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Tumore al polmone: smettere di fumare allunga la vita anche dopo la diagnosi

Anche dopo una diagnosi di tumore al polmone, smettere di fumare è utile per aumentare le chance di sopravvivenza, migliorare l’efficacia delle terapie e scongiurare il rischio di recidive

credits: iStock



Dire stop al fumo di sigaretta allunga la vita anche dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore al polmone. A finire sulle pagine del Journal of Thoracic Oncology è una ricerca tutta italiana, ideata e condotta da un team di ricercatori dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica di Firenze e dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. In particolare, lo studio dimostra che i pazienti con cancro ai polmoni hanno un miglioramento del 29 per cento nella sopravvivenza globale se smettono di fumare. E questo vale sia nei tumori non a piccole cellule, i più diffusi, sia per quelli a piccole cellule o con istologia non precisata.


Smettere di fumare aumenta la sopravvivenza 

«Fino ad oggi, la maggior parte degli studi dedicati al fumo di tabacco si è concentrata sul ruolo della disassuefazione in termini di prevenzione del tumore al polmone, un “social killer” che colpisce soprattutto gli uomini ma minaccia sempre di più anche le donne», racconta Saverio Caini, ricercatore dell’Istituto per la Ricerca sul cancro, la prevenzione e la rete clinica di Firenze, primo autore dello studio.

«La nostra meta-analisi, invece, ha preso in considerazione tutte quelle ricerche che hanno sfruttato un altro punto di vista, ovvero i benefici che smettere di fumare comporta in chi ha già ricevuto una diagnosi di cancro polmonare». Si tratta di un piccolo numero di studi, condotti in diversi Paesi (Stati Uniti, Russia, Portogallo, Germania, Belgio, Giappone, ma non in Italia), dove emerge una forte evidenza scientifica: anche a danno fatto, dire addio alle “bionde” aumenta le chance di sopravvivenza e riduce il rischio di recidive.


Tanti i meccanismi in gioco

I motivi non sono ancora stati del tutto chiariti. Partiamo però dal fatto che, nicotina a parte, accendendo una sigaretta si sprigionano oltre quattromila sostanze chimiche fortemente irritanti, di cui circa settanta sono state dichiarate cancerogene dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Smettere di inalare questi prodotti della combustione abbassa il rischio di sviluppare altri problemi di salute (come quelli cardiovascolari) o tumori in altre sedi del corpo.

«In più, sappiamo che il fumo compromette la risposta a molti farmaci, compresi alcuni chemioterapici, e rende meno efficaci i trattamenti, come la radioterapia, di cui le sigarette aumentano anche gli effetti collaterali. Ciò significa che i pazienti malati, ex fumatori, possono contare su terapie più “potenti”, puntando a un maggiore successo terapeutico», illustra Caini.

 

Smettere di fumare ha effetto sulle metastasi

È altrettanto noto che l’esposizione alla nicotina crea un microambiente infiammatorio nei polmoni particolarmente favorevole per la disseminazione metastatica del tumore. Ciò significa che continuando a fumare dopo la diagnosi è più facile andare incontro a recidive e forme maligne.

«Probabilmente esistono ulteriori meccanismi che non sono ancora noti, ma di certo è importante che i medici curanti comunichino ai pazienti i vantaggi di smettere di fumare anche dopo la diagnosi di cancro ai polmoni, fornendo loro il necessario supporto per smettere».

Anche perché spesso la volontà, da sola, non basta. Il primo passo utile è chiamare il Telefono Verde contro il Fumo (800.554088, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 16): si tratta di un servizio nazionale, anonimo e gratuito, promosso dall’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto superiore di sanità, che può fornire una prima consulenza telefonica e indicare il centro antifumo più vicino al proprio domicilio, dove impostare un percorso terapeutico personalizzato.

 

Si prosegue con la ricerca

Al momento, la meta-analisi non ha chiarito diversi punti, come le differenze di genere (cioè se la disassuefazione dal fumo dopo la diagnosi di tumore risulta più efficace negli uomini o nelle donne), se i risultati dipendono dalla tipologia o dalla stadiazione della malattia, se c’entra la combinazione con alcune terapie piuttosto che con altre.

«Di certo, le prossime ricerche colmeranno queste lacune e questo consentirà ai pazienti di ottenere consigli sempre più personalizzati», conclude Caini.


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