Intervista a Chiara Maci, la food blogger italiana più famosa

È la food influencer italiana più affermata, è stata la prima blogger a partecipare a una trasmissione di cucina ed è compagna di un cuoco che vuole farsi chiamare oste: e ogni sera ha appuntamento con una torta



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Chiara Maci
è la food blogger più famosa d’Italia (chiaramaci.com), conduce programmi televisivi di successo, su Instagram ha 500mila follower, ma se le chiedi che lavoro fa lei risponde senza esitazioni "la mamma". Una mamma un po' speciale però: sempre in movimento, spesso impegnata per lavoro (fino al 23 giugno la trovi su Food Network con L'Italia a morsi, dove Chiara si cimenta con le nostre ricette tradizionali facendosi ospitare dalle Cesarine, una rete di cuoche casalinghe) ma che la sera non dimentica mai di mettere nel forno una torta per la colazione del giorno dopo, con grande gioia dei figli, Bianca (5 anni) e Andrea (1 anno) e del compagno, il cuoco-oste (come ama definirsi) Filippo La Mantia.

«La sera Filippo lavora, così ho tutto il tempo di cucinare l’unico pasto che consumiamo tutti insieme, la colazione appunto», racconta a Starbene questa ragazza di 35 anni, alta un metro e 80 e con misure da top. «Non è vero, sono una falsa magra», dice lei.

Sii sincera, qual è il segreto della tua linea?

«Il patrimonio genetico aiuta ma credo dipenda anche dal fatto che non sto mai ferma e quindi brucio tanto. Faccio un esempio: guardare un film in televisione per me è praticamente impossibile, mi alzo millanta volte, non ce la faccio proprio a star seduta, per me è una sofferenza, un atto contro natura».

Quindi sei una sportivissima?

«Non lo sono affatto, però ci ho provato. Da piccola la mamma, come consigliano gli esperti di puericultura, mi ha fatto provare tutto, dalla pallavolo all’equitazione alla danza, alla ricerca di una disciplina che mi entusiasmasse. Niente da fare. Ma per fortuna il mio iperattivismo trova sfogo in un’attività: camminare. Ogni giorno macino dai 10 ai 20 chilometri con il naso all’insù in questa bellissima città che ora mi accoglie, Milano. Faccio tutto a piedi: la spesa, andare a prendere Bianca all’asilo, passare a trovare Filippo al lavoro. Il più delle volte in compagnia del piccolo Andrea. Camminata-veloce-con-passeggino è la mia disciplina olimpica».

Una food blogger che vive con uno chef: duelli in cucina tra mestoli e fornelli?

«Ne abbiamo fatti eccome, quando ci siamo conosciuti (tutto documentato in Ma tu come la fai la caponata?, libro a quattro mani che la coppia ha sfornato nel 2018 per HarperCollins e che confronta la loro idea di cucina, ricette comprese, n.d.r.). Ma Filippo a casa non porta i ferri del mestiere, sono io che preparo da mangiare per tutti. E ammetto che a volte salgo in cattedra. Ce l’ho nel Dna il ditino puntato e il piglio da maestrina. È un po’ la mia caratteristica, anzi il mio peggior difetto. E pensare che, quando me ne accorgo, mi detesto».

Sei laureata in legge e hai un master in comunicazione: da dove arriva il tuo amore per il cibo?

«Dalla mia famiglia di origine. Papà è di Lecce, la mamma bolognese e in casa si è sempre data tantissima importanza a cosa e come si mangiava. Mio padre è un gourmand e mia madre per amore è diventata una cuoca strepitosa: inevitabile che io e i miei fratelli risultassimo a nostra volta appassionati di fornelli. Aggiungiamo che sono nata ad Agropoli, proprio nel Cilento, patria della dieta mediterranea. Il mio destino era scritto. Del resto il primo sapore che ricordo è quello della mozzarella (una delle eccellenze cilentane, n.d.r.)».

Con due super genitori così, per i tuoi figli ogni pasto sarà una cuccagna...

«Certo, ma la salute è sempre al primo posto. Sono molto attenta alla loro alimentazione, quindi poca carne, grassi contingentati e tante verdure di cui, per fortuna, Bianca e Andrea sono ghiottissimi».

Svela subito il tuo trucco sdogana-verdure.

«Non dire bugie. È inutile nascondere le verdure in una preparazione, meglio unirle ad alimenti che i bambini amano, come i formaggi. Un esempio: a Bianca non piacevano le barbabietole, ma frullate con un po’ di formaggio morbido, ecco che diventano subito una cremina rosa shocking cui è impossibile resistere. E poi un consiglio alle mamme di bambini inappetenti: la pasta con il pesto. È matematico, piace a tutti».


Se dovessi descriverti degli hashtag, inizieresti con...

«Eccoli: #neverstop perché non sto mai ferma, #vitamia come il mio compagno siciliano e sua madre mi hanno insegnato a chiamare i figli e #chiarasmettidimangiare. Quest’ultimo è un mantra che mi ripeto: ho un appetito… da camionista. Ho calcolato che la mia dieta giornaliera si aggira sulle 3000 calorie e oltre, Sì, è vero che il mio metabolismo funziona bene, ma ogni tanto mi devo autodisciplinare e impormi qualche no».

Che rapporto hai con la moda?

«Ottimo. Sono riconoscente agli abiti che mi permettono di sembrare più affusolata di quello che sono. Il mio capo cult è il blazer doppiopetto ma in questo periodo adoro le tute, pratiche e comode come piace a me».

Il tuo piatto preferito?

«Il nostro primo più semplice, gli spaghetti al pomodoro, un piatto straordinario che tutto il mondo, a ragione, ci copia. Ma come viene buono da noi, con il pomodoro fresco e il basilico, è difficile che riesca ad altre latitudini».

Sei una donna tosta. Confessaci una tua paura.

«L’altezza, soffro di vertigini. Così anche andare in aereo non è proprio la mia passione, ci salgo ma prego. E da quando ci sono Bianca e Andrea sono più ansiosa. I figli ci cambiano, perdiamo in audacia e guadagniamo in prudenza».

Domanda cruciale: meglio i food blogger o i grandi chef?

«Entrambi si occupano del cibo ma il loro lavoro è completamente diverso. Uno chef è giudicato decine di volte al giorno dai clienti che mangiano nel suo ristorante, il food blogger invece non ha quest’ansia del “voto”. E poi vuoi mettere l’impegno di guidare la brigata, gestire un locale ed essere sempre presente tra sala e cucina? Sono felice di essere una food blogger, è un mestiere più rilassante, che lascia molta libertà d’azione. Il rischio più grosso è che una foto venga male».


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Articolo pubblicato nel n° 19 di Starbene in edicola dal 23 aprile 2019

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