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Virus Zika: per l’OMS è emergenza mondiale. Quali rischi per l’Italia?

L’epidemia si allarga, e volerà sulle ali della zanzara tigre fino a noi quando farà più caldo. Ma il rischio è basso, prevenibile e riguarda le donne incinte

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Il virus Zika non è più un problema di alcuni paesi (sono quelli segnalati dal Ministero della salute), ma di tutto il mondo. Lo ha dichiarato l’Organizzazione mondiale della sanità, chiedendo alla Comunità internazionale di alzare la guardia.

Perché? «Perché l’epidemia si sta allargando grazie alla trasmissione attraverso uno degli insetti più comuni anche da noi, la zanzara tigre», commenta Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. «Ciò non toglie che si tratta di un virus pericoloso sostanzialmente per le donne in attesa di un bambino, che può incorrere in problemi al cervello se la mamma si infetta durante la gravidanza. Negli altri casi i sintomi sono quelli dell’influenza (complicata spesso dalla congiuntivite), che guarisce in pochi giorni e si tiene a bada con i classici farmaci sintomatici».

Ma quanto è concreto il rischio che il virus colpisca in modo importante anche nel nostro Paese? «Basso, e per ora limitato ai 5 casi di viaggiatori che sono tornati dall'estero contagiati», tranquillizza l’esperto. «Direi che possiamo stare tranquilli almeno fino ai prossimi mesi, cioè fino a quando il caldo porterà allo sviluppo della zanzara tigre anche qui da noi. Per questo motivo, quest’anno, le autorità locali dovranno prestare particolare attenzione alla disinfestazione preventiva delle larve e noi cittadini, dalla nostra, fare in modo che non ci sia mai acqua stagnante sui nostri balconi e terrazzi, l’alleato numero uno dello sviluppo di questi insetti».

La zanzara diventa veicolo di contagio pungendo una persona infetta, ma solo la zanzara tigre riesce a trasmettere il virus Zika.

Chi deve stare più in allerta? «Le donne che hanno deciso di avere un bambino o che saranno in dolce attesa nel periodo più a rischio», spiega Pregliasco. «Se notano sintomi sospetti tipo influenza (soprattutto febbre, macchie rosse sul corpo e problemi oculari) devono subito avvertire il ginecologo».

«Nel caso i sintomi facciano sospettare la presenza del virus in una paziente in dolce attesa facciamo un'analisi del sangue a 3-7 giorni dall'inizio dei disturbi (periodo di viremia)», spiega Irene Cetin, primario di ginecologia all'Ospedale Sacco e docente di ginecologia all'univeristà di Milano. «Se le analisi, che possono avere falsi positivi, lasciano dubbi, si esegue un'ecografia, per accertare con sicurezza se il bimbo ha una microcefalia (amniocentesi e villocentesi in questi casi non servono). In questo caso, secondo la legge 194, la donna può chiedere l'aborto terapeutico entro il 180mo giorno di gravidanza».

2 febbraio 2016

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