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Ictus, ecco chi rischia e quanto

In Italia è una delle principali cause di morte e danni permanenti. Scopri cosa influisce sulle probabilità di ammalarsi

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In italia si registrano quasi 200mila casi l’anno di ischemia cerebrale, meglio nota come ictus. E il numero dei malati è destinato ad aumentare, secondo le più recenti ricerche scientifiche sul tema.

Alcuni fattori però possono influire sull'insorgenza della malattia, mentre altri possono aiutare a tenerla alla larga. Gli esperti hanno tracciato un quadro dei soggetti a maggiore e minore rischio.


Chi rischia di meno

Sono le persone che i medici definiscono a “rischio favorevole”: si verifica quando si presentano tutte insieme 7 condizioni. Anzitutto la pressione arteriosa sistolica (la massima) uguale o inferiore a 120 mmHg; quindi quella diastolica uguale o inferiore a 80.

Il colesterolo totale sotto i 200 mg-dl; l’indice di massa corporea sotto i 25; niente fumo né diabete né terapie in atto per l’ipertensione.

Rispetta queste condizioni solo il 3% della popolazione italiana: un peccato se si pensa che una donna tra i 40 e i 59 anni con “rischio favorevole” ha il 60% di probabilità in meno di avere un ictus e può contare in media su circa 6 anni di vita in più rispetto alle altre.


Chi rischia un po' di più

Le persone a “rischio sfavorevole” sono coloro che hanno la pressione sistolica (la massima) tra i 120 e i 140 mmHg, il colesterolo totale tra i 200 e i 240 mg/dl e l’indice di massa corporea tra 25 e 30.

Per rientrare in questa fascia di rischio intermedio non bisogna fumare né soffrire di diabete o essere in cura per l’ipertensione. Di questo gruppo fa parte il 17% degli italiani adulti.


Chi ha un rischio elevato

Il “rischio alto” si verifica invece quando sussiste anche una sola di queste condizioni: la pressione sistolica è superiore a 140 mmHg, quella diastolica oltre i 90 mmHg, l’indice di massa corporea è più alto di 30, si ha l’abitudine al fumo, si soffre di diabete o si ha una terapia in corso per l’ipertensione. In questa fascia rientra purtroppo l’80% della popolazione.



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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 21/11/2017

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