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Violenza contro le donne: la prevenzione comincia da bambini

Il rispetto del corpo femminile s’insegna da piccoli. Ma nella lotta alla violenza contro le donne è cruciale anche ridare dignità a quello maschile

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Il 25 novembre, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale per la violenza contro le donne e si moltiplicano le iniziative per sensibilizzare le coscienze contro la violenza alle donne e il femminicidio. E, purtroppo, nuovamente, la tragica conta dei casi di cronaca non lascia spazio all’ottimismo: si parla di una donna uccisa ogni tre giorni. Secondo gli ultimi dati Istat, in collaborazione con il ministero della Giustizia, da gennaio a oggi nel nostro Paese sono stati commessi più di 100 femminicidi.

Ma anche quando non conosce un così tragico epilogo, dalle violenze domestiche allo stalking, dallo stupro all’insulto, la vita delle donne sembra comunque segnata da continue violazioni della sfera intima e personale. Come invertire questa drammatica tendenza? «Il primo strumento è l’educazione», risponde la psicoanalista Silvia Vegetti Finzi. «Il conflitto oggi in atto tra maschi e femmine è un dato di fatto ma non va solo deprecato bensì, soprattutto, studiato. Si dice che la violenza alle donne sia un problema degli uomini, in parte è vero, ma io credo che la prevenzione cominci in famiglia e sia in particolare un compito delle madri».


Una paura antichissima

Secondo molte ricerche sul tema, alla base della violenza di genere sembra infatti esserci un’inconscia paura maschile delle donne. Una paura che avrebbe radici antiche.

«Come tutti i bambini, anche i maschi sono stati dipendenti dalla mamma. E molti, crescendo, inconsciamente temono il riproporsi di questa dipendenza, subita come una forma di debolezza, nei rapporti d’amore con l’altro sesso. Una delle ragioni, a mio parere, è che è mancata loro una narrazione che rendesse meno misteriosa (e quindi temibile) la donna e il suo corpo», spiega la psicoanalista. «Mi riferisco alla narrazione della loro nascita: una madre che racconta al suo bambino i nove mesi di gravidanza, i pensieri e le emozioni, il momento del parto, in poche parole il valore e la bellezza della maternità, permette al suo bambino di crescere con una consapevolezza che si tradurrà in un più solido e profondo rispetto del corpo femminile.

Oggi invece, nonostante i tanti passi avanti è ancora difficile parlare di maternità. Dovremmo educare i nostri figli a dire “grazie” alla mamma». Ma occorre anche che, in famiglia prima a scuola poi, le bambine vengano educate a non legittimare, con un comportamento rinunciatario, stereotipato e passivo, il dominio maschile sull’altro sesso.

Avremo così nuove generazioni di maschi e femmine più consapevoli di sé e del valore dell’altro, non così fragili da sentire il bisogno di prevaricare. «Perché dobbiamo ricordare che la violenza di genere si manifesta soprattutto in ambito familiare e che tra la persona violenta e la vittima esiste quasi sempre un legame affettivo, che si tratti del padre, del fidanzato o del marito», continua Silvia Vegetti Finzi. «E che, se non sfocia nell’omicidio, può diventare cronica, con danni fisici e psicologici e con conseguenze anche sugli eventuali figli, traumatizzati per aver assistito a scene di violenza domestica».


I maschi hanno un problema di fragilità

E se i bambini sono già cresciuti? Come accompagnare le nuove generazioni di ragazzi verso relazioni positive e sane con l’altro sesso? «Dobbiamo aiutare gli adolescenti a costruire la propria identità perché oggi anche i maschi hanno un problema di fragilità», commenta Matteo Lancini, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Il Minotauro. «Dobbiamo tornare a occuparci del corpo maschile che non può essere educato solo in termini di negazione: “non devi essere aggressivo”, “non devi usare la forza”, “non devi agire”.

Combattere gli stereotipi culturali non significa negare le differenze di genere. Il corpo del maschio è diverso da quello femminile, i ragazzi hanno una fisicità più dirompente, che in passato era accettata (penso ai giochi di strada, agli spintoni all’uscita da scuola, anche a certe intemperanze) mentre oggi viene spesso censurata sul nascere». Con conseguenze che, a volte, portano all’esplosione fuori controllo di una fisicità troppo a lungo compressa e giudicata.

Altre volte, all’opposto, al fenomeno dei ritirati sociali. Nel nostro Paese sono circa 80.000 gli adolescenti che hanno scelto di chiudersi nella loro stanza, restano giornate intere al computer e smettono di andare a scuola e di uscire. Questi sono i ragazzi con cui gli esperti stanno affrontando il tema della virilità depotenziata.

Ma, in pratica, come ridare dignità al corpo maschile? «È una questione aperta, ma aiutare i ragazzi a ritrovare una specificità maschile è la strada per avere domani uomini sufficientemente consolidati che, di fronte alla fidanzata che vuole chiudere la relazione, non si sentano minacciati e non reagiscano con la violenza che è proprio il segno della loro disperazione».


Le cifre di una strage

Cos’è il femminicidio? Si definisce così l’uccisione di una donna con la quale si hanno legami sentimentali o sessuali. Un fenomeno drammatico, che nel nostro Paese riguarda più dell’82% degli omicidi che come vittima hanno una donna. Secondo gli ultimi dati Istat, nella maggior parte dei casi gli autori di femminicidi hanno tra i 31 e i 40 anni, seguiti dagli uomini tra i 41 e i 50 anni. Le vittime invece sono più giovani: a morire per mano dei propri compagni sono per lo più ragazze tra i 18 e i 30 anni, anche se aumentano gli omicidi di donne più anziane, tra i 71 e gli 80 anni. Il rapporto che lega vittima e carnefice nel 55,8% dei casi è di natura sentimentale, con una relazione in atto o appena conclusa. Nel 63,8% dei casi la vittima e l’omicida sono marito e moglie o conviventi, nel 12% fidanzati, mentre nel 24% la relazione (matrimonio o fidanzamento) era già terminata al momento dell’omicidio.


Una giornata per non dimenticare

Il 25 novembre, nei Comuni di tutta Italia, le iniziative per la Giornata mondiale contro il femminicidio e la violenza alle donne (ricorrenza istituita nel 1999 dall’Assemblea delle Nazioni unite) sono tantissime. E colorate di arancione, secondo l’iniziativa Orange in the world promossa da Un Women, l’organismo dell’Onu che si occupa di pari opportunità e diritti delle donne. L’appuntamento per il 2017 per la manifestazione nazionale promossa dall’associazione Nonunadimeno è a Roma (in piazza della Repubblica alle 14).


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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 21/11/2017





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