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Che cos’è la colonscopia, a cosa serve e quando farla

La colonscopia è un esame spesso temuto ed evitato. Ma Silvio Danese, uno dei gastroenterologi più famosi d’Italia, ci spiega a cosa serve questo test è perché così importante per la salute

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Lo stop imposto dalla pandemia ha causato una battuta d’arresto su tutti i programmi di screening e prevenzione. Gli italiani, per paura del Covid, hanno smesso di recarsi negli ospedali e nei laboratori di analisi per effettuare controlli e check up. «Dai dati che abbiamo, sappiamo che nel primo lockdown più di un esame su tre è stato rimandato, e questo vale anche per lo screening del tumore del colon-retto, che ha totalizzato un -46%, ben 1.113.000 esami in meno nel 2020 rispetto al 2019, secondo Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali», avverte Silvio Danese, direttore della divisione di gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’IRCSS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di gastroenterologia all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano. «Il mio consiglio è, innanzitutto, di sottoporsi al programma di screening gratuito per il tumore del colon-retto. Consiste nella ricerca di sangue occulto nelle feci: se dà esito positivo, si procede con la colonscopia», prosegue l’esperto. Ecco a che cosa serve e questo esame importante e perché va fatto anche in altri casi e, a partire da una certa età, diventa un appuntamento di prevenzione a cui tutti devono sottoporsi.


Perché la colonscopia è fondamentale

«Noi gastroenterologi siamo cacciatori di sintomi», spiega Silvio Danese. «Raccomandiamo questo esame per studiare il colon nel miglior modo possibile. Lo eseguiamo attraverso una sonda, cioè un tubicino flessibile formato da sottilissime fibre ottiche con una microcamera in testa che permette di vedere le pareti del colon e una parte del tratto finale dell’intestino. È lo strumento più accurato che abbiamo per fare una diagnosi corretta in caso di sanguinamento rettale, presenza di sangue occulto nelle feci, diarrea cronica ma anche per identificare polipi o tumori dell’ultimo tratto intestinale. Oggi abbiamo endoscopi evoluti che ci regalano immagini molto dettagliate, e sono proprio questi particolari che ci consentono di individuare ospiti indesiderati come i polipi. Durante l’esame possiamo anche prelevare campioni della mucosa del colon per l’esame istologico in modo da valutare la presenza di infiammazioni anche non visibili (come nel caso della colite microscopica) o per confermare il sospetto di una malattia infiammatoria intestinale».


Perché fare già la colonscopia dai 45 anni in poi

«Il Ministero della Salute suggerisce di sottoporsi a quest’esame dopo i 50 anni, come esame di screening preventivo o nel caso in cui la ricerca di sangue occulto nelle feci dia un esito positivo», afferma il gastroenterologo. «E ribadisco quanto sia opportuno, tra i 50 e i 69 anni, aderire alla campagna di screening con cadenza biennale. Tuttavia, come hanno evidenziato i colleghi del San Raffaele di Milano in una revisione del 2019, pubblicata su World Journal of Gastroenterology, l’incidenza del cancro al colon-retto nei pazienti con età inferiore ai 50 anni è in aumento, e in America alcune società scientifiche iniziano ad abbassare a 45 l'età raccomandata per la colonscopia. Va da sé che in presenza di sintomi evidenti (sanguinamento rettale, diarrea cronica ecc.) o se si hanno familiari con una storia di tumore al colon o polipi avanzati, è necessario parlarne con il gastroenterologo».


Perché è indispensabile la preparazione 

«Per chiarire questo punto userò una metafora», chiarisce Silvio Danese. «A tutti è capitato di guidare su una strada innevata: la visibilità è pessima, le buche non si vedono e a volte ci si deve fermare perché la macchina si blocca nei cumuli di neve. Ecco, allo stesso modo, se l’intestino non è pulito, la sonda che utilizziamo per esplorare il colon è costretta ad avanzare lentamente, o peggio è impossibilitata a vedere gli elementi estranei come i polipi. È facile allora capire perché, prima della colonscopia è necessario attenersi rigidamente alle indicazioni di digiuno affinché l’intestino sia pulito e libero. Esistono anche farmaci dedicati alla pulizia intestinale ma è importante soprattutto la dieta. Sette giorni prima dell’esame è necessario eliminare le fibre e bere circa 2 litri d’acqua al giorno, mentre nelle 8 ore precedenti si dovrà stare a digiuno di alimenti solidi. 


L'esame può essere fastidioso

«Inutile girarci intorno: non lo definirei un esame doloroso, ma certo non è nemmeno piacevole!», afferma il gastroenterologo. «Si possono avvertire crampi e senso di gonfiore perché per distendere le anse intestinali viene introdotto un gas specifico ma sono disturbi che svaniscono nel giro di poco tempo, conclusa la colonscopia. Forse la cosa più difficile è superare l’imbarazzo iniziale ma è bene ricordare che si effettua sempre per mano di professionisti che si adoperano per mettere a proprio agio il paziente».


Si può scegliere tra due tipi di sedazione

«Prima di tutto devo dire che io la sedazione la consiglio sempre, perché è essenziale che il paziente sia rilassato», specifica Silvio Danese. «Può essere di due tipi: cosciente o profonda. Per quanto riguarda la prima, sono sufficienti dei farmaci, come le benzodiazepine, eventualmente associate agli oppioidi, per ridurre il fastidio. Nel secondo caso, occorre ricorrere a un anestesista. Il paziente può decidere quale tipo di sedazione scegliere, a meno che non ci siano controindicazioni particolari. In entrambi i casi non è possibile guidare dopo l’esame, quindi è necessario farsi accompagnare», conclude l’esperto.



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