Come curare il fuoco di Sant’Antonio (Herpes Zoster)

L’Herpes Zoster può colpire nei momenti di maggiore fragilità e stanchezza della vita chi, in passato, ha contratto la comune varicella. Ecco come si cura il fuoco di Sant’Antonio



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Più noto come fuoco di Sant’Antonio, l’Herpes Zoster è una patologia virale a carico della pelle e delle terminazioni nervose che nella parola “fuoco” trova effettivamente una buona descrizione: «Il bruciore è il sintomo principale di questa malattia, perché il virus che la provoca è citopatico, cioè è capace di distruggere le cellule che infetta», spiega la dottoressa Valentina Della Valle, dermatologa presso il G.B. Mangioni Hospital di Lecco. «Questa distruzione avviene sia a livello dei cheratinociti, il tipo cellulare più abbondante nella pelle, sia a livello del tessuto nervoso. E siccome i nervi hanno il compito di condurre dei segnali tra le diverse parti del corpo, quando vengono continuamente danneggiati finiscono per trasmettere un ininterrotto “messaggio” di dolore bruciante».


Che cos’è l’Herpes Zoster

Il Fuoco di Sant’Antonio o Herpes Zoster fa parte degli Herpes virus, una grande famiglia di patogeni che una volta che ci hanno infettati non se ne vanno più, ma si insediano stabilmente nel nostro organismo e possono riattivarsi anche a distanza di anni. Il meccanismo è piuttosto noto nell’Herpes simplex, che di tanto in tanto affiora in superficie sulle labbra o sul viso, magari quando siamo particolarmente stanchi o stressati, ma lo stesso vale per l’Herpes Zoster. «In sostanza, a provocarlo è lo stesso virus che scatena la varicella: dopo il primo contagio, che spesso avviene da bambini, questo patogeno va a nascondersi nelle terminazioni nervose, precisamente nei gangli, e lì rimane latente anche per anni, senza dare segni di sé».


Come si prende

Basta un periodo particolarmente stressante dal punto di vista fisico o psicologico oppure un indebolimento del sistema immunitario, come quello che si osserva con l’avanzare dell’età o con l’assunzione di alcuni farmaci immunosoppressori, per risvegliare il virus dal suo letargo: «A quel punto, risale lungo il fascio nervoso di un nervo periferico e scatena il Fuoco di Sant’Antonio», spiega la dottoressa Della Valle.

Il risultato è un dolore neuropatico violento, avvertito spesso come una pugnalata e accompagnato da bruciore, prurito, pizzicore e vescicole cutanee che ricordano quelle sviluppate con la varicella. «Ne esiste anche una variante clinica, denominata Zoster sine herpete, dove non ci sono eruzioni cutanee, perché l’unico bersaglio a essere danneggiato è il nervo. Si tratta comunque di una condizione piuttosto rara e difficile da diagnosticare, perché il dolore avvertito finisce spesso per essere attribuito a malattie differenti».


L'Herpes Zoster è contagioso?

Come per la varicella, la fase di contagio corrisponde a quella in cui si formano le vescicole, perché il liquido contenuto in queste bollicine ha un’elevata carica virale. Attenzione, però: può essere contagiato solo chi non ha mai contratto la varicella, che potrebbe ammalarsi di questa. «L’Herpes Zoster invece non si trasmette mai in quanto tale, perché si attiva sempre da solo in particolari momenti della vita, senza seguire regole precise».


Quali zone del corpo colpisce

Il fuoco di Sant’Antonio interessa generalmente il torace o la zona lombare, ma può colpire anche il viso o la zona perioculare a causa di un’infiammazione del nervo trigemino. «Qualunque sia la sede, una caratteristica dell’Herpes Zoster è la sua mono-lateralità, cioè interessa un solo lato del corpo, perché corrisponde alla zona di innervazione di uno specifico nervo». A grandi linee, con la giusta terapia, la sintomatologia regredisce nell’arco di una settimana, anche se in alcuni soggetti la sensazione dolorosa può persistere per diversi mesi.


Come si cura

Il trattamento del fuoco di Sant’Antonio si basa su farmaci antivirali, da assumente entro 48-72 ore dall’insorgenza dei sintomi per bloccare la replicazione del virus e accorciare di conseguenza il decorso della malattia. «Dopo quel lasso di tempo, queste terapie sono meno efficaci perché l’Herpes Zoster ha già danneggiato le cellule, ma vengono comunque prescritte per scongiurare il rischio di complicanze, soprattutto nei soggetti più fragili o con altre patologie». Localmente, invece, va steso un antibiotico in crema sia per attenuare il prurito sia per evitare che le lesioni possano infettarsi a causa del grattamento. «Può essere utile anche il paracetamolo per contrastare il dolore in fase acuta, così come una supplementazione di vitamina C per rafforzare le difese immunitarie», suggerisce l’esperta.


Cosa succede se non si cura

«Soprattutto nei soggetti più anziani, dove i nervi si riparano con maggiore difficoltà, il fuoco di Sant’Antonio non adeguatamente trattato può aprire la strada alla nevralgia posterpetica, una complicanza piuttosto frequente dove il dolore si cronicizza e perdura nel tempo», avverte Della Valle. La nevralgia posterpetica è una patologia cronica spesso invalidante, che talvolta può portare a depressione, insonnia, ritiro sociale e grave compromissione della qualità della vita, soprattutto se il dolore si “centralizza” e quindi tende a migrare dai nervi periferici al sistema nervoso centrale, rendendo il quadro clinico difficile da controllare. «In questo caso, è necessario rivolgersi a un neurologo per farsi prescrivere specifici farmaci in grado di inibire la scarica nervosa».


Prevenzione: come evitare il fuoco di Sant'Antonio

Non esiste una vera e propria prevenzione dell’Herpes Zoster, perché chi ha contratto la varicella da bambino oppure da adulto può ammalarsi. L’unica strategia efficace è il vaccino, costituito da una forma attenuata del virus, che permette di inibire la sua riattivazione nell’organismo: è indicato nelle persone a partire dai cinquant’anni in poi, soprattutto se presentano condizioni di rischio o particolari fragilità, e si somministra per via sottocutanea con una sola dose.


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