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La terapia del dolore è un diritto. Che cosa devi sapere

Due italiani su 3 ignorano che il dolore cronico si può trattare e alleviare nei centri specializzati. A chi rivolgersi e che cosa fare

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In Italia esiste una legge anti-dolore (legge 38 del 2010) che tutela chi soffre in maniera cronica e sancisce il diritto all'accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative per tutti i cittadini.

Non solo. Da alcuni mesi i trattamenti per la terapia del dolore sono stati inseriti nei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), cioè le prestazioni che il servizio Sanitario nazionale garantisce a tutti gratuitamente o dietro pagamento del ticket. Ma pochi sanno che queste norme esistono.

Secondo i dati dell’Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e cure palliative, 2 italiani su 3 le ignorano. E l’informazione non arriva in modo fluido dai medici di famiglia (a cui si è rivolto il 64% dei pazienti) che di fronte al dolore prescrivono farmaci, ma non consigliano quasi mai (solo il 35% lo fa) il ricorso ai Centri per la terapia del dolore.


Il diritto a non soffrire

Il tema è stato affrontato anche al Meeting Rimini Salute 20017 dove è emersa la necessità di migliorare l’accessibilità, l’erogazione e la conoscenza dei servizi dei Centri per la terapia del dolore.

«La legge 38/2010 e l’aggiornamento dei Lea sono un grande passo avanti ma le persone devono sapere che esiste il diritto a non soffrire e il personale sanitario deve saper trattare il dolore nel modo più appropriato», spiega Raffaella Pannuti, Presidente Fondazione Ant che da quarant'anni è impegnata nelle cure palliative a domicilio.

Secondo Gianfranco Gensini, Professore di Medicina interna e Presidente Cesmav (il Centro studi medicina avanzata) sono 10 milioni gli italiani che nel 2015 si sono recate al pronto soccorso per un dolore acuto, ma il 60% delle richieste di intervento avvengono per la stessa ragione: tra le cause del dolore ricorrente ci sono il mal di schiena (78% di accessi al pronto soccorso per dolore) e la cefalea (16%).


Che cos’è la terapia del dolore

Il dolore è il sintomo di qualcosa che non va, il segnale di una patologia in corso. Può essere acuto e quindi è un dolore utile perché permette di diagnosticare e curare una malattia limitata nel tempo.

Ma quando diventa un dolore cronico e non può essere eliminato definitivamente, è un dolore “inutile” che però può essere curato e alleviato attraverso numerose tecniche. Dai farmaci alla fisioterapia fino al sostegno psicologico e agli interventi chirurgici.

Più che un singolo medico, infatti, la terapia del dolore richiede un centro ambulatoriale con specialisti di varie discipline come l’algologo, il reumatologo, un ortopedico, uno psicologo. Le patologie più frequenti associate al dolore cronico sono quelle legate all’artrosi, alle lombalgie e alle cefalee. Ma più spesso la terapia del dolore è necessaria per attenuare le sofferenze di chi è arrivato ad uno stadio terminale di una malattia.


A chi rivolgersi

Il primo passo è rivolgersi al medico di base che potrà indirizzare verso il Centro di terapia del dolore e cure palliative più vicino. In questi ambulatori specializzati sono presenti team di medici di diverse discipline in grado di trattare al meglio il problema.

Alcune patologie croniche come la fibromialgia o l’endometriosi sono difficili da trattare perché hanno sintomi multipli.


Tieni un diario del dolore e cerca un medico che ti dia fiducia

Se hai dolori ricorrenti, che non riesci a curare e a decifrare crea un diario, scrivi l’ora in cui sei stata male, cosa stavi facendo in quel momento e il livello di intensità. Condividi queste note con il medico di un centro specializzato. Sarà più facile per lui capire come intervenire.

Usa aggettivi per descrivere il grado di sofferenza: un dolore improvviso può essere acuto o lancinante. Martellante può fare riferimento a un mal di testa. Altri aggettivi per descrivere il dolore possono includere pungente, profondo, bruciore, pressione, formicolio.

Per la migliore descrizione possibile prenditi tempo. Non fermarti di fronte a un medico che non riesce a creare con te una relazione di fiducia, empatia e comprensione. Farsi curare da un professionista attento alla comunicazione e sensibile verso i pazienti è già un grande sollievo.

E non aver paura di essere giudicata, tutti hanno il diritto di esprimere autenticamente la propria emotività. Non pensare di fare domande stupide e sbagliate agli specialisti, appuntati ogni dubbio anche banale e trascrivi quello che ti viene indicato al temine della visita.

25 agosto 2017


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