’amore durante l’allattamento perché la prolattina inibisce l’ovulazione e la produzione di ormoni sessuali. Non tutti sanno, però, che la prolattina può alzarsi anche al di fuori del puerperio, per colpa di forti stress, stati depressivi e prove fisiche pesanti (traslochi, lavori manuali, sport a livello agonistico).

Sul banco degli imputati, anche la carenza cronica di sonno: dormire poco e male può far impennare la prolattina e minare la sintesi di tutti gli ormoni che alimentano il desiderio. I sintomi dell’iperprolattinemia? Stanchezza, depressione, salti del ciclo, tensione mammaria e ritenzione idrica. Per confermare il sospetto, basta fare tre prelievi a distanza di 15 minuti. Se è molto alta, ben vengano i farmaci antiprolattinici.

Articolo pubblicatyo sul n.35 di Starbene in edicola dal 18/08/2015

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