Cosa ti piace mangiare? È scritto nel Dna

Lo studio dei geni che influenzano profumi e sapori è ancora agli albori, ma le ricerche potrebbero avere importanti risvolti anche per prevenire la dipendenze da cibo e alcol



258320

Le nostre preferenze alimentari sono influenzate da vari geni che regolano la percezione di odori e sapori. Ad aprire questo scenario sono i recenti progressi nel campo delle tecnologie per il sequenziamento del genoma, che «stanno diventando sempre meno costose e più accessibili», osserva Paolo Gasparini, professore ordinario di genetica medica all’Università di Trieste, responsabile del servizio di genetica medica e direttore del dipartimento dei servizi di diagnostica avanzata presso l’Irccs Burlo Garofolo. «È probabile che in futuro ci porteremo la sequenza del nostro Dna sempre in tasca, da cui attingere dati clinici e, perché no, anche sensoriali».

Certi alimenti ci piacciono per via di vari geni. Ne è un esempio il gene OR51B5, posto sul cromosoma 11: le persone portatrici di una sua variante, denominata rs317787-T, hanno un recettore olfattivo molto sensibile all’aroma di cannella e per questo hanno una spiccata preferenza per i vini rossi contenenti cinnamaldeide, una sostanza che si sviluppa durante l’invecchiamento in botti di legno e che dà origine a sentori di cannella.


Cosa dice la ricerca
«Lo abbiamo scoperto grazie a una ricerca condotta su oltre 2mila persone in Friuli Venezia Giulia», spiega Gasparini. «Dopo aver analizzato il loro Dna, li abbiamo sottoposti a un questionario sui gusti alimentari e a una serie di test olfattivi per valutare la loro abilità nel riconoscere vari aromi, come la menta, il caffè, la rosa e la cannella. Incrociando i dati, è così emerso il legame tra la variante genica per la percezione della cannella e la passione per i rossi».

Un legame già emerso in uno studio del 2015: «Abbiamo dimostrato che il gene HLA-DOA si associa alla preferenza per i vini bianchi nelle donne, mentre un altro gruppo di ricerca indipendente ha svelato il legame tra il gene PLCL1 e la predilezione per quelli rossi negli uomini», aggiunge l’esperto.

I geni dettano legge su tutto il menu. Qualche esempio? L’avversione per il coriandolo. Questa erba aromatica, simile al prezzemolo, viene usata per insaporire numerosi piatti indiani, messicani e thailandesi, eppure a certi palati risulta sgradita perché “sa di sapone”.

Inizialmente si pensava che fosse una questione culturale, dovuta alla diversa educazione alimentare, ma col tempo la scienza ha dimostrato che il fenomeno ha radici più profonde. Secondo uno studio condotto dall’azienda americana 23andMe, specializzata in analisi genetiche, l’avversione per il coriandolo è in buona parte determinata da alcune varianti del gene OR6A2, che producono un recettore olfattivo sensibile alle aldeidi, molecole che conferiscono un odore simile a quello del sapone.


Anche i geni legati al gusto contano

«Una condizione genetica analoga la ritroviamo anche nelle persone che non gradiscono i formaggi erborinati come il gorgonzola», sottolinea Gasparini. A condizionare le nostre scelte, oltre ai geni dell’olfatto, ci sono poi quelli legati al gusto. «Esiste, per esempio, il gene TAS2R38 che determina la percezione dell’amaro nel 10-12% della popolazione italiana e può indurre a evitare certi alimenti come l’acqua tonica, la birra scura, la cicoria, i cavolfiori o il pompelmo», ricorda l’esperto.

«Sono state poi individuate varianti del gene TRPV1 legate alla percezione del piccante, soprattutto del peperoncino rosso, e altre varianti del gene BPNT1 associate ai grassi, che ci spingono ad apprezzare cibi come la bruschetta all’olio oppure pane e burro».


Utile per prevenire la dipendenza da cibo e alcol

Molte curiosità sono emerse anche dall’avventurosa ricerca che l’equipe di Gasparini ha condotto qualche anno fa tra le popolazioni che vivono lungo la Via della Seta. «Ci interessava studiare la diversità umana che si trova lungo questa storica via di comunicazione tra Oriente e Occidente e lo abbiamo fatto analizzando oltre 1.500 campioni biologici prelevati tra la Georgia e la Cina.

Abbiamo incrociato i dati genetici con quelli percettivi e con i questionari sui gusti alimentari, proprio come abbiamo fatto in Friuli, e siamo così riusciti a individuare evidenti associazioni tra fattori genetici e alimenti tipici di queste popolazioni: abbiamo per esempio identificato un gene per il recettore del dolce che aumenta il gradimento dei superalcolici come la vodka, uno associato al piacere per carne e formaggi ovini e un altro ancora legato al consumo del tè nero».

Lo studio dei geni che ci regalano profumi e sapori è ancora agli albori, ma le continue scoperte potrebbero avere importanti risvolti anche in medicina: non solo per mantenere giovane il cervello, ma anche per individuare potenziali fattori di rischio che aumentano la predisposizione a una dieta scorretta o alla dipendenza da alcol.


"Avere naso" mantiene giovane il cervello

«Con l’avanzare dell’età è normale avere un lieve calo delle capacità sensoriali, non solo vista e udito, ma anche gusto e olfatto», spiega il professor Paolo Gasparini. «Quando si altera la percezione di odori o sapori, il cervello riceve meno stimoli per mantenersi attivo. Inoltre, molte persone tendono a cambiare alimentazione, perdendo massa muscolare o aumentando il rischio di obesità».

Per evitarlo gli esperti stanno studiando percorsi di rieducazione olfattiva che consistono nell’annusare quotidianamente boccettine di aromi: un vero e proprio allenamento per naso e cervello, simile a quello che si sta sperimentando per i pazienti guariti dal Covid che hanno perso l’olfatto. «Gli studi sulla percezione degli odori potranno avere importanti risvolti anche nella lotta alle malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer», continua Gasparini.

«Le alterazioni di gusto e olfatto sono segni premonitori, spesso ignorati, che possono comparire con anni di anticipo rispetto ai sintomi più noti come tremori o perdita della memoria: il profilo genetico dei pazienti e le loro capacità olfattive di base potrebbero essere usati come parametro di confronto per una diagnosi precoce».



Fai la tua domanda ai nostri esperti

Articolo pubblicato sul n. 10 di Starbene in edicola e sulla app dal 14 settembre 2021


Leggi anche

Il DNA dei cibi ora lo trovi in etichetta

Cos'è la dieta genetica

Non riesci a dimagrire? Punta sulla nutrigenomica

I nuovi test per una dieta "su misura"

Smart food, i cibi che proteggono la salute