Gli effetti negativi dell’inquinamento acustico colpiscono innanzitutto l’apparato uditivo, ma in secondo luogo coinvolgono altri apparati (per esempio quello cardiocircolatorio) e la psiche. Il danno acustico generalmente si realizza poco per volta, in modo lento e, almeno inizialmente, impercettibile. Si consideri, per esempio, che se all’ingresso di una discoteca si effettua un controllo (mediante l’esame detto audiometrico) quasi tutti i “tracciati” audiometrici risulteranno normali, mentre se l’esame viene ripetuto all’uscita, dopo qualche ora di permanenza nel locale e quindi un’esposizione prolungata a livelli sonori di solito molto elevati, molti degli stessi soggetti esaminati in precedenza risulteranno affetti da un’audiometria patologica; se però le stesse persone vengono ricontrollate dopo ventiquattro ore, il tracciato audiometrico risulterà quello del primo controllo. In apparenza, sembra dunque che l’inquinamento acustico non produca danni permanenti: in realtà, però, la capacità uditiva non torna quasi mai esattamente quella di prima, in quanto la sensibilità nei confronti dei suoni più acuti si riduce, anche se in modo talmente lieve che una semplice audiometria non riesce a evidenziarla. Nei soggetti più sensibili tale danno sarà maggiore, nei soggetti più resistenti minore.
Con il sommarsi delle esposizioni a elevati livelli acustici, il danno inizia gradualmente ad aumentare, finché anche l’audiometria eseguita dopo un adeguato periodo di riposo dall’esposizione riesce a evidenziare una lesione iniziale. Questa lesione acustica, ora divenuta irreversibile, non è però avvertita dal soggetto in quanto è in primo luogo di modesta entità, in secondo luogo “lontana” dalle frequenze acustiche normalmente utilizzate dalla voce umana.
Solo con la ripetuta esposizione si potranno concretizzare danni acustici tali da essere percepiti anche dal soggetto: tali danni risulteranno però, a questo punto, irrimediabili.
Dove si creano i danni acustici
Un danno acustico non si produce sicuramente solo con l’esposizione a livelli sonori intensi come quelli di una discoteca: le lesioni da rumore si producono infatti, specialmente in soggetti ipersensibili, anche con la ripetuta esposizione a livelli acustici meno intensi e apparentemente innocui, quindi sottovalutati, come quelli prodotti dal traffico caotico di una grande città, con i mezzi a motore che accelerano, le frenate, i clacson che imperversano e così via.
L’evoluzione del danno acustico da rumore
La malattia si instaura in maniera subdola: nel suo decorso si possono riconoscere 4 fasi.
- La prima fase coincide con le prime esposizioni: il soggetto avverte, alla fine del periodo di esposizione al rumore, sensazioni di “fischi” o di “scrosci” alle orecchie (acufeni), lieve mal di testa e senso di intontimento, che scompaiono in breve tempo al termine dell’esposizione.
- La seconda fase può durare anche molti anni, con sintomatologia pressoché assente: al massimo, i disturbi sono rappresentati da qualche acufene intermittente, magari non collegato temporalmente all’esposizione.
- Durante la terza fase il soggetto si accorge, in particolari circostanze, di aver perso una quota d’udito, anche se il danno non compromette la sua vita di relazione: la “voce parlata” viene infatti intesa ancora bene, ma i suoni caratterizzati da toni acuti vengono percepiti con difficoltà (per esempio non vengono più avvertiti bene alcuni tipi di campanello molto squillanti e acuti, il ticchettio dell’orologio, i registri alti di alcuni strumenti musicali e così via). Con il progredire del danno acustico, anche i particolari di una conversazione iniziano a non essere sempre perfettamente percepiti, soprattutto in ambienti rumorosi, e sempre più spesso si è costretti ad aumentare il volume della radio, dell’impianto stereo o del televisore.
4. La quarta fase è quella in cui si manifesta la sordità conclamata, con serie difficoltà anche per le più semplici comunicazioni verbali.
Le fasi intermedie tra quelle appena citate sono caratterizzate, oltre che da un deficit quantitativo della capacità uditiva, anche da un’alterazione qualitativa, in quanto i suoni vengono percepiti in modo distorto e fastidioso, impediscono di riconoscere le esatte caratteristiche del suono e quindi complicano la comprensione della voce parlata (fenomeno detto del recruitment).
Sorgenti del danno da rumore
Si è detto dei rischi connessi all’inquinamento acustico da discoteca, ma il discorso si applica anche ai riproduttori di musica che tanti giovani ascoltano in cuffia, o agli impianti stereo montati sulle autovetture, ascoltati gli uni e gli altri a volumi spesso molto elevati. A queste sorgenti di rumore elevate ma “voluttuarie” si aggiungono poi altre fonti di inquinamento acustico, quali il traffico cittadino o i luoghi di lavoro, che producono rumori certamente di minore entità ma non facilmente evitabili, almeno per chi vive in città. A ben guardare, sono davvero molte le situazioni che nella vita quotidiana espongono a rumore più o meno elevato e più o meno evitabile: si pensi per esempio a chi viaggia in motocicletta, al rumore degli aerei all’aeroporto, a quello dei cantieri stradali sotto casa, a quelli generati nel corso di fiere e manifestazioni pubbliche, e gli esempi potrebbero continuare ancora per molto.
Alcune attività professionali sono particolarmente esposte al rischio di riduzione della capacità uditiva (ipoacusia) da rumore: lavorazione di metalli (in particolare le operazioni di sbavatura, stampaggio, taglio con cesoie, tornitura ecc.), falegnameria, lavori ai telai per tessitura e lavori in edilizia, stradali, in cave e miniere, lavori che prevedono l’uso prolungato di martelli pneumatici e altri ancora.
Un altro fattore importante nella genesi del danno da rumore, da tenere ben presente, è rappresentato dagli elementi in grado di modificare in senso negativo la sensibilità dell’orecchio umano alla malattia: per esempio alcuni farmaci, quali i salicilati e i diuretici, possono aumentare la suscettibilità al danno da rumore e contribuire nel tempo all’insorgenza di ipoacusia anche senza che vi sia stato un rilevante aumento dell’esposizione al rumore.Anche in ambiente lavorativo, specie in alcune attività quali la saldatura e la verniciatura, si può essere esposti a sostanze (solfuro di carbonio, ossido di carbonio, tricloroetilene, toluene, stirene ecc.) che, se inalate anche in modica quantità perché cronicamente disperse nell’aria, modificano con meccanismo analogo a quello dei farmaci la resistenza dell’orecchio al danno da rumore. [G.B.]