Ragadi: cosa sono, come si formano, i sintomi, le cure

Sono piccole ulcerazioni, simili a taglietti dolorosi, che possono coinvolgere cute e mucosa in diverse parti del corpo. Perché è importante curare le ragadi nel modo giusto



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Le ragadi sono fastidiosi “taglietti”, più o meno profondi, che possono comparire in diverse parti del corpo. «In termini medici, le ragadi rappresentano delle soluzioni di continuità dei tessuti, cioè sono lesioni simili a ferite che possono interessare la pelle o le mucose dell’organismo», spiega la dottoressa Benedetta Mattioli, proctologa, membro dell’équipe di Chirurgia generale presso il Maria Cecilia Hospital di Cotignola, Ravenna. Le zone più a rischio di formazione di ragadi sono quelle sottoposte a movimento continuo, come la bocca (in particolare nei due angoli laterali, ma in generale sulle labbra) oppure le mani (sulle nocche, fra le dita, sui polpastrelli o intorno alle unghie), ma anche quelle sottoposte a stress meccanici (come i piedi che sfregano contro le scarpe, i capezzoli delle neo mamme in allattamento o l’area anale e perianale per l’evacuazione).


Che cosa sono le ragadi

Le ragadi sono piccole ulcerazioni lineari, dolorose e solitamente sanguinanti, che possono comparire a qualunque età e vengono classificate come acute, se durano da meno di sei settimane, oppure croniche, se persistono oltre quel periodo. «È importante non sottovalutare mai il problema, perché se trascurate le ragadi possono peggiorare, diventare sempre più profonde e predisporre allo sviluppo di infezioni secondarie», avverte l’esperta.

«Le ragadi del seno ad esempio possono evolvere in una mastite, cioè in un processo infiammatorio che interessa la ghiandola mammaria, mentre quelle anali possono aprire la strada a fistole e ascessi». Non meno dolorose sono le ragadi che si formano sulle mani o magari sui piedi (specie a livello di talloni), che possono arrivare a limitare lo svolgimento delle normali attività quotidiane.


Come si formano

A provocare le ragadi sono fattori molteplici e, ovviamente, diversi a seconda della zona del corpo in cui si formano. Per esempio, i talloni possono esserne soggetti per il continuo sfregamento del piede all’interno delle scarpe oppure a causa di calzature inadeguate, uso di detergenti troppo aggressivi, variazioni repentine di temperatura, eccessiva sudorazione, obesità, lunghe ore trascorse in posizione eretta o frequentazione di ambienti umidi (come la piscina). Il freddo invece può generare le ragadi delle mani e della bocca, mentre le lacerazioni al seno o della zona anale sono legate soprattutto a traumi di natura meccanica.


Come capire se hai una ragade

In genere, ci si accorge di avere una ragade per la presenza di un taglietto che causa dolore intenso e può sanguinare quando viene sollecitato. «La zona del corpo meno agevole da auto-ispezionare è certamente quella anale, dove possiamo sentire un “gradino calloso” all’autopalpazione, ma è sempre bene rivolgersi a uno specialista quando avvertiamo fastidio e se troviamo piccole striature di sangue rosso vivo sulla carta igienica in occasione dell’evacuazione», raccomanda la dottoressa Mattioli.

«Nel corso della visita, infatti, il medico può raccogliere tutte le informazioni utili per stabilire quali cause hanno provocato il disturbo, stabilire l’iter terapeutico più adeguato ed evitare che il problema si ripresenti nuovamente con qualche recidiva. In più, può anche effettuare una diagnosi differenziale per escludere altre patologie dalla sintomatologia simile, come emorroidi, polipi o condilomi», racconta la dottoressa Mattioli.


Le ragadi anali

Generalmente, le ragadi anali sono provocate dal passaggio di feci particolarmente dure, derivanti da stitichezza o da un’alimentazione scorretta e povera di fibre, oppure da episodi ricorrenti di diarrea, che aumentando l’acidità dell’ambiente finiscono per irritare la mucosa fino a renderla più fragile e soggetta a lacerazioni.

«Ma le cause possono includere anche un ipertono dello sfintere anale interno, ovvero una costante tensione dei muscoli dell’ano, o magari una dissinergia del pavimento pelvico, dove manca una giusta coordinazione fra i muscoli deputati all’evacuazione che, invece di favorirla sinergicamente, la ostacolano. Spesso alla base di queste condizioni ci sono ansia e stress», illustra l’esperta.


Le ragadi al seno

Le lesioni che interessano il capezzolo o l’areola circostante compaiono solitamente nelle neo mamme durante i primi giorni di allattamento. Alla base ci sono un’errata postura del bambino durante la suzione oppure una poppata eccessivamente protratta nel tempo, ma alcune caratteristiche del seno (come un’introflessione del capezzolo) possono predisporre alla comparsa del problema.


Le ragadi di mani e piedi

Entrambe le estremità del corpo sono soggette ad alterazioni del normale film idrolipidico cutaneo, che rendono la pelle disidratata e maggiormente predisposta alla comparsa di ferite. Queste alterazioni possono essere causate dall’uso di detergenti troppo aggressivi, traumi meccanici (come quelli da sfregamento) oppure particolari patologie (come le dermatiti).


Le ragadi delle bocca

Le fissurazioni che possono comparire sulle labbra sono dovute principalmente all’esposizione a temperature estreme, ma possono essere legate anche all’utilizzo di cosmetici contenenti sostanze irritanti oppure all’utilizzo di apparecchi o protesi dentali. I sintomi più comuni sono dolore, bruciore, prurito, arrossamento, desquamazione e gonfiore.


Come guarire dalle ragadi

I rimedi per trattare le ragadi variano in base alla zona del corpo in cui compaiono. Per esempio, in quelle al seno è bene contattare una consulente dell’allattamento per migliorare la poppata del bambino e renderla meno “avida”, pulendo bene la zona irritata con acqua ed eventualmente facendosi prescrivere dal medico una crema dall’azione idratante ed emolliente.

Una buona formulazione all’acido ialuronico può essere utile invece in caso di ragadi a mani, piedi e labbra, mentre per quelle anali si possono associare dei semicupi in acqua tiepida (ripetuti più volte al giorno) a trattamenti locali da proseguire per almeno due mesi per trovare sollievo dal dolore, alleviare i sintomi e favorire la cicatrizzazione. «Ovviamente conta soprattutto la prevenzione, che si attua seguendo un stile di vita sano e attivo, scandito da piccoli rituali quotidiani di igiene personale, buona alimentazione, movimento regolare e rilassamento», conclude la dottoressa Mattioli.


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