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Pronto soccorso, in questi casi non serve

Ci sono sintomi che spesso fanno correre in ospedale e invece non segnalano disturbi da curare con urgenza. Scopri quali sono e come intervenire in attesa del medico

Foto Christian Schmidt/Corbis



di Rossella Briganti

I dati parlano chiaro: delle circa 65.000 persone che mediamente ogni giorno arrivano negli 844 pronto soccorso italiani, oltre il 30% riceve il cosiddetto codice bianco, cioè il grado più basso di priorità. E, sempre secondo le statistiche, il 95% (cioè la quasi totalità) di chi ottiene questo codice in realtà non avrebbe bisogno di recarsi in una struttura d’urgenza, ma potrebbe rivolgersi, per esempio, alla guardia medica.

Un servizio di cui spesso si abusa

«Ci sono persone che usano il pronto soccorso come scorciatoia per farsi visitare gratis da uno specialista», commenta il dottor Gian Alfonso Cibinel, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza (simeu.it). «Per questo molte regioni hanno giustamente imposto un ticket di 25 e per i codici bianchi che non hanno nessuna caratteristica di emergenza. Non addossiamo, però, tutte le colpe ai malati», prosegue il dottor Cibinel. «La responsabilità del sovraffollamento nei pronto soccorso è più del sistema sanitario che del paziente».

I segnali che devono far scattare l’allarme

Spesso, infatti, ricorriamo alla medicina d’urgenza perché non riusciamo a raggiungere il nostro dottore per un chiarimento o perché non abbiamo la consuetudine di rivolgerci al servizio di guardia medica. Così, per non rischiare, preferiamo correre in ospedale. Del resto se non si è medici non è certo facile capire quali sono i casi di vera emergenza. «Il mio consiglio è di non sottovalutare mai i dolori acuti al torace o all’addome, i traumi importanti, le difficoltà a respirare, le ferite da taglio o il gonfiore di tutto il corpo (sintomo di una reazione allergica grave)», avverte l’esperto. Nelle prossime pagine, invece, trovi i sintomi per i quali spesso si va al pronto soccorso ma che, al contrario, non ti devono allarmare.

DIARREA

Non c’è febbre alta? Aspetta: si risolve da sola

Spaventano molto le gastroenteriti acute. Soprattutto per la diarrea profusa e il senso di spossatezza che ne deriva. «La maggior parte delle gastroenteriti è virale, dovuta cioè ai rotavirus o ai virus parainfluenzali che pullulano in questa stagione», spiega la dottoressa Zenia Pirone, gastroenterologa endoscopica dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Esordisce con febbre (raramente alta), inappetenza e, spesso, conati di vomito che durano 48 ore. Poi la nausea passa per lasciare il posto a frequenti scariche diarroiche che spingono molti ad andare al pronto soccorso, col sospetto di qualche tossinfezione alimentare. In realtà, come tutte le forme virali, le gastroenteriti si risolvono da sole nel giro di 3-4 giorni, senza bisogno di prendere farmaci ma osservando solo alcuni accorgimenti. Per prima cosa occorre bere tanta acqua, diluita nell’arco dell’intera giornata, per reidratare l’organismo (no a spremute e succhi di frutta che, peggiorando l’acidità, aumentano nausea e malessere). Poi, è bene mangiare poco e cibi secchi. Infine, prendere una bustina di sali minerali, per compensare eventuali squilibri elettrolitici e una dose “super” di probiotici ad altissima concentrazione (24 miliardi di lattobacilli o saccaromiceti vivi per ogni capsula, fiala o bustina). La somministrazione unica serve a riequilibrare in breve tempo la flora batterica intestinale, sconvolta dalla dissenteria». Passata la tempesta, si torna presto in forma senza alcuno strascico.

È il caso di andare al pronto soccorso solo se dopo tre giorni hai febbre alta, diarrea profusa, brividi e dolori addominali che non accennano a diminuire. Oppure se la vittima di una violenta gastroenterite è un bimbo sotto i tre anni o una persona anziana e c’è il rischio di disidratazione.

