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Il test del sangue che prevede i tumori

Si chiama Iset ed è un esame del sangue che permette di scovare le cellule cancerogene. Ha scatenato subito grande interesse, ma gli oncologi italiani hanno delle perplessità, perché il rischio di falsi positivi è molto alto

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Promette di individuare il tumore prima che si manifesti. A dare questa speranza è il test Iset, acronimo di Isolation by tumor size, l'esame del sangue messo a punto dalla ricercatrice Patrizia Paterlini-Bréchot, autrice del libro Uccidere il cancro (Mondadori, 17,90 €), di cui si è parlato molto in tv e sui giornali.

In molti sono rimasti colpiti dall’opportunità di avere un test simile a disposizione, tanto da avere subissato ospedali e associazioni di telefonate, per sapere a chi rivolgersi per eseguirlo. Ma è veramente valido? Gli oncologi italiani hanno delle perplessità. A partire dalla modalità di esecuzione.


Il nuovo test rappresenta una valutazione soggettiva

Il test del sangue in grado di prevedere i tumori è in sostanza un test morfologico: in pratica, il campione di sangue prelevato viene osservato al microscopio al fine di cogliere la presenza delle cellule tumorali. «Questo è un grande limite», interviene Gabriella Sozzi, direttore della struttura complessa di genomica tumorale dell’Istituto dei tumori di Milano.

«Intendiamoci, nessuno mette in discussione la professionalità dei patologi, cioè di chi esamina i campioni. Ma è una valutazione soggettiva. Inoltre non è possibile definire in modo preciso “a occhio nudo” la natura maligna delle cellule».

E soprattutto, è facile cadere nell’errore di diagnosi falsamente positive. Perché, ormai è noto, tutti possiamo avere cellule maligne che circolano nell’organismo. Ma non è detto che si trasformino in massa tumorale, dal momento che per fortuna le cellule hanno efficienti meccanismi di riparazione dei danni e in più il nostro sistema immunitario è quasi sempre in grado di spazzarle via senza lasciare tracce.


Servono teststrumenti di diagnosi più raffinati

«Per questo oggi la ricerca si è spostata su altri test, più precisi», aggiunge la professoressa Sozzi. «Sappiamo che il sistema immunitario ha come delle “scosse telluriche” quando si accorge della presenza delle cellule tumorali. Sappiamo anche che sia le cellule dell’organo danneggiato, sia quelle immunitarie rilasciano localmente e nel sangue i microRna, cioè delle piccolissime molecole molto specifiche. Riuscire a identificare questi segnali, ci permetterebbe di prevenire il terremoto, cioè il tumore. I dati preliminari ottenuti nella diagnosi precoce del cancro polmonare sono promettenti e ci hanno dimostrato che questo test è sensibile e specifico. Ora è in corso un vasto studio su 6000 volontari e avremo i risultati a metà 2019».


Le armi di prevenzione più efficaci

L’idea di un esame del sangue che funzioni per tutte le forme tumorali forse è ancora lontana. Si può fare molto, però, grazie a esami e controlli, che permettono di cogliere precocemente un tumore, con percentuali di guarigione anche oltre al 90%.

I principali? La mammografia biennale tra i 40 e i 45 anni e annuale dopo questa età, il pap test ogni due-tre anni, il test sulle feci per la ricerca del sangue occulto almeno due volte tra i 50 e i 60 anni.

Fai attenzione, inoltre, a qualsiasi cambiamento, come un sintomo che non migliora nonostante le cure, oppure la comparsa di una nocciolina sotto pelle, o ancora, le alterazioni di un neo. In questi casi non perdere tempo, parlane col tuo medico.


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Articolo pubblicato sul n. 23 di Starbene in edicola dal 23/5/2017

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