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Emicrania addio con un’iniezione al mese

Una nuova classe di farmaci agisce in modo specifico nel prevenire gli attacchi. La vita di chi soffre di mal di testa è finalmente destinata a cambiare

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Il dolore arriva improvviso, severo, pulsante e dura giorni o addirittura mesi. Secondo il Censis colpisce l’11,6% della popolazione ed è più frequente fra le donne. Si tratta dell’emicrania, disturbo spesso poco considerato e curato male, col paziente che si chiude nella propria sofferenza. Ma adesso una svolta arriva con una nuova classe di farmaci, gli anticorpi monoclonali anti-Cgrp, che hanno dimostrato di ridurre gli attacchi acuti e, in alcuni casi, di azzerarli.


Che cosa sono gli anticorpi monoclonali anti-Cgrp

Si tratta dei primi farmaci espressamente formulati per la prevenzione dell’emicrania. Quelli usati fino a oggi sono trattamenti off-label, cioè usati fuori indicazione: ciò significa che nelle schede tecniche e sui foglietti illustrativi non troviamo nessun riferimento al loro possibile utilizzo nell’emicrania, perché nati per curare altri disturbi. L’unico farmaco specifico apparso negli ultimi anni è stata la tossina botulinica di tipo A, riservata però al trattamento dell’emicrania cronica ma non episodica.


Una vera rivoluzione
«A innescare l’emicrania è l’infiammazione della prima branca del nervo trigemino, il più importante sistema d’allarme del nostro cervello: questa “irritazione” stimola la liberazione di una sostanza, il neuropeptide vasoattivo Cgrp, che a sua volta genera uno stato infiammatorio e scatena il mal di testa», spiega il professor Gianluca Coppola, neurologo del Dipartimento di scienze e biotecnologie medico-chirurgiche dell’ Università La Sapienza, Polo Pontino, Latina.

I nuovi farmaci possono agire in due modi: inibendo direttamente la molecola del Cgrp o bloccando i suoi recettori, cioè le “serrature” che innescano il dolore. «La buona notizia è che, in fase di sperimentazione, si sono dimostrati efficaci nella prevenzione di tutte le forme di emicrania: con o senza aura, episodica o cronica. La frequenza degli attacchi diminuisce, anche del 50-70%, e per due pazienti su dieci si annulla del tutto», racconta l’esperto.


I nuovi farmaci agiscono sull’interruttore del disturbo, non sui sintomi
Una molecola (Erenumab) è già in commercio e va somministrata una volta al mese per via sottocutanea. Ma altre due formule dovrebbero arrivare a breve, con la possibilità di passare a una dose ogni 90 giorni circa. «È un trattamento preventivo, non da assumere al bisogno», tiene a precisare Coppola. «L’obiettivo non è agire sul sintomo, ma sull’interruttore dell’emicrania. Questo non risolve solo la sofferenza fisica, ma influisce anche sulla qualità di vita: chi soffre di emicrania, soprattutto in forma cronica, è costretto ad assentarsi spesso dal lavoro, sospendere le attività quotidiane, cercare conforto nel proprio letto, al buio e nel silenzio assoluto. Questa situazione genera ansia, depressione, disturbi cognitivi, isolamento. Prevenire gli attacchi, quindi, finisce per agire sull’intera esistenza del paziente».


Quasi privi di effetti collaterali
Un altro punto a favore degli anticorpi monoclonali anti-Cgrp è l’assenza di effetti collaterali importanti, se escludiamo la possibile insorgenza di stipsi. «Sono molto più tollerati rispetto a quelli comunemente usati per il trattamento dell’emicrania, come antiepilettici, calcio-antagonisti, beta-bloccanti o antidepressivi, che possono causare un aumento dell’appetito o del peso, indurre disturbi cognitivi, provocare alterazioni dell’umore e molto altro», elenca Coppola. «Poiché il Cgpr è un potente vasodilatatore, occorre prudenza in chi presenta malattie cardiovascolari serie».


Il problema dei costi
Oggi, qualunque neurologo può prescrivere questi nuovi farmaci. Ma c’è un limite, l’alta spesa a carico del paziente: «I costi sono piuttosto elevati, circa 700 € per ogni somministrazione. Nei prossimi mesi, però, queste molecole dovrebbero essere dispensate dal Servizio sanitario nazionale e la prescrizione avverrà nei centri accreditati dalle varie Regioni», precisa l’esperto. Al momento non è possibile sapere se questi farmaci produrranno una guarigione nel lungo periodo dopo la sospensione della cura, o se sarà necessario assumerli a vita. Ma per i pazienti emicranici lo scenario terapeutico è in forte evoluzione: «L’importante è non abbassare la guardia e abbinare alla cura uno stile di vita che limiti i fattori di rischio come stress, mancanza o eccesso di sonno, diete sbilanciate e comportamenti disordinati», conclude Gianluca Coppola.


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Articolo pubblicato sul n. 5 di Starbene in edicola dal 14 gennaio 2020


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