MACCHIE ROSSE NELL'OCCHIO

Prenota senza urgenza dal cardiologo

Se un occhio diventa improvvisamente molto rosso, con una “macchia” di sangue che occupa gran parte della sclera, viene spontaneo rivolgersi al pronto soccorso oftalmologico alla ricerca di una diagnosi e di una cura tempestiva. «In realtà, la stragrande maggioranza delle emorragie sottocongiuntivali non segnala un problema oculistico ma è di competenza del cardiologo», premette il professor Luigi Marino, oculista e docente di chirurgia refrattiva all’Università di Milano. «La causa più frequente è infatti un’ipertensione arteriosa misconosciuta o non adeguatamente controllata dai farmaci, i cui picchi spesso non danno altri sintomi che queste piccole emorragie agli occhi. Bastano una corsa, un’arrabbiatura, un incubo notturno, uno starnuto, un colpo di tosse o una variazione barometrica legata al saliescendi dall’aereo per favorirne la comparsa. Ma anche se il problema si manifesta agli occhi, è importante sapere che gli organi-bersaglio che risentono dei picchi ipertensivi sono il cuore, il fegato e i reni. Più che al pronto soccorso è quindi bene fissare un appuntamento con il cardiologo per controllare la pressione e i fattori di coagulazione del sangue. Per alleviare il rossore agli occhi, basta un collirio decongestionante, da usare fino a quando l’emorragia si riassorbe, nell’arco di una-due settimane».   

PERDITE DI SANGUE

In menopausa di solito non segnalano nulla di grave

Gli anglosassoni le chiamano AUB (Abnormal Uterine Bleeding). Sono le perdite di sangue che interessano il 30 % delle donne in menopausa e che rappresentano uno dei più frequenti accessi notturni al pronto soccorso. «Le donne che non hanno più il ciclo da due-tre anni si spaventano molto a vedere queste improvvise perdite uterine, che riscontrano spesso di notte andando in bagno, e le associano subito a un tumore», spiega il dottor Antonio Canino, ginecologo presso l’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. «In realtà nel 90 % dei casi non segnalano nulla di grave. Si manifestano soprattutto nelle donne in sovrappeso, visto che il tessuto adiposo continua a produrre anche in post-menopausa ormoni ai quali l’endometrio è molto sensibile. L’eccesso di adipe favorisce, infatti, l’aromatasi, il processo enzimatico che converte gli androgeni in estrogeni. Ed è proprio sotto lo stimolo di questi ormoni che il tessuto endometriale cresce e si sfalda, producendo delle piccole e saltuarie emorragie. Un fenomeno che non deve preoccupare o spingere al pronto soccorso, perché non ha alcun carattere di gravità o urgenza. Solo se le perdite ematiche diventano frequenti è bene rivolgersi al proprio ginecologo che, tramite ecografia transvaginale, colposcopia e isteroscopia (esami utili a ispezionare la cavità uterina) potrà accertare la presenza di polipi endometriali o di eventuali neoplasie».

ORTICARIA

Se è ricorrente vai dal medico curante

Le eruzioni cutanee mettono sempre in grande allarme. Perché non si sa a che cosa siano dovute (e spesso anche i medici non ne vengono a capo) e in genere si tende ad associarle a pericolose reazioni allergiche. Fortunatamente non è sempre così. «In questo caso, la prima regola, per decidere se recarsi o meno in pronto soccorso, è la durata dell’orticaria», puntualizza il dottor Antonio Cristaudo, direttore della dermatologia infettiva e allergologica dell’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma. «La domanda da farsi è: da quanto tempo ho questi piccoli ponfi rossi e pruriginosi? Se è un problema ricorrente, che ogni tanto si riacutizza, o se è comparso da una settimana non è un caso da pronto soccorso. Altro criterio è l’estensione dell’orticaria: è localizzata a un braccio o a una coscia o è insorta improvvisamente su tutto il corpo? Niente pronto soccorso se è circoscritta. Visita urgente se interessa tutta la superficie corporea. Terzo è ultimo criterio: i sintomi associati. Il prurito è l’unico sintomo o sono presenti anche gonfiore al viso e alla lingua (che pizzica un po’), asma e difficoltà respiratorie? Inutile dire che nel primo caso puoi aspettare, nel secondo no perché potrebbe trattarsi di una “tossidermia” da farmaci (soprattutto antinfiammatori e derivati della penicilina) o da alimenti (specie noci e frutta secca, molto allergizzante) che va tamponata con una certa urgenza».

Articolo pubblicato sul n° 13 di Starbene in edicola dal 17 marzo 2015